“Il solco di pesca”, un film diretto con gusto e senso della misura

Articolo di Gordiano Lupi

Il solco di pesca di Maurizio Liverani  è il secondo è ultimo lavoro del regista dopo Sai cosa faceva Stalin alle donne? (1969). Il film, costruito su di un erotismo intellettuale e raffinato, si ricorda soprattutto per una generosa esposizione di glutei femminili.

   Liverani scrive, sceneggia e dirige la pellicola, il montaggio è di Giuseppe Giacobino, la fotografia di Angelo Bevilacqua, le scenografie sono di Antonio Visone e le musiche di Teo Usuelli. Prodotto da Top International Film e distribuito da Indief. Il cast: Gloria Guida, Martine Brochard (Viviane Didier), Alberto Terracina, Emilio Cigoli, Roy Bosier, Rita Corradini, Diego Ghiglia, Anna Maria Colantuoni, Anna Maria D’Amico, Giulietta Luisa Federici, Anna Maria Masturno, Luigi Quattrocchi, Andrea Camilleri (è proprio lui, l’autore del commissario Montalbano al tempo autore di teatro non ancora famoso) e Renzo Stacchi.

   Il solco di pesca altro non è che il sedere femminile, per essere precisi la fessura tra le natiche. Ed è il sedere femminile il vero protagonista di un film ascrivibile al sotto genere dei peccati in famiglia. La trama è piuttosto confusa e a tratti si fa fatica a seguire quel che il regista vuole comunicare. Davide è un ex seminarista appassionato di fotografia, ma più che altro è ossessionato dal sedere femminile e dalla sua forma perfetta. La sua ricerca è di tipo erotico-mistica, c’è qualcosa di insano in questa passione che vede coinvolte Martine Brochard (la borghese Nicole) e Gloria Guida (la servetta Tonina) come modelle preferite. Nicole è una donna sposata con un uomo ricco che fa l’attore sperimentale per dare un senso alla sua vita e tradisce il marito (che da tempo non ama) con leggera noncuranza. Tra l’altro anche il marito deve farsi stuzzicare sessualmente dalla serva Tonina per riuscire ad avere rapporti con lei. Martine Brochard recita una parte perfetta da borghese annoiata con il suo stupendo accento francese. Gloria Guida è doppiata in dialetto bolognese, interpreta una serva ingenua che vuol restare illibata e concede soltanto la parte posteriore. Di sicuro è una cameriera super sexy che sfoggia ridotti completi intimi, calze nere e reggicalze dello stesso colore. Si instaura subito un triangolo che ha del morboso con Nicole che mostra a un entusiasta Davide il sedere di Tonina. “Ha carattere il suo sedere, è volubile, imprevedibile. Un sedere sulla pista di lancio”. Davide ha una moglie che non ama e dice che il suo sedere è avvilito dalla tristezza. Ha pure uno zio prete che funge da consulente amoroso, proprio a lui confessa di voler divorziare dalla moglie e che le donne così come sono non lo attraggono. Per lo zio è colpa sua che ha voluto sposare un’intellettuale e una rompiscatole. Il religioso si lancia in un discorso sul peccato e sul pudore, affermando che la permissività è la rovina del mondo. Il giorno dopo c’è un pranzo a casa di Nicole al quale partecipa pure il marito e non si perde occasione per criticare l’istituzione del matrimonio, definita contro natura. Davide accarezza le gambe di Nicole sotto il tavolo e intanto si entusiasma alla vista del sedere di Tonina, esposto con generosità nel suo sensuale abbigliamento da sexy cameriera. Tanto è vero che alla fine del pranzo la servetta cede alle lusinghe del fotografo e si fa sodomizzare. Il senso di colpa nella mente di Davide è sempre più forte del piacere, sia con l’amante Nicole che con la serva Tonina. A casa confessa a Dio la sua colpa per aver costretto una ragazza a un atto contro natura. Davide è un personaggio contraddittorio, caratterizzato al tempo stesso da passioni erotiche e da grande timore di Dio. La sua casa è una specie di santuario dove si ritira per pregare sfoggiando una veste da seminarista, ma possiede anche una lampada a forma di pene maschile e spesso indossa calze a rete. A questo punto il marito di Nicole scopre l’orologio di Davide in bagno e comprende che la moglie lo tradisce. Per questo caccia di casa la donna dopo averle fatto un occhio nero. Si tratta di un nuovo gesto di ipocrisia borghese. “Lo abbiamo fatto nel suo letto e per lui la famiglia è sacra”, dice la moglie. Le apparenze contano e devono essere sempre salvaguardate. Il marito si lascia andare a discorsi ancora più assurdi: “Hai infangato la famiglia con un uomo che possiede un orologio come questo”. Tonina calma da par suo il marito tradito che intanto cita a più riprese Boccaccio, Balzac, Shakespeare (“Vai tra le donne e non dimenticar la frusta”). Davide risponde a tono alle citazioni letterarie. I due uomini con tutta la loro cultura di fatto si contendono Tonina che alla fine segue Nicole a casa di David. La casa del fotografo viene arredata con gigantografie del sedere di Nicole ma intanto Davide sogna ogni notte il sedere di Tonina. La parte più interessante del film mostra una Gloria Guida inedita in pose da donna fatale per lei non usuali. Viene fotografata legata e a seno nudo, con ammiccamenti molto sexy, un rossetto forte che mette in evidenza le labbra carnose e un trucco pesante che dà agli occhi uno sguardo sensuale. Davide le dipinge di bianco seno e sedere, quindi la fotografa. Il fotografo scopre che le natiche di Nicole non sono più quelle di una volta perché il tempo le ha deteriorate, il solco di pesca è sceso verso il basso. Nicole si mette in cura da Bernardino, un massaggiatore che finisce per innamorarsi di lei. Intanto David manda l’amante nuda sui tetti, la offre ai garzoni, la espone. Nicole va dallo zio di David e gli spiega la situazione ma il prete la tratta da concubina e da donna non timorata di Dio. Quindi le alza la gonna e davanti al suo sedere si lancia in un’orazione contro la depravazione dei costumi, sulle “mutandine risucchiate nel solco di pesca” che sono simbolo di lussuria. Servono mutande caste e a prova delle sue parole mostra i mutandoni da prete. Seguono sequenze piuttosto spinte con David che accarezza Tonina davanti a  Nicole e la serva che confessa alla padrona di aver dato il sedere anche a suo marito oltre che a Davide. Però è ancora vergine. A questo punto assistiamo alla definitiva crisi mistica di David che si ritira in convento dove non guarisce dalle ossessioni erotiche ma continua a fotografare le suore. Nicole resta sola con Tonina e la fa sverginare da Bernardino perché irritata dalla sua singolare forma di castità. La sequenza è abbastanza spinta e viene presentata come una specie di esorcismo. Bernardino scaccia il diavolo dal corpo di Tonina. Una volta che la serva non è più vergine, Nicole la licenzia e assume una nuova ragazza che abbia la stessa caratteristica di illibatezza. Davide è in convento e il pensiero va ancora una volta verso il solco di pesca che non ha dimenticato. Degna di nota la conclusione di un film confuso e pasticciato che si fa fatica a seguire. Lo zio prete afferma: “Il Dio che creò l’uomo doveva avere un bel senso dell’umorismo”. Nel film, invece, è quasi del tutto assente.

   Una commedia sexy che si fa fatica a definire commedia, forse è meglio parlare di un film erotico che ha la pretesa di ironizzare sulla raggiunta libertà sessuale delle donne. Si tenta di mettere alla berlina l’animo cattolico dell’italiano ossessionato più dalle forme del desiderio (il solco di pesca) che dal suo reale soddisfacimento. Ma i modi in cui si esprimono le idee sono troppo forzati, i dialoghi sono irreali e privi di spessore. Frasi come: “Noi preti abbiamo dato al mondo la prima femminista: Maria Vergine”, si commentano da sole. Fa bene Marco Giusti a definirlo uno stracult tutto dedicato al culo femminile, perché la visione dei fondoschiena di Gloria Guida e di Martine Brochard è la sola cosa degna di menzione. La Guida si mostra più nuda del solito e Martine Brochard perde alla grande il confronto a livello di esposizione di natiche, sia perché ha più remore nel mostrarle, sia per motivi anagrafici. Emilio Cigoli fa una delle sue ultime apparizioni nei panni dello zio prete. Importante la presenza di Andrea Camilleri, sconosciuto autore di teatro e non ancora narratore di culto, ripreso in una scena tratta da un suo spettacolo scritto con Luigi Quadrucci.

   Due parole le merita il regista, quel Maurizio Liverani tanto discusso dalla critica di sinistra per il suo repentino cambiamento di idea politica e il conseguente passaggio alla destra. Maurizio Liverani era nipote del repubblichino Augusto Liverani, che lui stesso dovette riconoscere sfigurato da un omicidio partigiano. Maurizio, pur di origini borghesi, fu antifascista della prima ora, affiliato al Movimento partigiani per la libertà ad appena sedici anni. Nel dopoguerra fu giornalista di Paese Sera, quotidiano filocomunista, iscritto al partito comunista di Venezia e poi di Roma, ma la sua posizione all’interno delle varie cellule è sempre stata poco allineata e critica. Il partito lo definiva un deviazionista perché troppo incline all’ironia ed eccessivamente autonomo nel modo di pensare. Liverani su Paese Sera si occupava  di critica cinematografica ed ebbe come collaboratore un giovanissimo Dario Argento. Fu dopo i fatti di Budapest e l’invasione dei carri armati sovietici che Liverani maturò la convinzione di abbandonare il partito e quando lo fece passò al settimanale di destra Lo Specchio, collaborando pure a Il Dramma, Tempo illustrato, Il Giornale d’Italia e Vita. Scriveva per Il Borghese e firmava pezzi sferzanti sotto lo pseudonimo di Ivanovic Koba (nome di battaglia di Stalin). La scelta di Liverani fu difficile e lo portò all’isolamento culturale da parte della maggior parte della cultura cinematografica italiana. Fu così che quando uscì Sai cosa faceva Stalinalle donne? (1969) la parola d’ordine fu di boicottarlo. Il film era una satira feroce e graffiante degli amori e i furori di due comunisti-stalinisti ben interpretati da Helmut Berger e da Benedetto Benedetti. Protagoniste femminili erano le bellissime Margaret Lee e Silvia Monti che fornivano un condimento di stuzzicante erotismo.

   Il solco di pesca arriva sei anni dopo, interpretato da due donne ancora più belle come la lanciatissima Gloria Guida e la francese Martine Brochard. Peccato che per la parte del protagonista maschile sia stato scelto l’inespressivo Alberto Terracina. Secondo il regista la pellicola serve a ironizzare sui rapporti uomo-donna, sul senso del peccato e sull’ossessione del sesso. Lo stesso Liverani sostiene di essersi ispirato ai versi del poeta inglese Browning che in una lirica dedicata alla moglie Elizabeth Barret parla del fondoschiena e definisce solco di pesca la fessura che divide le natiche. Riportiamo per intero una dichiarazione di Maurizio Liverani su Il solco di pesca che abbiamo letto sul numero 3 (primavera 2003) della pregevole rivista Cine 70 diretta da Franco Grattarola.

   “Ho cercato di reagire alla moda corrente dell’erotismo cinematografico con la preoccupazione di ammonire senza falsi moralismi sui paradossi del consumo del sesso. Se all’amore si toglie il concetto di peccato è sottratto alla vita ogni sapore. Il sesso non più imbevuto di mistero s’intride di noia. L’amore, in quest’epoca caratterizzata dalla tirannide della permissività, ha perduto ogni incanto perché nell’abbattimento del tabù si è andati oltre ogni limite. Ho scelto Gloria Guida quando mi resi conto che era tutt’altro che una cosa di carne e che con lei potevo ridicolizzare il cosiddetto cinema sexy. Mentre con la disinibita Martine Brochard potevo dimostrare quanto scrive Oscar Wilde, cioè se una donna vuole accaparrarsi un uomo non ha che da fare appello a tutto quello che in esso vi è di peggiore”.

   Una nota critica di Massimo Pepoli su Il Messaggero del 26 giugno 1976 definiva Il solco di pesca come un film diretto con gusto e senso della misura e aggiungeva che il regista evitava di cadere nella facile trappola del volgare. Nel film è vero come diceva il critico del giornale romano che si respira un erotismo cerebrale, meditato, suggerito ma è anche il suo limite più evidente che si accompagna in senso negativo alla eccessiva verbosità e alle ermetiche citazioni letterarie che lo rendono pesante e di difficile comprensione. Secondo Pepoli Il solco di pesca mantiene una discreta tenuta narrativa ed è interessante soprattutto quando ridicolizza il cinema sexy o porno. Non sono così entusiasta dell’opera di Liverani, anche se condivido il giudizio positivo su Gloria Guida che nella pellicola sembra più in forma che mai.

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