L’11 agosto 1253 muore Chiara d’Assisi, canonizzata da papa Alessandro IV nel 1255. Nella letteratura religiosa del XIII secolo Chiara è una donna colta ma soprattutto la prima a scrivere una Regola di vita (“molto bella e discorsiva, quasi un insieme di suggerimenti più che un regolamento” C. Frugoni) e poi anche quattro Lettere, Preghiere. Un’autrice, santa Chiara d’Assisi, che si fa carico delle ingiustizie della società. Scrive, ancora, la raffinata medievalista Chiara Frugoni, allieva di Jacques Le Goff, “è Chiara a portare avanti più tenacemente l’idea originaria del progetto francescano, che, non è religioso ma sociale”.
“Il Cristianesimo costituisce nel secolo XIII – docet il critico letterario Giulio Ferroni – un punto di riferimento essenziale per esperienze che hanno luogo in tutti gli strati della società. Esso si pone come ragione totale di vita e speranza, suscita scelte radicali e assolute, nuove aggregazioni, nuovi rapporti sociali, nuovi conflitti, nuovi atti di amore e violenza; genera nuove forme dell’immaginario, nuove elaborazioni filosofiche e dottrinali, nuove leggende, nuove scritture”.
La figura di Chiara d’Assisi è dotata di una dolcezza, profondità, fortezza piene e stupefacenti. Queste qualità affiorano e tessono la Regola: uno scritto stupefacente, pieno di dolcezza, teso a comprendere più che a giudicare e punire. Di Chiara d’Assisi scrissero soprattutto uomini (il biografo, il papa) ma anche la dipinsero artisti come Simone Martini (cfr. gli affreschi nella Basilica inferiore di san Francesco in Assisi) uno tra i maggiori e più influenti artisti del Trecento italiano, l’unico in grado di “contendere” lo scettro al “maestro e padre della pittura” Giotto.
La “solitudine” di Chiara d’Assisi – osserva magistralmente la studiosa Frugoni – fu abitata da molti affetti e da una fortissima tensione spirituale.
La figura e la scrittura, l’immaginario di Chiara d’Assisi affascinano e catturano anche Dacia Maraini che in una sorta di diario e/o epistolario telematico, con un linguaggio chiaro e penetrante, con una prosa densa e piena di passioni, ritrae una delle protagoniste della vita sociale e religiosa dell’Italia del Duecento. Dacia Maraini, in questo suo scritto nato per “gioco” e per “scherzo”, propone un exemplum culturale e civile di eccezionale carisma spirituale e di rivoluzionaria libertà.
Una donna, Chiara d’Assisi, di “perfetta vita e alto merto” (Paradiso III, v. 97) che rifulge nel dialogo con Piccarda Donati in uno dei canti più belli, poetici (linee, colori e suoni sono stilnovistici) di “grande memoria ed elegia poetica” (Marti).
La figura di Chiara illumina la vita sociale e culturale del Duecento italiano. Ma la sua esperienza rivoluzionaria di vita è – oggi più che mai – motivo di riflessione e di edificazione.