La notizia non destato il clamore che avrebbe dovuto: il dott. Carlo Bertini dovrà essere reintegrato da Bankitalia che lo aveva sospeso dall’incarico a luglio 2022.
Per comprendere le varie sfaccettature di questa vicenda bisogna fare un passo indietro. Fino al 2016. Quell’anno, la trasmissione d’inchiesta Report parlò di un comportamento “strano” di MPS e altre banche che avrebbero venduto ai propri clienti diamanti per un valore complessivo di circa 1,5 miliardi di euro. La manovra venne presentata come una vera e propria truffa: le pietre preziose vendute come “bene rifugio” subirono in tempi brevissimo grosse variazioni di valore che portarono i clienti (tra i quali personaggi famosi, cantanti e calciatori) a grosse perdite. I vertici di una delle due società che avevano gestito questo sistema furono arrestati e indagati per auto-riciclaggio di decine di milioni di euro.
Nel 2019, la trasmissione tornò a parlare della vicenda. Dall’inchiesta giornalistica emerse che Bankitalia, aveva svolto il proprio suo ruolo di vigilanza avviando un’ispezione su MPS. Su questa ispezione, Report intervistò il dott. Bertini, responsabile in Banca d’Italia di un team che vigilava proprio su Montepaschi.
Dopo questa intervista, a luglio 2022, il Consiglio Superiore della Banca d’Italia decise di sospendere Bertini dal servizio e dalla retribuzione per una durata di dodici mesi. Quasi un licenziamento. Il SIBC, il sindacato autonomo di via Nazionale, osservò in una nota che “la trasparenza, la condivisione dei valori, l’inclusione delle voci dissonanti, la comprensibilità delle decisioni (tanto più di quelle così estreme come quella in discorso) siano alla base di un’organizzazione sana e del rispetto reciproco. Presupposti che – in questo caso – sono palesemente mancati”. Sul fronte del proprio operato circa la vicenda dei diamanti, Banca d’Italia respinse ogni accusa di negligenza legate alla propria funzione di controllo e sottolineò che la compravendita di diamanti non rientrava tra i suoi compiti.
Il dott. Bertini non si è arreso e ha fatto ricorso al TAR che, nei giorni scorsi, ha deciso che l’alto funzionario dovrà essere reintegrato da Bankitalia.
Una vicenda questa che impone diversi spunti di riflessione. Il primo è che Bertini non sarebbe stato riammesso per un motivo sostanziale ma per un vizio di forma.
Il secondo riguarda il comportamento di Bankitalia: in un comunicato della FALBI l’organizzazione sindacale di maggioranza relativa in Banca d’Italia, Consob, IVASS, si parla di grande solidarietà e apprezzamento verso Carlo Bertini e si condanna senza appello la decisione di Bankitalia. Nel comunicato, i sindacati parlarono di un “pericoloso precedente per tutti i colleghi della Banca, che, da questa vicenda, traggono una inequivocabile lezione: in Banca è opportuno “legare l’asino dove vuole il padrone, perché ogni gesto di autonomia di giudizio, che dovesse contrastare con il volere dei superiori potrebbe essere foriero di gravi conseguenze. In sostanza si è cancellato il principio di indipendenza che è fondamentale prerogativa del funzionario pubblico e soprattutto di chi agisce all’interno di un’Istituzione di regolamentazione e controllo”.
Il terzo punto – forse il più importante – è proprio questo: il ruolo di controllo che avrebbe dovuto (e deve ancora oggi) svolgere Bankitalia nei confronti delle banche e degli istituti di credito. Un tema questo da decenni oggetto di polemiche per il fatto che Bankitalia è, di fatto, proprietà delle banche che dovrebbe controllare. In altre parole, sarebbe come dire che il controllore deve controllare il suo proprietario. Un’assurdità concettuale che nessuno, finora, è riuscito a risolvere.
Specie considerando il potere di controllo di Bankitalia che prevederebbe addirittura la possibilità di sanzionare una banca (per una percentuale del suo fatturato) e addirittura di rimuovere e sanzionare i vertici. Non i propri. Ma quelli della banca che non ha rispettato le regole.
La colpa del funzionario di Bankitalia incaricato di indagare su MPS e sulla vendita di diamanti forse fu proprio questa: dire che, secondo lui, c’erano tutti gli elementi per sanzionare la banca e i suoi vertici relativamente alla vendita di pietre preziose a prezzi gonfiati. Un comportamento al quale i vertici di Bankitalia hanno reagito prima affermando in un comunicato che l’operazione di “compravendita di diamanti con società specializzate attraverso il canale bancario non è un’attività finanziaria; pertanto, a essa non si applicano né le disposizioni né i controlli previsti dal testo unico bancario in materia di trasparenza e correttezza”. Salvo poi di costituirsi parte civile nel procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Milano nei confronti di 105 persone fisiche e 5 società, di cui 4 banche (e tra queste GPS).
Intanto hanno deciso di procedere. Ma nei confronti del proprio funzionario che aveva pensato che l’Autorità di vigilanza non doveva “essere lì a pettinare le bambole” (sono parole sue). Prima, nel mese di dicembre 2019, lo hanno invitato a sottoporsi ad accertamenti medici presso una struttura sanitaria pubblica miranti a valutarne l’idoneità al lavoro. Poi lo hanno allontanato dall’incarico di vigilanza. Infine lo hanno sospeso per un anno dal lavoro. E dalla retribuzione.
Fino a quando il TAR gli ha dato ragione. Ma solo per un mero vizio di forma.