Immaginate di entrare in un supermercato o di navigare su internet per acquistare un prodotto. Ora immaginate di avere davanti due prodotti che soddisfano entrambi le vostre esigenze. Hanno lo stesso prezzo con la sola differenza che nell’etichetta di uno dei due prodotti viene dichiarato ben in evidenza, che una parte del ricavato della vendita è destinato a un’associazione no profit che aiuta i bambini affetti da malnutrizione o malattie. Quale dei due prodotti scegliereste? Credo senza nessun dubbio che il 100% dei consumatori indirizzerebbe la loro attenzione verso il prodotto che offre parte dei ricavi in beneficenza, pertanto anche voi.
Ho prospettato questo esempio molto semplice al limite del banale per sottolineare che nel caso di accordi commerciali che sfruttano la propensione dei consumatori a fare beneficenza, può esistere un rapporto simbiotico mutualistico in quanto entrambi gli elementi, l’azienda da una parte e le associazioni no profit dall’altra, traggono beneficio. Maggiori ricavi da una parte, disponibilità finanziarie per aiutare chi ha necessità dall’altra parte.
Ma anche aumentando il prezzo del prodotto collegato all’associazione no profit, gli acquisti sarebbero incentivati perché fare del bene fa bene non solo a chi lo riceve, ma anche a chi lo fa. Infatti secondo statistiche a livello mondiale un numero enorme di persone donano ogni anno qualcosa per i bisognosi e come visto prima lo si può fare anche attraverso un acquisto, ma anche dedicando il proprio tempo a disposizione.
Grandi aziende, anche di livello mondiale, hanno attivato dei programmi ben delineati e tratteggiati di beneficenza. Il messaggio che arriva al consumatore è: il prodotto che stai acquistando ha un grande valore aggiunto, perché parte degli utili vanno a finanziare programmi di aiuto a chi ne ha bisogno.
Perchè il rapporto tra aziende benefattrici e società no profit mantenga un profilo simbiotico mutualistico è necessario che i consumatori siano informati in maniera chiara e senza inganni sui dati di vendita e sulle cifre destinate effettivamente alle società no profit. Devono avere la certezza che i soldi arrivino effettivamente nei conti correnti degli enti indicati nel rapporto. Uno scenario di questo tipo incoraggia i consumatori ad acquistare prodotti legati a doppio filo con la beneficenza e crea un percorso virtuoso produzione, vendita, beneficenza.
Nel ben noto caso del pandoro Balocco relativo alle festività del 2022, griffato e pubblicizzato dall’influencer Chiara Ferragni purtroppo abbiamo assistito a un grave problema di comunicazione che ha disorientato l’opinione pubblica e i consumatori convinti questi ultimi di essere stati ingannati. La notizia della pesante multa comminata dall’autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) sia all’azienda Balocco, sia a Chiara Ferragni si è abbattuta come un macigno sulla credibilità di entrambe.
Ecco che si compie la trasformazione suggerita dal titolo ovvero il rapporto simbiotico mutualistico che si trasforma in parassitario in quanto subentra un terzo elemento il testimonial o l’influencer che utilizza la propria immagine per aumentare le vendite e pertanto la quota destinata alla beneficenza. Nel caso Ferragni la quota destinata alla beneficenza non era legata, secondo l’Antitrust, alla percentuale delle vendite, bensì c’era stata in precedenza una donazione una tantum da parte della produttrice dei pandori. Se come sembra c’è stato un arricchimento derivato dall’inganno, sfruttando la maggiore propensione all’acquisto da parte dei consumatori convinti di contribuire a una giusta causa, saremmo di fronte a un grave episodio nel quale ne escono tutti danneggiati: l’azienda produttrice e la sua immagine, l’influencer che sta subendo un’emorragia di follower e un calo della sua credibilità e l’ente ospedaliero che avrebbe dovuto ricevere una cifra molto più alta in seguito all’operazione commerciale.
Consapevole dell’errore commesso Chiara Ferragni ha deciso di procedere a un’importante donazione e come spesso accade in Italia l’opinione pubblica si è divisa, ma un dato appare certo. Ovvero che al tempo dei social e delle informazioni che viaggiano a velocità supersoniche un errore di questo tipo si paga a caro prezzo.