Nel 2105, la domenica sarà abrogata. Gli abitanti della Città-degli-specchi saranno gli unici privilegiati e si salveranno dalle ustioni dovute al surriscaldamento globale grazie a un vaccino. Chi non potrà permetterselo, vivrà nell’ombra, alla stregua di “mentecatti e cyborg-clochard”. L’acqua sarà gestita dalla Ocean Inc. diretta dall’uomo che incarna secoli di letteratura fondata sulla rivalità padre-figlio: Oceano, “seduto a capotavola con l’indifferenza di un re”. Suo figlio sta per ereditare il suo impero. Ma decide di ribellarsi…Il giovane Fiume è un ragazzo molto sensibile, vede il mondo – o quello che ne resta – in maniera empatica. Prova pietà per l’amico che è costretto a lasciare la città degli specchi perché la sua famiglia non può più permettersi di pagare l’acqua… “Non abbiamo più soldi per mantenerci”, una frase che abbiamo tutti pronunciato o rischiato di pronunciare. Una specie di presagio, perché quella città, che sembra una sorta di Città di Smeraldo rovesciata, è la nostra e non ce ne siamo ancora accorti. Le emozioni? Non siamo più in grado di descriverle, ci limitiamo a usare smile e cuoricini. Fernando Pessoa? Chi sarà mai? Un ex campione di tennis, il più grande di tutti i tempi? Le multinazionali dell’hi-tech non si limitano più a vendere telefonini ma ambiscono – e forse ci sono già riuscite – a dominare il mercato mondiale. E le nostre conversazioni somigliano sempre più a qualcosa di questo genere: “%//5g@_&6fiume#£”4afsrogente/Re4. [error code]” Messaggi in codice che mi hanno ricordato un’opera di Eduardo Mendoza, “Nessuna notizia di Gurb”, in cui il protagonista, un alieno arrivato tra noi, si esprime con strani simboli e si stupisce che noi umani ci limitiamo all’uso di ventuno lettere appena.No, questo non è il futuro. Tutto ciò è il presente. Cosa ci resta allora? L’umano. Quell’umano che è incarnato da una madre affettuosa e comprensiva, unico personaggio con un nome reale, emblematico come Gaia. Oppure in quei simboli ricercati qua e là, come un pulcino accoccolato sulla testa di una misteriosa vecchia-bambina. O ancora, nel volto di una donna sconosciuta che proprio mentre stiamo per riconoscere, fugge via. Nel frattempo, un gruppo di ribelli chiamato – come, sennò? – le Scimmie di Darwin, ha capito che nell’acqua è racchiusa la salvezza di quell’umano a noi così caro, quel sogno, quella capacità di interrogarci che la tecnologia ci sta portando via propinandoci in cambio dosi sempre più grandi di “pasticche del buonumore”. E mai come durante la lettura di questo libro, ho desiderato tanto essere una scimmia!
Il mercante d’acqua, Valerio Carbone, Hayku 2015
Illustrazioni di Marianna Forte
Il potere distopico delle multinazionali
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