De Sica e Zavattini realizzano un affresco realistico del miracolo economico italiano, inserendo accenni grotteschi e situazioni da commedia all’italiana che trasformano il film in un prezioso documento del periodo storico. Il primo benessere, le auto di alta cilindrata, i piccolo – borghesi che contraggono debiti per apparire più ricchi di quel che sono, tutto è ben stigmatizzato in una pellicola dai toni tragicomici. Alberto Sordi è Giovanni Alberti, un italiano medio che per assecondare la moglie Silvia (Canale), figlia di un generale e viziata rampolla alto borghese, conduce un’esistenza al di sopra delle sue possibilità. Inevitabili i debiti, spendendo il doppio del suo guadagno, normale cadere nelle mani degli usurai. “C’è il boom”, è l’espressione ricorrente del protagonista, come per dire che bisogna adeguarsi. Il personaggio tratteggiato da Sordi è quello di un disperato, il prodotto negativo di una società che cambia, che modifica le abitudini da un’economia contadina, di sussistenza, per mettere in primo piano lusso, vacanze, auto di grossa cilindrata, appartamenti esclusivi. Giovanni Alberti, per amore di una moglie viziata, non vuole restare fuori dal bel mondo, contrae debiti per garantire alla sua donna vacanze estive a Fregene e inverno a Cortina, domestici, feste private e cene sfarzose con ricchi amici. Giovanni Alberti si ritrova nei guai, gli amici gli voltano le spalle nel momento del bisogno, persino la moglie torna a casa del padre, perché rifiuta di vivere accanto a un marito fallito. La sola possibilità di salvezza resta quella – grottesca, surreale, ma ben tratteggiata – di vendere un occhio a un ricco imprenditore edile, che in cambio offre settanta milioni, utili per pagare e continuare a condurre un’esistenza sfarzosa. “Con questo boom perderete tutti la testa!”, è la filosofia dell’imprenditore serio che non condivide il lancio negli affari di tanti sprovveduti e speculatori. “Soltanto loro non hanno capito che c’è il boom”, dice Sordi rivolto ai genitori che ne stanno in disparte. In realtà il padre e la madre di Alberti sono i soli personaggi positivi del film, non capiscono la novità del boom ma continuano a risparmiare, conservano un libretto postale dove versano i pochi soldi di una vita fatta di rinunce. Sordi è straordinario interprete della pochezza italiana, della vigliaccheria, impersona un singolare uomo medio che vive nel lusso, finge buonumore e ottimismo ma sprofonda nella tragedia. Straordinario. Anonima la bellissima Gianna Maria Canale (1927 – 2009), ma il personaggio non l’aiuta, perché deve dare vita a una donna viziata che non comprende la realtà. Maria Grazia Buccella – alle prime armi – si nota per pochi fotogrammi, sufficienti per ricordarla ancheggiare sensuale nei panni di una provocante segretaria. Zavattini mette in pratica la poetica del pedinamento, perché la macchina da presa segue il personaggio principale, lo scruta nei minimi particolari, cattura emozioni e sguardi, improvvisi cambiamenti d’umore, esplosioni di vigliaccheria, angoscia e momenti di disperata sincerità. Commedia all’italiana allo stato puro, che racconta la vita, neorealismo convertito in comicità grottesca per convincere il pubblico ad andare al cinema. Alberto Sordi interpreta una delle sue maschere tragicomiche più riuscite. Il finale riporta lo spettatore alle insegne pubblicitarie che si erano viste nei titoli di testa: traffico e consumismo. L’Italia del boom impone di consumare, non è una scelta, bisogna farlo, anche se per essere altezza dei tempi un poveraccio deve vendere un occhio.
Il film viene accolto male dalla critica contemporanea, malata di diffidenza nei confronti della commedia. In realtà Il boom è specchio dei tempi, di quel 1963 anno per eccellenza del miracolo economico italiano, ritratto ispirato e geniale di una speranza, di un obiettivo mancato, di un’illusione che finisce per rovinare tanti sprovveduti. Ambientazione nella Roma bene, un appartamento alto borghese dell’Eur, che da un’ampia terrazza scopre il palazzo ENI e il quartiere signorile dei nuovi ricchi. Altre zone in primo piano: Piazza Mincio, il Quartiere Coppedè, zone residenziali della borghesia romana. Notiamo Villa Borghese e il Concorso Ippico, i campi da tennis, i locali notturni (ricostruiti in studio), le trattorie alla moda, che contrastano con il quartiere popolare della Roma storica dove vivono i genitori di Alberti. Stupenda la colonna sonora di Piero Piccioni, che copre l’intera pellicola, a base di mucica cubana, alligalli, tweest e note suadenti di Roma non far la stupida stasera.
La critica alta non è concorde. Pino Farinotti concede addirittura cinque stelle: “La vicenda di Sordi è la storia della speranza di un italiano. In ruoli come questi è diventato l’albertone nazionale, l’italiano medio (…). Abbiamo l’effetto De Sica, maestro assoluto, conoscitore della gente come nessuno, con l’effetto Sordi nel momento migliore della sua carriera. E poi c’è la Roma dei ministeri. (…). Rivalutiamo un film che è una grande testimonianza”. Meno entusiasta Morando Morandini (due stelle e mezzo, ma tre di pubblico): “Apologo sull’Italia del miracolo economico e sul consumismo rampante. Il film si sostiene sulla prodezze di Sordi, ma il moralismo greve di De Sica e Zavattini gira un po’ a vuoto perché l’idea di partenza non resiste ai tempi di un lungometraggio”. Conferma le due stelle e mezzo Paolo Mereghetti: “La sceneggiatura di Cesare Zavattini recupera un’idea (il povero costretto a vendere un occhio al ricco) al centro della sua pièce Come nasce un soggetto cinematografico, dove la denuncia dell’Italia dai soldi facili e del boom qui è tutta riletta all’insegna del grottesco, della caricatura e della trivialità. Sordi raggiunge apici di sgradevolezza nel raccontare il piccolo borghese che ha fatto il salto di classe e che deve umiliarsi di fronte ai veri ricchi, e anche per questo il film non ha mai goduto di grande fama. Il soggetto sarebbe stato perfetto per un medio metraggio; sulla durata lunga risulta un po’ stiracchiato, ma va rivisto anche come documentazione impietosa dell’Italia dell’epoca”.
Regia: Vittorio De Sica. Soggetto e Sceneggiatura: Cesare Zavattini. Scenografia: Ezio Frigerio. Costumi: Lucilla Mussini. Fotografia: Armando Nannuzzi. Montaggio: Adriana Novelli. Musica: Piero Piccioni. La canzone Weels è diretta da Billy Vaughn. Teatri di Posa: Dino De Laurentiis Cinematografica SPA. Negativi/Positivi: Istituto Luice. Aiuti Regista: Luisa Alessandri, Giuseppe Menegatti. Operatore alla macchina: Claudio Cirillo. Direttore di Produzione: Giorgio Morra. Produzione e Distribuzione: Dino De Laurentiis. Commedia. Italia. Durata: 97’. Bianco e Nero. Interpreti: Alberto Sordi, Gianna Maria Canale, Elerna Nicoli, Ettore Geri, Mariolina Bove, Gloria Cervi, Sandra Verani, Sandro Merli, Antonio Mambretti, Alvceo Barnabei, Ugo Silvestri, Maria Grazia Buccella, Federico Giordano, Matelda Scotti, Silvio Battistini, John Karlsen, Alfio Vita, Mario Cipparone, Gino Pasquarelli, Vittorio Casella.