Il 6 gennaio, nel calendario gregoriano (che prende il nome da papa Gregorio XII che lo introdusse il 4 ottobre 1582 con la bolla Inter gravissimas), si celebra la grande solennità dell’Epifania (dal greco ἐπιφανής «visibile» che deriva da ἐπιφαίνομαι «apparire»]. È la grande solennità della manifestazione del Signore. È l’ultima solennità del tempo liturgico del Natale.
L’adorazione dei Magi è narrata solo nel Vangelo secondo Matteo: «nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco alcuni Magi vennero da Oriente a Gerusalemme […] abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo […] entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro incenso e mirra» (Mt 2, 1-11).
Il Vangelo secondo Matteo è il primo dei quattro Vangeli, detti «canonici» perché́ inseriti dalle Chiese cristiane nel «canone» delle scritture. Il «canone» è l’elenco dei testi approvati dalle Chiese cristiane, che si formò alla fine del II sec., come effettiva espressione della parola di Dio. Assieme al Vangelo secondo Marco e al Vangelo secondo Luca, il Vangelo secondo Matteo forma il gruppo dei Vangeli sinottici (chiamati così perché se si mette il testo dei tre vangeli su tre colonne parallele esso in uno sguardo parallelo [sinossi] si notano facilmente molte somiglianze esposte in una sequenza quasi sempre uguale). Il Vangelo secondo Matteo è il più lungo dei quattro vangeli e la sua redazione scritta va datata tra il 70 e la fine del I secolo.
Nel brevissimo brano evangelico dell’adorazione dei Magi sopra riportato l’evangelista Matteo non ci dice che i Magi sono «re» e non ci fornisce alcun «nome», alcun «numero». L’origine tradizionale del numero «tre» sta nel fatto che il testo dell’evangelista parla di «tre» doni (oro, incenso e mirra): è stato facile – osserva il Professore Emerito di Storia Medievale Franco Cardini (I Re Magi. Leggenda cristiana e mito pagano tra Oriente e Occidente, Marsilio, 2016) – scivolare dal dono al donatore. Il termine evangelico «oriente» ha una designazione molto generica: si può pensare alla Persia, a Babilonia o alla rabbia del Sud. Il Regno di Erode (37- 4 a.C.) comprendeva la Giudea, l’Idumea, la Samaria, la Galilea, la Perea e altre regioni dell’Auranitide.
A parte il Vangelo secondo Matteo dei Magi ce ne parlano abbondantemente i Vangeli definiti «apocrifi» tra i quali il Vangelo arabo-siriaco, il Vangelo armeno dell’infanzia (testi redatti dal V secolo in poi) e il Protovangelo di Giacomo scritto però pochi decenni dopo il Vangelo secondo Matteo.
Ma chi sono i Magi? Se usiamo la «m» minuscola i magi sono gli antenati degli attuali Curdi: un popolo montanaro che nel VI a.C. furono sottomessi dai Persiani. Nella prima grande opera storiografica del nostro Occidente, il greco Erodoto nel III libro delle Storie, appunto, scrive che dei magi come un un γένος (una «casta sacerdotale»?) dei Medi, soggiogati dagli Achemenidi persianiche interpretavano i sogni e studiavano gli astri.
Anche il biblista e archeologo italiano Giuseppe Ricciotti (1890-1964) in molte sue opere (La Bibbia e le scoperte moderne, 1957; Dalla Bibbia: antologia letteraria, 1922, Vita di Gesù Cristo, 1941, ecc.) scrive e sottolinea che il termine viene dalla Persia, è originariamente persiano e strettamente legato alla persona e alla dottrina di Zarathushtra (Zoroastro).
Dunque i maghi – come scrive il professore Franco Cardini (I re Magi. Storia e leggende; I Re Magi. Leggenda cristiana e mito pagano tra Oriente e Occidente) – sono i sacerdoti dell’antica religione mazdaica, la religione dell’antica Persia pre-islamica. Una religione molto complessa molto vicina al buddhismo, all’induismo che vedeva il mondo come interessato a una lotta eterna tra due principi (uno solare e uno notturno). I magha erano una tribù del popolo dei Medi, un popolo indo-iranico molto vicino ai Persiani ma non identificabile con i Persiani, ed erano quelli che davano al mazdaismo la classe sacerdotale. Questi sacerdoti studiavano le stelle, e nelle stelle aspettavano i «segni del tempo», attendevano un loro «salvatore», una reincarnazione del dio Mitra. «Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti …» la stella, le stelle li guida verso il loro «salvatore».
I nomi dei Magi (Gaspare, Melchiorre, Baldassare) sono attribuiti da una tradizione attestata già nel VI secolo.
Nel Medioevo un grande personaggio come Federico Barbarossa, Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1155 al 1190, ha incentivato il culto dei Magi e delle loro reliquie. Per onorare adeguatamente il culto dei Magi è stata fondata, al tempo di Federico Barbararossa, la grande Cattedrale di Colonia (https://www.koelner-dom.de) che ancora oggi ospita delle reliquie come anche altre reliquie sono conservate nella Cappella dei Magi della Basilica di sant’Eustorgio a Milano (https://chiostrisanteustorgio.it/luogo/basilica/basilica-cappella-dei-magi/).
La storia, tradizione, leggenda, «mito» dei Magi alimentano il meraviglioso patrimonio della nostra storia dell’arte. Dai mosaici della Basilica di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna (metà VI secolo) alla magnifica pala d’altare di Gentile da Fabriano oggi esposta agli Uffizi di Firenze. Sempre nello stesso museo fiorentino è conservato il dipinto a olio, L’Adorazione dei Magi, di Albrecht Dürer, dipinto nel 1504 circa, dopo un viaggio in Italia. La storia dei Magi ha affascinato anche Giotto, Bosch, Leonardo da Vinci, Artemisia Gentileschi e molti altri.
I Magi ci insegnano ad essere uomini e donne che non si accontentano di ciò che appare, ad essere coraggiosi, a mettersi in viaggio – un viaggio esteriore e interiore – seguendo le stelle, i desideri (in latino de-sidera). Auguro a tutte le lettrici e i lettori de https://www.ilsaltodellaquaglia.com un buon anno, un buon cammino alla ricerca della luce-sapienza che salva.