Terzo lungometraggio di Philippe Godeau, prodotto dal suo studio cinematografico indipendente (Pan-Européenne), che denota grande attenzione alla fotografia (Jean-Marc Fabre) e si pone come obiettivo l’analisi di un modo di vivere molto diverso da quello europeo. L’Africa è la vera protagonista del film, la savana è la scenografia immensa nella quale si svolgono le azioni, la storia on the road soltanto un pretesto per raccontare il continente nero e fare una riflessione sul ritorno alle origini. La trama, in breve. Seydou Tall (Omar Sy) è un attore francese di origine senegalese, separato con un figlio, che ha un grande successo in Europa. Un giorno viene invitato a Dakar per ricevere un premio e qui conosce Yao, un ragazzino che è scappato di casa per farsi autografare il libro dove l’attore racconta la sua vita. Seydou decide di accompagnare a casa il ragazzo, nel corso del viaggio conosce le usanze del paese dei suoi avi (dove non era mai tornato), incontra la cantante girovaga Gloria, proveniente dal Mali, ma la storia d’amore finisce dopo pochi giorni. Seidou rivede il villaggio natale, conosce il piccolo paese di Yao, per alcuni giorni apprezza la semplicità della vita senegalese e – dopo un tuffo alla ricerca del tempo perduto – rientra a Parigi dove lo attende suo figlio. Il viaggio di Yao è cinema d’autore perché il regista scrive una storia che sente l’urgenza di raccontare, la sceneggia insieme a Agnès de Sacy e la gira con movimenti di macchina semplici e avvolgenti, tra molte panoramiche e carrelli. Storia di viaggio che segue il discorso di sempre – molto bergmaniano – del ritorno a casa, in un luogo dove siamo cresciuti ma che non abbiamo più visto che, d’improvviso, spalanca un mondo e in quel mondo ti trovi immerso. Questo accade a Seydou che non conosce l’Africa, anche se è il paese dei suoi antenati, ma che grazie al piccolo Yao impara ad apprezzarne i segreti, la lentezza di un modo di vivere naturale e la bellezza del sentirsi parte di una realtà fino a quel momento ignota. La colonna sonora di Matthieu Chedid contribuisce a creare una suggestione sentimentale tra il protagonista – che ha la pelle nera ma il cuore bianco – e l’ambiente che lo circonda. Il resto lo fa la fotografia solare di una savana ripresa in tutto il suo fulgore, tra gigantesche sequoie, fiumi immensi e la scoperta del mare, in un tono globale giallo ocra di una pellicola che su grande schermo rende il massimo delle sue potenzialità. La scoperta di se stessi è il tema del film, che il regista riesce a comunicare molto bene, tra incontri imprevisti, villaggi africani, polvere e sabbia, tassisti indolenti, macchine scassate che si fermano perché il destino ha deciso che è il momento di aprire gli occhi e pensare. Attori molto bravi, soprattutto il giovanissimo Lionel Louis Basse che si cala alla perfezione nei panni dell’intraprendente Yao. Il viaggio di Yao può essere definito un film per ragazzi ma sarebbe limitante, a nostro parere un adolescente ci prende le cose scritte per lui, ma in definitiva resta grande cinema introspettivo che ha come padre Il posto delle fragole. Molto consigliato. Lo trovate su Rai Play.
Regia: Philippe Godeau. Soggetto e Sceneggiatura: Philippe Godeau, Agnès de Sacy. Fotografia: Jean-Marc Fabre. Musiche: Matthieu Chedid. Produttori: Jean-Yves Asselin, Omar Sy. Titolo Originale: Yao. Paesi di Produzione: Francia, Senegal, 2018. Durata: 103’. Genere: Commedia. Interpreti: Omar Sy (Seydou Tall), Lionel Louis Basse (Yao), Fatoumata Dawara (Gloria), Germaine Acogny (Tanam), Alibeta (tassista), Gwendolyn Gourvenec (Laurence Tall), Ismael Charles Amine Saleh (Demba), Abdoulaye Diop (Ibra), Mame Fatou Ndoye (Oumy), Arostote Laios (Nathan), Aboubacar Dramé (padre di Yao).