“I tredici gioielli suicidi”, di Michele Saglimbene

Articolo di Redazione

Sin dalle primissime pagine ci immergiamo in un mondo immaginato con dovizia di lussureggianti particolari sul guscio di una gigantesca tartaruga cosmica. Su di esso, si staglia una città incantata che vive ed esiste solo di notte. In quel luogo magico festeggiava una stirpe di principi degli incubi, capace di avverare paure ataviche e desideri viscerali. Nel contesto di un loro ballo in maschera in una reggia costruita di essenze musicali cristallizzate, era custodito il loro tesoro più prezioso, ovvero una serie di tredici gioielli, dove in ogni pietra era incastonata una storia. In palio la Libertà suprema per chi fosse stato in grado di decifrare completamente l’indovinello dei gioielli. Infinite le meraviglie crudeli, le danze di intrighi, i duelli e le erotiche seduzioni di questa grande festa, nata nella fantasia dell’autore con una precisione e un’accuratezza proprie dei grandi autori che coltivano il genere.

Michele Saglimbene, nome d’arte Il Favolaio, nasce nel 1977 a Roma, dove consegue la laurea in Filosofia Morale. Poeta e scrittore, trova tra le forme espressive predilette anche la danza, tanto da raggiungere dapprima la fama in qualità di ragazzo immagine nelle discoteche Goth e Fetish della capitale. I suoi temi, influenzati dalla musica Goth e classica barocca, sono soprattutto un canale impiegato per esaminare l’animo umano ed esplorare – tramite i grandi archetipi delle fiabe e del racconto fantastico ed intimista – i temi classici di libertà, amore e morte, nonché dell’auto-scoperta. Tra le influenze letterarie troviamo Hans Christian Andersen, i Fratelli Grimm, Choderlos De Laclos, Giacomo Casanova, Friedrich Nietzsche, Herman Hesse e Michael Ende.

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