Da dove vengo? Chi sono? Dove vado? Cosa c’è dopo la morte? Qual’è lo scopo della mia vita? Perché? Sono questi gli interrogativi fondamentali che mediamente ognuno di noi si pone per cercare di vivere consapevolmente. L’uomo per sua natura si è sempre interrogato sui temi dell’esistenza sia per darne un senso, sia per affrontare con maggiore disinvoltura il progredire del proprio percorso di vita sulla terra. Questa profonda curiosità, unita all’intelligenza, ne ha determinato il progresso scientifico, che ha migliorato la qualità della vita e aumentato l’età media di sopravvivenza. Un percorso lungo ormai millenni, caratterizzato da toni chiaro scuro, in quanto l’essere umano è in grado di esprimere meravigliosi prodigi, se pensiamo alle arti e al progresso tecnologico e nello stesso tempo sa essere protagonista delle peggiori nefandezze, se pensiamo alle guerre, ai genocidi e alle devastazioni di flora e fauna in generale. Ma sappiamo che una foresta che brucia fa molto più rumore di una che cresce, pertanto cosa salta nell’occhio negli ultimi decenni? Il progressivo aumento dei rischi legati all’inquinamento e alla produzione di rifiuti, che stanno mettendo a dura prova il delicato ecosistema sul quale si basa la nostra sopravvivenza. Basti pensare alle necessarie battaglie di Greta Thunberg e all’affermazione di un nuovo pensiero ecologista che coinvolge trasversalmente i giovani di tutto il mondo.
Un anno fa vivevamo nel periodo di massimo confinamento, blocco e chiusura nel tentativo di arginare il dilagare del corona virus e nell’elenco dei nostri perché si erano aggiunte le domande: qual’è l’origine del coronavirus? Chi lo ha generato? Perché tutto questo? Per quanto mi riguarda ho immaginato il manifestarsi della pandemia come un segnale ben preciso dell’organismo terra che invita l’umanità a rallentare l’iper produzione di beni e merci; a diminuire l’emissione di gas tossici; a dare respiro ai mari e alle terre. Insomma una sorta di moratoria per dare tempo all’organismo terra di respirare e di autorigenerarsi. Erano queste considerazioni una sorta di consolatorio punto di vista, una sorta di rovescio della medaglia in positivo.
A proposito di organismi nel finale della canzone Beta dall’album Pollution, Franco Battiato recita: “dentro di me vivono la mia identica vita dei microrganismi che non sanno di appartenere al mio corpo. Io a quale corpo appartengo?” Facciamo noi parte di un sistema molto più grande del nostro nel quale fluttuiamo come i microrganismi all’interno del corpo umano? E quali sono i meccanismi che regolano i rapporti tra le varie entità?
Ma dopo i tanti perché, le tante domande ai quali non è scontato che si possa in tempi brevi avere risposte certe, il passo successivo è come affrontare la nuova rinascita che seguirà a questo lunghissima crisi mondiale?
In tempi non sospetti, spesso durante la presentazione delle mie raccolte di poesie, affermavo che l’uomo deve riappropriarsi del proprio tempo e della propria essenza. Il tempo di ciascuno di noi non deve e non può essere asservito alla spasmodica ricerca del denaro e del potere e nemmeno alla moderna schiavitù, il pianeta terra non è più in grado di sopportare la crescita esponenziale della produzione e dei consumi. Inoltre l’umanità per sopravvivere ancora a lungo in armonia con la natura, deve riappropriarsi della propria essenza e capire di cosa ha veramente bisogno: buone relazioni, pace, crescita delle idee, creatività, arte e naturalmente i bisogni primari. L’essere umano deve capire che tutte le conquiste, anche quelle apparentemente migliorative, hanno un prezzo da pagare. Pertanto immagino che esista una sorta di sacca esistenziale universale che galleggia sopra le nostre teste. Il nostro compito è quello di riempire questa sacca di tante, piccole e grandi, azioni giornaliere votate al rispetto del pianeta, al rispetto degli altri e caratterizzate, sembrerebbe una contraddizione ma non lo è, da un sano egoismo che prevede che ciascuno di noi sia il miglior dottore di noi stessi: sto bene io, posso fare stare bene e aiutare gli altri.
Se è questo il messaggio nascosto che il pianeta ci ha voluto mandare, attraverso il dilagare della pandemia, dobbiamo saperlo cogliere e metterne in pratica gli insegnamenti. Penso sia questo il modo migliore per ricordare tutte le vittime della pandemia e per lasciare in eredità ai nostri figli un pianeta migliore.