Dopo Roma a mano armata (1976), Umberto Lenzi che riprova a mettere insieme il duo Maurizio Merli – Tomas Milian, rispettivamente commissario violento e furfante romanesco. Gli altri interpreti sono: John Saxon, Renzo Palmer, Gabriella Giorgelli, Brigitte Petronio, Gabriella Lepori, Bruno Corazzari, Guido Alberti e Gianni Musy. Il soggetto è di Sauro Scavolini, la sceneggiatura di Dardano Sacchetti, Ernesto Gastaldi e dello stesso Lenzi, la fotografia di Federico Zanni, il montaggio di Eugenio Alabiso, le scenografie sono di Elio Micheli e le musiche di Franco Micalizzi. In merito al titolo Umberto Lenzi ci ha detto: “Questo film si doveva intitolare Insieme per una grande rapina. Niente di più anonimo. Orecchiando Sergio Leone, riuscii a farlo cambiare all’ultimo momento, quando il film stava per uscire in prima visione. Basta vedere il documentario Italia a mano armata, trasmesso da Sky nel 2005, in cui è inserito il trailer con il titolo originale”. Il film comincia con una bella panoramica di Milano, la macchina da presa ci porta verso Piazza del Duomo e riprende un inseguimento della polizia a bordo della classica Alfetta. Maurizio Merli è ancora il commissario Leonardo Tanzi che dopo aver arrestato Luigi Maietto, detto il Cinese, (Tomas Milian) per protesta si dimette dalla polizia. Adesso fa il correttore di bozze di romanzi gialli e da Roma si è trasferito a Milano, ma non pare soddisfatto della scelta visto che dice: “In questa città di bauscia l’aria sa solo di polenta”. Quando il Cinese evade da Porto Azzurro, il commissario Guido Astalli (il televisivo Renzo Palmer) chiama Tanzi per metterlo in guardia. Il commissario ha ragione perché alcuni giorni dopo un uomo del bandito entra in casa sua e gli spara. Tanzi è solo ferito a un braccio, ma d’accordo con la polizia fa diffondere la falsa notizia della sua morte e si rifugia in Svizzera. Il Cinese è molto soddisfatto della fine di Tanzi e si allea con il boss Frank Di Maggio (Saxon) per spartirsi il controllo di Roma. Tomas Milian è senza barba, ha i capelli lunghi, il look è ancora diverso dallo stile Monnezza, però la parlata è quella romanesca di Ferruccio Amendola. Tanzi non ce la fa a restare a lungo in Svizzera e torna a Roma in incognito per dare la caccia al Cinese. Prima va dallo zio antiquario che ha appena subito una rapina da due milioni e poi affitta una stanza in una locanda dove l’ambiente è piuttosto volgare. Punto debole del film è il fatto che nessuno riconosce Tanzi, nonostante la sua foto fosse uscita su tutti i giornali quando lo davano per morto.
Tanzi conosce Nadia, una donna di un delinquente che difende in discoteca, ha una breve relazione con lei ma sarà proprio la donna a tradirlo. Intanto l’alleanza tra Di Maggio e il Cinese prosegue con quest’ultimo che fa da esattore per conto del boss italo-americano. Di Maggio è un uomo crudele, ce ne rendiamo conto quando punisce un traditore a colpi di palline da golf lanciate in volto, infine lo dà in pasto ai cani. Il Cinese si occupa del giro delle “protezioni” e fa pagare il pizzo a chi si rifiuta, con le buone o con le cattive. La scena con il commerciante Natali (Riccardo Garrone) è emblematica con uno spietato Tomas Milian che fa rompere una gamba di Natali a colpi di crick. Molto bravo Milian nella parte di un criminale romanesco che colpisce quando meno te lo aspetti, indossa occhiali da sole, parla in modo tranquillo, bonario, quindi compie gesti efferati. Tanzi intanto si dà da fare, usa i soliti metodi poco ortodossi, come quando scopre un giro di droga e di squillo nel quale è coinvolta anche Nadia. La sequenza più dura è l’aggressione al bandito Nicola (l’uomo di Nadia) di ritorno da Lugano. Tanzi quasi lo ammazza di botte per rubargli una ricevuta e impossessarsi del denaro che è nel conto di Di Maggio. Il gioco di Tanzi è quello di mettere i due criminali uno contro l’altro, infatti una donna complice del poliziotto accusa il Cinese dell’aggressione. Di Maggio sospetta ma non ha le prove. Il Cinese si difende, mentre mangia al solito tavolo con davanti mezzo litro di vino bianco e sfoggia un look con capelli lunghi, occhiali da sole e camicia colorata dal colletto ampio. Merli continua a dispensare cazzotti a destra e a manca, pare un supereroe invece di un uomo come tanti, questa volta è il turno dei delinquentelli che avevano rubato due milioni allo zio. Un’altra sequenza che vede uno strabiliante Tomas Milian è quella dell’ospedale, con il Cinese che compra una messa da una suora per “cento sacchi”, però vuole che venga suonata “la ballata dello stronzo”. La messa è per Nicola, che subito dopo ammazza con un colpo di pistola alla tempia dopo aver chiacchierato con lui per non dare nell’occhio. Prima di ucciderlo il Cinese capisce che chi ha massacrato di botte Nicola è il suo acerrimo nemico Tanzi. Una mania del Cinese è quella di lasciare bigliettini ironici accanto ai corpi dei morti che semina sul suo passaggio. “Nicola Proietti, figlio di mignotta e spia”, sta scritto accanto al letto del bandito.
A questo punto il Cinese dà la caccia a Tanzi ma non riesce a farlo fuori, né in metropolitana, né in un grande magazzino, in compenso il film guadagna alcune buone scene di azione. L’inseguimento tra i tetti con un delinquente che muore per una caduta nel vuoto è la parte migliore. Il Cinese si manifesta in tutta la sua mimica di personaggio ben riuscito, soprattutto per il modo di parlare: “Io non ce l’ho con te, ce l’ho con quella vacca che t’ha partorito dal bucio del culo”, dice a Dario (Claudio Undari, nella solita parte da cattivo). Si scopre anche che si fa chiamare il Cinese perché ha pazienza, attende il cadavere del nemico sull’altra sponda, gusta la vendetta con tranquillità, come un piatto prelibato. Una parte troppo lunga precede la resa dei conti finale ma serve a creare il modo per incastrare Di Maggio. Gli uomini del Cinese derubano Di Maggio, qualcuno di loro viene arrestato, pure il boss avversario finisce dentro e per poco non viene fatto fuori dagli uomini dell’altra banda. Merli chiede al suo amico giudice di far uscire Di Maggio in libertà provvisoria, in modo da poterlo prendere sul fatto durante il regolamento di conti con il Cinese. C’è pure una ridicola cazzottata tra Merli e Palmer nella quale si nota la finzione, soprattutto perché Palmer è attore teatrale. Pure Merli è sempre uguale a se stesso, troppo perfettino nella sua parte da giustiziere della notte. Il film si salva per la presenza di un grande Tomas Milian che recita con pause studiate, verve, grande mimica e ottime battute da burino di borgata. La parte finale vede un uomo del Cinese che lo tradisce sul più bello, ma l’intervento di Merli stravolge la situazione. Il Cinese uccide Di Maggio, ma nello scontro a fuoco finale viene ucciso da Tanzi. Ottima la sequenza che vede Milian morire al volante della sua auto mentre tenta la fuga, freddato da un colpo di pistola alla nuca. “Per una volta sono contento di essere arrivato tardi”, conclude il commissario Renzo Palmer.
Il solito scontro tra buoni e cattivi interpretato da due attori molto amati dal pubblico, valorizzato dalla presenza di un Tomas Milian al massimo della forma, frutta un incasso record di un miliardo e ottocento milioni. Maurizio Merli indossa la maschera impassibile del difensore della legge a qualunque costo, dai metodi spicci e sbrigativi. Gabriella Giorgelli racconta a Pulici e Gomarasca in “99 Donne” che “Merli era così preso dal suo personaggio che girava sul set con una pistola carica”. Milian è eccezionale come delinquente spietato ma simpatico per via delle parolacce e dello sproloquio in un buffo romanesco. Molto del merito va al doppiaggio di Ferruccio Amendola. Il film è buono ma ricicla cose già viste e già dette, per questo non può essere annoverato tra i migliori esempi del poliziottesco. Il montaggio di Eugenio Alabiso è macchinoso, soprattutto nella seconda parte, la trama è prevedibile, il finale troppo rapido e con poca suspense. Umberto Lenzi ci mette tutta la sua professionalità quando deve girare inseguimenti e scene acrobatiche. La fotografia romana di Federico Zanni è perfetta, la colonna sonora di Franco Micalizzi è un’icona del poliziottesco. Alcuni incidenti sul set costarono qualche problema a Gabriella Giorgelli che nella scena del vetriolo versato sul volto restò davvero bruciata. Pare che ci fu anche una lite violenta tra l’attrice e Maurizio Merli che aveva un bel caratterino. Per fortuna le sequenze da girare insieme a Tomas Milian non furono molte. Inutile dire che Mereghetti parla malissimo del film, come è solito fare delle cose che non comprende, ma ce ne faremo una ragione.