L’esperto: “Solo se riusciremo a guidare i giovani in un mondo digitale che non sia solo una fonte di frustrazione e solitudine, ma solo di crescita e di opportunità”. Fresco di stampa per i tipi di FrancoAngeli il suo ultimo libro “La buona EduComunicazione” (FrancoAngeli) a Taormina ha ricevuto il Premio Speciale dell’Accademia Euromediterranea delle Arti per la brillanti attività accademica e giornalistica
La comunicazione tra le generazioni è un tema sempre più centrale nel dibattito sociale e culturale contemporaneo, soprattutto con l’avvento delle nuove tecnologie. I giovani, sempre più immersi nel mondo digitale, sembrano più distanti dalle esperienze e dalle aspettative degli adulti. Questo fenomeno è esplorato con grande attenzione nel constante e instancabile lavoro di ricerca del professor Francesco Pira, sociologo, saggista e giornalista, che nel suo ultimo libro La buona EduComunicazione affronta l’importante tema della relazione tra educazione, media e tecnologie, con un focus particolare sul ruolo fondamentale che i genitori, gli insegnanti e le istituzioni educative devono ricoprire in un contesto segnato dalla pervasività dei media digitali.
Nei giorni scorsi ha ricevuto a Taormina il Premio Speciale dell’Accademia Euromediterranea delle Arti, il professor Pira ha avuto l’opportunità di riflettere sul suo impegno accademico e giornalistico, con uno sguardo rivolto al futuro legato al mondo dell’educazione digitale. In questa intervista, ci concentreremo sugli ostacoli che la comunicazione tra adolescenti e adulti affronta oggi, soprattutto nell’ambito delle nuove tecnologie, e su come le dinamiche sociali ed educative possano evolversi per rispondere in modo adeguato a questi cambiamenti.

Professor Pira, durante la cerimonia di consegna del Premio Speciale dell’Accademia Euromediterranea delle Arti, ha espresso la sua gratitudine per questo prestigioso riconoscimento, sottolineando come impegno e passione alimentino il suo lavoro. Alla luce di questo premio, quali aree specifiche di ricerca intende esplorare in futuro, e come ritiene che queste possano influenzare il dibattito accademico e sociale, soprattutto in un contesto segnato dall’evoluzione delle nuove tecnologie e dei media?
«Il Premio Speciale che ho ricevuto rappresenta un incentivo importante a continuare con passione e dedizione il mio lavoro di ricerca. Nel futuro, intendo approfondire alcuni temi cruciali, in particolare quelli legati alla Media Education e all’EduComunicazione, aree che sono al centro delle ricerche contenute nel mio ultimo libro. Questi ambiti sono fondamentali per comprendere come la comunicazione digitale stia influenzando i processi educativi e sociali. Il mio obiettivo è proseguire su questa linea di ricerca, cercando di capire come possiamo sviluppare pratiche educative che non solo sfruttino le potenzialità della tecnologia, ma che siano in grado di prevenire anche i rischi che essa comporta, come l’isolamento, la disinformazione, la polarizzazione e la radicalizzazione online. Le questioni legate all’educazione mediatica sono più che mai attuali e urgenti, e spero che le mie ricerche possano contribuire a una analisi più profonda su come formare cittadini responsabili, critici e consapevoli».

L’ormai popolarissima e seguitissima serie Adolescence su Netflix sta spopolando e sta facendo discutere. Adolescence affronta il tema della devianza giovanile e della frattura tra adolescenti e adulti, in particolare genitori e insegnanti, che sembrano non avere gli strumenti necessari per comprendere e prevenire comportamenti estremi. In che misura la rappresentazione di questa difficoltà nella comunicazione tra generazioni riflette le dinamiche sociali contemporanee? Inoltre, quale ruolo giocano i social media nella costruzione della frustrazione e della violenza tra i giovani, come si osserva nella figura dell’ ‘Incel’, e come queste nuove forme di comunicazione alterano le tradizionali strutture di supporto sociale, come la scuola e la famiglia?

«La serie Adolescence offre uno spunto interessante per analizzare le dinamiche sociali contemporanee, in particolare riguardo alla difficoltà di comunicazione tra adolescenti e adulti. La frattura che si osserva tra genitori, insegnanti e giovani riflette un fenomeno sociale più ampio che ha radici nelle trasformazioni culturali e tecnologiche degli ultimi decenni. Il rapido cambiamento dei valori, delle aspettative e delle modalità di interazione ha creato una distanza crescente tra le generazioni, alimentata dalla difficoltà degli adulti di interpretare appieno le realtà e le problematiche vissute dai giovani. I genitori e gli insegnanti, spesso sopraffatti dai propri ruoli e dai problemi quotidiani, non riescono a rispondere ai bisogni emotivi e psicologici degli adolescenti. Questo fenomeno di incomprensione può essere interpretato alla luce di teorie sociologiche che riguardano il cambiamento della famiglia e della scuola come istituzioni sociali. La famiglia, tradizionalmente punto di riferimento e supporto, sta vivendo una crisi nelle sue funzioni educative, soprattutto in relazione alla gestione delle emozioni e dei conflitti tra le generazioni. Purtroppo, la scuola non sempre è in grado di svolgere un ruolo di prevenzione o di appoggio emotivo. Per quanto riguarda l’influenza dei social media, Adolescence evidenzia come queste piattaforme possano accrescere l’insoddisfazione e la violenza tra i giovani. I social media, infatti, hanno modificato radicalmente la comunicazione e la costruzione dell’identità, dando luogo a nuovi spazi di isolamento e radicalizzazione, come nel caso degli Incel. Gli Incel, come emerge dalla serie, sono giovani che si sentono emarginati dal mondo affettivo e sessuale, e che riversano la loro frustrazione in atteggiamenti aggressivi.
La possibilità di ritrovarsi in gruppi chiusi e ideologicamente omogenei, in cui la rabbia e l’odio vengono alimentati e legittimati, rende difficile l’intervento esterno e favorisce un ulteriore isolamento. La serie evidenzia come, sebbene le strutture sociali come la famiglia e la scuola possano sembrare incapaci di rispondere adeguatamente ai bisogni degli adolescenti, la chiave per prevenire tragedie e devianza giovanile risieda nell’empatia, nella comprensione reciproca e nell’inclusione sociale, temi che purtroppo spesso vengono oscurati dalla superficialità e dalla pressione dei social media. Da anni sostengo l’importanza della corretta informazione e della giusta formazione per docenti e genitori. Sono necessarie ‘Scuole per Genitori’ ed équipe di professionisti che collaborino per guidare insegnanti e famiglie».

Nel suo ultimo libro La buona EduComunicazione, scritto per i tipi di FrancoAngeli, lei esplora l’impatto delle nuove tecnologie sulla comunicazione e sull’apprendimento, ponendo l’accento sull’importanza di un dialogo educativo che metta al centro la cittadinanza digitale. La serie Adolescence, incentrata sul disegno di una realtà giovanile segnata dall’isolamento digitale e dai fenomeni di devianza online, sembra riflettere le criticità nel processo educativo legate alla distanza tra generazioni e alla mancanza di preparazione degli adulti nel comprendere il mondo digitale degli adolescenti. Come interpreta lei questo tipo di rappresentazione nella serie, e in che modo le dinamiche descritte nel suo libro possono essere utilizzate per migliorare l’approccio educativo alla realtà digitale degli adolescenti?
«In effetti, quello che vediamo in Adolescence è un riflesso della realtà che descrivo nel mio libro La buona EduComunicazione, dove analizzo come le tecnologie mediali abbiano trasformato non solo le modalità di comunicazione, ma anche i contesti educativi e relazionali degli adolescenti. Nel mio lavoro, parlo di un passaggio fondamentale: la tecnologia non è più un semplice strumento, ma è diventata un vero e proprio “ambiente relazionale”. I giovani non solo usano la tecnologia per comunicare, ma vivono in un mondo dove il digitale è il contesto naturale delle loro relazioni, delle loro esperienze e delle loro identità. Questa evoluzione, sfortunatamente, ha anche portato con sé nuove forme di devianza, come quella che vediamo rappresentata nella figura dell’Incel nella serie. Il fenomeno dell’Incel, che è alimentato da una visione distorta e violenta dei rapporti con l’altro sesso, è un esempio di come l’isolamento digitale e la radicalizzazione online possano avere effetti devastanti sulla psiche giovanile.Come ho sottolineato nel mio libro, uno degli aspetti critici della nostra società è proprio il ruolo di istituzioni come la famiglia e la scuola, che spesso non sono preparate ad affrontare le trasformazioni imposte dalle nuove tecnologie. Nel mio libro, propongo un approccio che cerca di coniugare la Media Education con l’EduComunicazione, mettendo al centro l’ascolto, il dialogo e la cittadinanza digitale. Se prendiamo spunto dalla serie, possiamo vedere come la mancanza di una formazione adeguata sui media e sulla comunicazione digitale possa contribuire a creare un gap ancora più grande tra giovani e adulti. Gli educatori e i genitori devono diventare non solo consapevoli dei pericoli del digitale, ma anche in grado di fornire ai ragazzi gli strumenti necessari per orientarsi in un mondo difficile, promuovendo la riflessione critica e la capacità di relazionarsi in modo sano online.
Solo se mettiamo al centro l’educazione mediale e la comunicazione consapevole, riusciremo a guidare i giovani in un mondo digitale che non sia solo una fonte di frustrazione e solitudine, ma anche di crescita e opportunità».
La conversazione con il professor Francesco Pira ci aiuta a ragionare sul nostro modo di agire. In un’epoca segnata da rapide trasformazioni e dalla diffusione dei media, è fondamentale che adulti, educatori e istituzioni si impegnino a capire le nuove realtà vissute dai giovani, al fine di sostenerli nella costruzione di una società più equilibrata e sana. L’approccio proposto dal professor Pira, centrato sull’educazione mediale e la promozione di una comunicazione responsabile, ci fornisce indicazioni concrete sull’importanza di creare ambienti favorevoli all’ascolto e alla comprensione reciproca tra le diverse generazioni.

Francesco Pira, professore associato di sociologia presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina, è condirettore della rivista Addiction& Social Media Communication e fa parte dei comitati scientifici di riviste e convegni, in Italia e all’estero. Nel 2025 è stato chiamato a far parte di un importante gruppo di ricerca promosso dal Centro de Investigacion Social Aplicada CISA dell’Università di Malaga in Spagna sulla Famiglia Digitale. È stato coordinatore e responsabile scientifico per l’Italia del Progetto OIR sulla didattica inclusiva-Erasmus+ (Open Innovative Resources), finanziato dall’Unione Europea, che ha visto insieme le Università di Lublino (Polonia), Oviedo (Spagna) e Messina. È stato visiting professor e docente Erasmus e svolge progetti di ricerca preso atenei in Spagna, Polonia, Armenia e Georgia. E’ stato nominato nel 2025 componente del Comitato Scientifico dell’Intergruppo Parlamentare sul Digitale presieduto dall’on. Naike Gruppioni. A marzo 2024 è stato nominato Presidente della branch Comunicazione Media e Informazione di Confassociazioni, di cui era stato Vice Presidente e dal giugno 2020 è Presidente anche dell’Osservatorio Nazionale sulle Fake News.Nelle sue ricerche ha esplorato diversi aspetti della sociologia della comunicazione con particolare attenzione alle tecniche della comunicazione politica e pubblica, alla comunicazione sociale. Dal 1999 ha iniziato a studiare le interazioni tra ragazzi, adolescenti e le nuove tecnologie.Autore di oltre 80 pubblicazioni scientifiche, per i tipi della FracoAngeli ha pubblicato La violenza in un click (con C. Mento, 2023), Figli delle App(2020),La Net comunicazione politica(2012), Come dire qualcosa di sinistra(2009),La nuova comunicazione politica (con L. Gaudiano, 2007), Come comunicare il sociale (2005), Di fronte al cittadino (2000).