Per quelli della mia generazione il “Tempo delle Mele” rappresentava la trasgressione. Ricordo ancora che andai a vederlo con la mia prima ragazza. Ricordo come se fosse ieri. Ripenso ancora ad una frase: “Questo nuovo ragazzo com’è? Ti piace? Se te lo chiedi vuol dire che ti piace”. L’innamoramento, la prima cotta, giorni di studio per scrivere una lettera o dire una frase che in qualche modo potesse stupire la ragazza dei tuoi sogni. Come non ripensare a quella pellicola Il tempo delle mele, del 1980 diretto da Claude Pinoteau. Risento ancora la colonna sonora nelle orecchie. Erano sentimenti puri, non c’era malizia. Anche se la giovanissima Sophie Marceau, quattordicenne al suo esordio nel grande schermo, era per noi ragazzi un simbolo di libertà e di voglia di vivere.
In questo ultimo anno mi è capitato, perché sollecitato in trasmissioni radiofoniche o televisive o in interviste per giornali, di analizzare, dal mio privilegiato osservatorio sociologico, come si sono evoluti i rapporti durante la pandemia e soprattutto nell’era delle “relazioni liquide”, così come li ha efficacemente definiti il sociologo Zygmunt Bauman.
La pandemia ha messo in evidenza problematiche già presenti e la convivenza forzata non ha aiutato alcune coppie che già avevano dei problemi. Molti i divorzi e i fidanzamenti in crisi. Abbiamo assistito alle diverse soluzioni che le nazioni hanno scelto per aiutare i single. Il risultato che emerge è che la pandemia ha favorito il distanziamento sociale già in atto. L’Olanda ha pensato agli “amici di letto”, il Regno Unito ha introdotto la figura del “support bubble” la “bolla di sostegno”, il Belgio ha istituito il “knuffelcontact” il “compagno di coccole” e se ci pensiamo bene questo favorisce i rapporti a breve termine e non certo la formazione di una coppia stabile. Insomma, rappresenta la “fluidità” dei rapporti e delle relazioni.
Storie difficili e travagliate, specchio di una società che sta diventando sempre meno preparata incapace di gestire la conoscenza di base, facilmente manipolabile dall’industria della disinformazione. Quindi, con strumenti culturali e valoriali minimi, o inesistenti, ma sicuramente insufficienti per affrontare con senso di responsabilità le relazioni affettive.
In tutto questo gioca un ruolo importante anche la Tv generalista che spostandosi sul digitale e sul web, con canali a pagamento, ha fatto del trash un mega format. Il gossip e l’estremo sono elementi fondamentali per alimentare un grande business.
I Vip sono addirittura superati da questi nuovi “influencer” che alimentano i flussi di condivisione e connessione sui social. Solo quest’anno, per citarne alcuni che si aggiungono ai format storici, abbiamo visto o stiamo vedendo: Matrimonio a prima vista, Temptation Island, Naked Attraction, Alta Fedeltà, 90 giorni per innamorarsi, Undressed, Cambio moglie. Passiamo dalla pseudo ricerca dell’anima gemella con gli strumenti più differenti, dal particolare del corpo al matrimonio al buio, all’estremo opposto il tradimento come sublimazione del proprio narcisismo.
Storie che dimostrano come il Vouyerismo sia portato al limite con una sceneggiatura appositamente creata per alimentare dinamiche di coppia estreme che mostrano una involuzione delle relazioni di coppie alimentata ad arte. Non a caso quotidianamente registriamo l’aumento dei fenomeni legati allo stalking, al bodyshaming, al revengeporn si associano ad una idea delle relazioni incentrata sul consumo di relazioni. Come ha sostenuto il grande sociologo Zygmunt Bauman si vive in comunità guardaroba dove le persone diventano come gli oggetti: li usiamo e poi li gettiamo per comprarne uno nuovo.
Come se non bastasse il linguaggio è sensibilmente peggiorato. Ormai le forme espressive sono sempre più fuori controllo: pur di ottenere un like e rafforzare la propria community si fa qualunque cosa. Tanto è vero che ci capita di ascoltare, durante la visione di alcuni Reality Show, parole che non andrebbero pronunciate né a casa e né in televisione. Le motivazioni della violenza fisica e verbale sono multifattoriali e concernono svariati retaggi socio-culturali. Per tornare a Bauman, viviamo in una società votata al consumismo, egoista, individualista. Questo “soggettivismo” rende tutto liquido e privo di freni inibitori. Difatti, se non ritroviamo e ricostruiamo regole vere e condivise, per una civile convivenza che metta al centro il rispetto dell’altro, l’iper-individualismo e l’esercizio arbitrario di libertà, secondo cui posso dire a fare tutto ciò che voglio, continueranno a degenerare in forme di violenza che non sono solo verbali, ma sono espressione di un modo di essere e di muoversi nella comunità, che fa della prevaricazione e del non rispetto dell’altro la cifra fondamentale.
Purtroppo, in questi format televisivi tutto rientra dentro l’alveo del business. Va sottolineato che la proliferazione di questi contenuti non riguarda solo l’Italia, ma una gran parte delle cosiddetta civiltà occidentale. Vengono realizzati prodotti di consumo televisivo costruiti attraverso una sceneggiatura ad hoc e poi bisogna osservare anche i cliché estetici che questi programmi propongono sia al femminile che al maschile.
I telespettatori si appassionano a questa tipologia di programmi per svariate motivazioni. Una spiegazione può essere data, per esempio, dal pettegolezzo, di tipo sguaiato e litigioso, che nell’era della polarizzazione porta chi guarda a schierarsi a favore dell’uno o dell’altro in tribù contrapposte che si affrontano poi sui social con le stesse dinamiche e la forza della violenza verbale e non solo.
Infatti, se ci pensiamo bene, la nostra realtà è sempre più esposta alle cosiddette “piazze virtuali”, rappresentate dai social network e in questo caso dei Reality Show. La direzione che abbiamo, ormai da molto tempo, intrapreso è racchiusa nella parola “vetrinizzazione”. La vetrinizzazione delle nostre vite l’immagine di sé diventa oggetto – altro da sé. Esporsi in vetrina significa portare la propria esistenza alla costruzione di un io iperfluido. Assistiamo al radicarsi di modelli di reti sociali basati su un sistema di relazioni ansiogene non più relazioni tra individui, ma relazione tra individuo e il suo pubblico. Tutti ci stiamo abituando a guardare le persone, soprattutto sui social e nei Reality, come se sfogliassimo continuamente un catalogo e allora le osserviamo con curiosità e col desiderio di conoscere i particolari delle loro vite.
Un processo di spettacolarizzazione che ha investito i principali ambiti della società: gli affetti, la sessualità, il corpo, l’attività sportiva, i media, il tempo libero, i luoghi del consumo, gli spazi urbani e persino le pratiche relative alla morte.
Dobbiamo riflettere molto su tutto quello che sta accadendo e, più che confrontare le nostre esperienze personali con quelle dei protagonisti dei Reality Show, bisognerebbe ragionare sul nostro comportamento e solidificare la nostra identità. Si tratta entrare in contatto con il nostro “io” più profondo per capire davvero ciò che vogliamo e quali sono le nostre necessità. Solo quando ci conosciamo possiamo diventare autentici e connetterci con gli altri a partire dalla nostra essenza. Questo ci aiuterà a costruire delle relazioni più solide. Non dobbiamo preoccuparci di quello che riceveremo, ma di quello che diamo e che siamo in grado di offrire al nostro partner.
Poi, se riuscissimo a reinserire nel nostro vocabolario, e nelle nostre abitudini, tre parole magiche: rispetto, empatia e gentilezza forse, e dico forse, questo mondo riacquisterebbe alcuni valori che non esistono più.
Di certo non ritornerà il Tempo delle Mele. Ma passare da quel Tempo a quello degli Amori Liquidi non è stato un grande vantaggio. Umberto Saba ci ha insegnato: “ma l’amore, l’amore vero, l’amore intero, vuole una cosa e l’altra; vuole la fusione perfetta della sensualità e della tenerezza: anche per questo è raro”. L’ho pubblicato sui social questo aforismo… pochi like…ovviamente!!!