Il Dizionarietto per i nonni di quel genio di Nicolo D’Alessandro

Articolo di Francesco Pira

Conosco l’autore ormai da tempo e, oltre ad essere legato a lui da profonda amicizia, l’ho sempre stimato come uomo, per la sua professionalità, le sue competenze e le sue capacità. Quando mi ha regalato questo libro sono rimasto molto colpito dal titolo. Il ruolo delle persone anziane ha sempre rivestito notevole importanza nella mia vita. Ho perso mio padre all’età di tredici anni e, essendo rimasto orfano giovanissimo, ho vissuto quasi tutta la mia vita con mia nonna, che era la mia seconda mamma, e mio nonno, che era il mio secondo padre, entrambi mi hanno donato valori fondamentali.

I nonni sono coloro che vengono da lontano e vanno per primi, ad indagare oltre la vita. Davvero un bel modo, quello usato dalla psicologa Maria Rita Parsi, per descrivere pezzi importanti della nostra vita come i nonni. E dei nonni scrivo oggi partendo dal libro di un caro amico. Quindi se in questo articolo troverete molto affetto, sappiate che ho dichiarato prima che l’autore è una persona che stimo e voglio bene. C’è tanto cuore in quello che leggerete. Andiamo al dunque.

Il volume “Dizionarietto per i nonni” di Nicolò D’Alessandro, edito dalle Arti Grafiche Palermitane Edizioni di Gioacchino Edoardo Lazzara, è stato impreziosito dall’Introduzione di Joseph Farrell. Un nome importante quello di Farrell, poiché è Professor Emeritus di Italianistica presso la University of Strathclyde, Glasgow. Nel 2005 gli è stato conferito il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana per i suoi servizi resi per la promozione della cultura italiana all’estero. È autore di numerosi studi, ha curato volumi di saggi e ha anche pubblicato due libri-intervista a Franca Rame e a Dacia Maraini.

L’autore di questo testo vanta un curriculum di tutto rispetto ed è doveroso evidenziare i suoi successi professionali e gli importanti traguardi che ha raggiunto.

Nicolò D’Alessandro svolge un’intensa vita artistica dal 1961. Si è sempre interessato di ricerca estetica. Scritti critici e disegni sono stati pubblicati in riviste, giornali e libri in Italia e all’estero. Animatore del Museo del Disegno, compie un’intensa attività di operatore culturale. Dal 1963 ha tenuto centodieci mostre personali e oltre duecento collettive su inviti di gallerie, enti ed istituzioni culturali. È autore del disegno più lungo del mondo, a china “La Valle dell’Apocalisse”. Vastissima la bibliografia. È autore di libri di narrativa e saggi.

Tra le varie pubblicazioni: Una favola, Palermo, 1973; Situazioni della pittura in Sicilia (1940-1970), 1975; Frammenti di memoria praticabile, 1982; Giocolieri 1985; Imprecisioni ed appunti, 1986; La casa sulla collina, 1988; Pensieri come virgole, 1989; Favole ed altre favole, 1993; Pittura in Sicilia (dal futurismo al postmoderno), 1992; La valle delle memorie dei visitatori in La Valle dei Templi, 1994; La Valle dell’ Apocalisse (il disegno più lungo del mondo), 1995; Emergenza cultura a Palermo, 1995; La Valle dell’Apocalisse (racconto), 1996; Artisti siciliani nel secondo “900” in Storia della Sicilia, 1999; Artisti Contemporanei, 2004; A Buagimi un’estate (racconto), 2008; La guardatrice dell’acqua ed altri racconti, 2009; Carezza, 2017; La Favola del Persiano guerriero, La Cantatrice Muta ed altri racconti, 2018; Il Profumo dell’Angelo e altre storie, 2019; Disegnare e scrivere (questo è il mio mestiere), 2019; La lunga notte vuota, 2020; Vorrei rinascere donna, 2021; 103 A-zine, 2021; Elogio della lentezza, 2021.

Conosco Nicolò ormai da molto tempo e, oltre ad essere legato a lui da profonda amicizia, l’ho sempre stimato come uomo, per la sua professionalità, le sue competenze e le sue capacità. Ha disegnato la copertina di due dei miei volumi: Piraterie – Riflessioni brevi di vita Social e Piraterie 2 – Riflessioni sulla social esistenza quotidiana. In diverse occasioni ho raccontato un episodio divertente che riguarda Piraterie 2 in cui Nicolò, non riuscendo a trovare una mia immagine con espressione arrabbiata, mi ha chiesto di scattarmi una fotografia fingendo di essere un terribile pirata.

Quando mi ha regalato questo libro sono rimasto molto colpito dal titolo. Il ruolo delle persone anziane ha sempre rivestito notevole importanza nella mia vita.

Io ho perso mio padre all’età di tredici anni e, essendo rimasto orfano giovanissimo, ho vissuto quasi tutta la mia vita con mia nonna, che era la mia seconda mamma, e mio nonno, che era il mio secondo padre, entrambi mi hanno donato valori fondamentali.

I miei nonni mi hanno educato e mi hanno permesso di comprendere le insidie della vita e le opportunità che la stessa ci offre. Quindi, mi piace interessarmi a quella che viene definita la “grande età”.

L’introduzione di Farrell ci aiuta ad addentrarci nell’esplorazione del libro e ci avverte che: “Il libro di D’Alessandro è ben più intelligente e divertente del Cencelli, senz’ombra di dubbio. Però l’autore è ben conscio che dietro il suo manuale c’è un problema più grande e intrigante. Perché la lingua italiana è cosi com’è? Perché la lingua di Dante e Leopardi è scesa a questi livelli?”.

Da questa considerazione capiamo subito quali sono state le domande che D’Alessandro si è posto per portare a termine questo lavoro. L’autore ha cercato di comprendere la lingua dei giornali e della televisione, dove la frequenza dei termini inglesi è aumentata enormemente soprattutto durante la pandemia.

Ha fornito un elenco, in ordine alfabetico, di alcune parole maggiormente utilizzate, mostrando le contaminazioni linguistiche e gli imbarbarimenti, che stanno trasformando la lingua italiana. Ormai, sembra necessario tenere a portata di mano il dizionario per comprendere di cosa sta parlando il politico o il giornalista di turno.

Proprio per questo motivo, l’autore ha cercato di aiutare gli anziani, i nonni, a comprendere alcune parole inglesi.

Un lavoro prezioso e attento che propone, ad esempio, la traduzione dei termini informatici più comuni, le parole e le frasi in uso nelle comunità virtuali di internet e quelle più usate in televisione e nei telegiornali.

Un’ “arma” di difesa per chi ha difficoltà a districarsi nell’epoca delle nuove tecnologie e cerca di apprendere nuove parole. Una sorta di “kit di sopravvivenza”, cosi come lo definisce lui stesso, per riuscire a salvarsi nei momenti di difficoltà.

Alla fine del testo sono state inserite alcune pagine bianche, per appuntare le nuove parole che entreranno a far parte della nostra lingua e che continueranno a modificarla.

Un tema interessante che coinvolge anche me in qualità di sociologo della comunicazione. Nel mio ultimo libro “Figli delle App”, edito da Franco Angeli, ho dedicato un capitolo ai nuovi modelli comunicativi.

Oggi sembra di essere tornati indietro nel tempo, poiché la comunicazione è affidata alle emoticons, alle emoji e alle gif. Termini che non appartengono alla nostra lingua, ma che indicano qualcosa di ben preciso. Oggi questi “pittogrammi del ventunesimo secolo” appaiono più come una semplificazione, una riduzione dei codici linguistici, non il frutto della creatività dell’individuo ma il prodotto dell’economia digitale e degli sviluppatori di tecnologia.

L’arrivo nella società dei primi cellulari ha cambiato il nostro modo di comunicare e le nostre vite. Quanti di noi, oggi, riuscirebbero a fare a meno di Whatsapp? Nessuno.

Oggi, andiamo sempre di fretta e non siamo disposti a perdere il nostro tempo e quindi ogni emoticon lancia un messaggio e, tramite la rappresentazione simbolica che dovrebbe assumere, un significato specifico.

Le emoticon sono davvero tantissime e ognuna dovrebbe raffigurare uno stato emotivo, emozionale o sentimentale. Da qualche tempo possiamo aggiungere ai nostri messaggi anche gli stickers o le gif, presenti anche su Facebook sia nell’area dei commenti ai post e sia nello status personale. Sono insomma, nuovi modi di comunicare che servono a dare un carattere particolare al proprio messaggio. Non inserire una faccina, all’interno di un messaggio, è diventato talmente strano da non poterne fare a meno. A venir meno sono le parole…

L’uso delle faccine consente di abbattere le barriere, culturali e geografiche, e incentiva la capacità di utilizzare la tastiera dello smartphone. Ma la storia dell’evoluzione della civiltà umana ci dice che il ruolo del pittogramma è stato invece residuale; l’utilizzo intensivo di questi simboli, rischia piuttosto di evidenziare gli stessi limiti emersi nelle prime civiltà organizzate, quelli che possiamo definire “di decodifica”, che fanno riferimento al modello di Hall (1973) di encoding-decoding, perché le faccine sono un prodotto mediale.

Siamo di fronte di nuovo a un esercizio di semplificazione e di omologazione dei codici linguistici, che si scontra con la complessità dei processi di decodifica dagli esiti imprevedibili. A tutto questo si aggiungono i messaggi vocali e i video, una modalità ancora più immediata di comunicazione.

D’Alessandro è riuscito a dar vita ad uno strumento valido, chiaro e comprensibile. Consiglierei il volume anche ai giovani, perché non sempre si conosce il vero significato di un termine e a volte alcune parole sono tradotte o interpretate erroneamente.

Leggendo queste pagine non si può non pensare alle personalità importanti del panorama linguistico. Mi riferisco ad esempio alla posizione di Tullio De Mauro, linguista, lessicografo, accademico e saggista italiano, ministro della pubblica istruzione dal 2000 al 2001, e alle fondamentali riflessioni del Professore Luca Serianni, recentemente scomparso. Entrambi hanno parlato e scritto tantissimo sugli anglicismi anzi “anglismi” per De Mauro, visto che nel 2015 è apparsa evidente la loro crescita esponenziale. Insomma, un argomento che affascina tantissimo anche me, poiché lo studio della lingua e della società è strettamente correlato.

Mi complimento con l’autore e auguro a questo libro molta fortuna, perché Nicolò D’Alessandro è riuscito a far emergere con delicatezza un messaggio importante: “abbiate cura della lingua italiana e soprattutto amatela, poiché in essa è racchiusa la nostra storia e la nostra cultura”.

Ma c’è un altro messaggio che arriva da questo testo. Per dirla con Papa Francesco: “i nonni sono un tesoro”. Quanto è vero. Meritavano questo dizionarietto.

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