La pandemia ha generato un’idea che è nefasta: tutto ciò che è informatico è “giusto”, è applicabile, è velocità, è progresso, è bene. La tecnologia è l’essenza della ricerca in senso scientifico ed è l’applicazione della ricerca al mondo fenomenico, ma non per questo il suo dilagare può essere considerato buona cosa.
La tecnologia ha preso anche la via del mondo della Giustizia creando un’illusione: se si è tecnologici i processi sono più veloci (non più giusti). La velocità nella Giustizia, come modello da riscontrare con la tecnologia, anche nel campo della Giustizia, trovo che sia una follia in piena regola.
Si badi bene, chi scrive non è contrario alla tecnologia ed attività giudiziaria, ma come in tutte le cose occorre non dimenticarsi che la Giustizia è un’arte liberale ed è il punto di riferimento della democrazia del Paese.
Siamo stati, da sempre, abituati a ritenere che la Giustizia penale fosse il tempio dell’oralità, delle prove formate nel contraddittorio delle parti, nella immediatezza, nella presenza della pubblica accusa, dell’avvocato e dell’imputato davanti ad un Giudice terzo, ma in senso fisico.
Principi che non sono solo forma, ma sono la sostanza del processo. Il Processo penale o è questo o non è. Pensare di poter fare udienza (anche non di prove) in condizioni da “remoto” (ovvero al PC) è una “distruzione” dei principi fondamentali.
La presenza fisica ed il poter essere in aula da parte del difensore e dell’imputato non sono solo dei diritti normativi, ma veri e propri valori di rango costituzionale (Art. 24 e 111 Cost. Questa riforma con i caratteri della “non presenza” in aula non può e non deve passare.
Questa riforma è un attacco deliberato ai diritti fondamentali ed alla distruzione di un principio: non occorrono processi veloci (i metodi per velocizzare sono altri, ad esempio incentivare i riti alternativi), ma processi nei quali si ricostruiscono i fatti garantendo a tutti i soggetti uguali diritti di difesa (e d’accusa).
L’idea del processo veloce è un vero e proprio “virus mentale” che può colpire solo chi non comprende nulla della materia “Giustizia”. È ovvio che non è questo il luogo nel quale si può teorizzare un processo più snello nel rispetto dei diritti costituzionali, ma è altrettanto evidente che, in realtà, questa “manovra” serve a tenere lontani dalle aule gli avvocati.
Gli avvocati che, secondo costoro, ormai è un dato certo: allungano i tempi dei processi. Veicolare notizie false – come quest’ultima – significa creare l’idea che se gli avvocati fossero “coinvolti” in minor parte, il processo sarebbe molto più snello. Falso! Sarebbe un “non processo”. Ma forse è quello che si vuole?!?
Il tema delle notifiche è sicuramente l’ambito nel quale l’informatizzazione deve funzionare di più, ma l’udienza e la camera di consiglio e tutti quei momenti di contraddittorio e di oralità non possono essere sostituiti da udienze da “remoto”.
Attenzione – e questo lo dico agli avvocati – dietro la “comodità” di stare nel proprio studio e fare udienza c’è, come prezzo da pagare, quello della perdita della nostra identità, del nostro ruolo e dei diritti per i nostri assistiti.
Chi vuole fare questa operazione sta giocando sullo scontento della classe forense e sulla sua disomogeneità. Non è cercando di fare “processi comodi” che si trova soluzioni. La classe forense deve essere compatta ed accettare quelle innovazioni tecnologiche che non limitano i diritti ed il ruolo del difensore.
Occorre che noi avvocati non ci facciamo prendere dall’idea di ridurre il nostro lavoro con un clic o ad una videochiamata. L’agone processuale è l’agorà e sono insostituibili perché sono la via unica e perigliosa che porta alla verità processuale.
Il processo ha bisogno dei suoi riti perché i suoi riti sono piena sostanza e pieni valori. Nessuno può pensare di cacciare il difensore dalle aule perché questo sarebbe, in piena regola, un vero e proprio “colpo di Stato”. Le intenzioni ci sono tutte e la classe forense la vedo molto disorientata.
Come la vedo molto disattenta sulla riforma delle prescrizioni che dal 01.01.2020 (anno orribile anche per questo) affligge il mondo della Giustizia. Non ho sentito fremiti o “rivolte” se non da singoli. Attenzione a dormire su queste cose perché il rischio è di trovare un processo penale depredato dei principi e dei valori fondamentali.