“Il mio giardino persiano”, un film dal solido impianto teatrale

Articolo di Gordiano Lupi

Il mio giardino persiano in lingua originale s’intitola La mia torta preferita (Keyk-e mahbub-e man) e porta la firma di due autori iraniani molto bravi – invisi al regime di Teheran – come Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha (moglie e marito). Il film, scritto e sceneggiato dai registi che hanno collaborato a montaggio e produzione, è proibito in patria ed è una co-produzione tra Francia, Svezia e Germania. La storia è molto piccola, ma intensa e ben raccontata grazie a una macchina da presa che pedina neorealisticamente una giornata particolare della settantenne Mahin. Il film di Ettore Scola sembra preso a modello per una pellicola che narra un incontro tra due solitudini in una giornata durante la quale accadono cose impreviste. La protagonista (Farhadpour) è vedova da trent’anni, vive sola in una grande casa con giardino, la figlia e il nipote sono in Svezia, lei di tanto in tanto vede alcune amiche, ma un giorno decide di uscire per conoscere un uomo. Non è facile in Iran per una donna avere un rapporto sentimentale libero con una persona di sesso maschile, si rischia l’arresto da parte della polizia morale, ma Mahin riesce a far entrare nel suo alloggio il taxista Faramarz e con lui vive una serata spensierata, ballando e bevendo alcol proibito, fino allo sconvolgente epilogo. Un film dal solido impianto teatrale, basato su dialoghi secchi e asciutti recitati benissimo dai due protagonisti, resi a dovere da Farhadpour e Mehrabi, la cui forza sta nel campo e controcampo e nelle riprese in primo piano per mettere in risalto la forza morale di una donna determinata a cambiare. Il montaggio è compassato, adatto al tipo di pellicola, che in 97’ racconta un episodio determinante della vita di Mahin. La fotografia di Teheran nei pochi esterni passa dal luminoso al notturno senza soluzione di continuità, immortalando scrosci di pioggia per le tristi strade di una capitale dove libertà è soltanto il nome di un albergo. Gli autori lanciano le loro accuse al regime in maniera decisa riprendendo la polizia morale intenta ad arrestare ragazzine che sfoggiano capelli colorati portati fuori dal velo e vicine spione che sorvegliano per riferire su presunte immoralità femminili. Non è facile la vita a Teheran, sembrano dire gli sceneggiatori, soprattutto per una donna che vorrebbe essere libera. Il film è stato presentato in concorso alla 74° edizione del Festival di Berlino, distribuito nelle sale cinematografiche italiane da Academy Two a partire dal 23 gennaio 2025. Visto in provincia grazie a una grande sala del circuito Fice come il Cinema Teatro Metropolitan di Piombino. Un film per cominciare a capire un mondo che dopo quella che il governo chiama pomposamente rivoluzione è tornato al Medio Evo.

Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Maryam Moghaddam, Behtash Sanaeeha. Fotografia: Mohammad Haddadi. Montaggio: Ata Mehrad, Behtash Sanaeeha, Ricardo Saraiva. Musiche: Henrik Nagy. Scenografia: Maryam Moghaddam, Amir Hivand. Costumi: Maryam Moghaddam, Amir Hivand. Produttori: Gholamreza Moosavi, Behtash Sanaeeha, Étienne de Ricaud, Peter Krupenin, Christopher Zitterbart. Case di Produzione: Filmsazan Javan, Caractères Productions, HOBAB, Watchmen Productions. Distribuzione (Italia): Academy Two. Titolo Originale: Keyk-e mahbub-e man. Lingua Originale: Persiano. Paesi di Produzione: Iran, Francia, Svezia, Germania. Anno: 2024. Durata: 97’. Genere: Drammatico. Interpreti: Lily Farhadpour (Mahin), Esmail Mehrabi (Faramarz).

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