In occasione del Giubileo degli Artisti tre maestri del colore raccontano l’Arte

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Da sabato 15 febbraio a lunedì 17, organizzato dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione, si svolge il Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura.

Sabato 15 febbraio presso i Musei Vaticani – uno dei musei più antichi al mondo, risale infatti al Cinquecento, e precisamente a papa Giulio II – si svolge un incontro internazionale dal titolo «Sharing hope – Horizons for Cultural Heritage» con i responsabili di musei, operatori nel mondo dell’arte e delle istituzioni culturali, accademici per una riflessione sulle attuali possibilità, modalità e linguaggi per la promozione e trasmissione del patrimonio religioso e artistico. Al termine dell’incontro sarà firmato un «manifesto» educativo sulla trasmissione del codice culturale delle religioni.

Nella giornata di lunedì 17 febbraio per la prima volta nella storia un papa si recherà in visita negli studi di Cinecittà. Una visita durante la quale incontrerà una rappresentanza di artisti e protagonisti del mondo della cultura.

Il Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura è, tra i tanti eventi giubilari, quello che più di tutti gli altri ci invita a scoprire, a dischiudere davanti ai nostri occhi l’invito alla bellezza, alla Bellezza, un nome di Dio.

L’idea, il concetto di bellezza attraversa tutta la storia dell’Occidente e dell’Oriente. La sua elaborazione è al centro del pensiero filosofico e teologico, sin dall’inizio della nostra civiltà. Ricordiamolo, il termine ϑεολογία appare per la prima volta nella Repubblica (II, 379 a) di Platone). Nell’antico mondo greco il termine kalós significa, allo stesso tempo, «bello» e «buono», in un’inseparabilità tra etica ed estetica. La parola «bellezza» è centrale anche nella Bibbia nei testi biblici fin dalla Genesi. Nei due racconti della creazione tante volte risuona la frase «Dio vide che era cosa buona»: l’aggettivo ebraico tov, come il greco kalós esprimono la meraviglia, lo stupore del Creatore. Bontà e bellezza sono costitutive della creazione, sono un’«impronta» della Bellezza che è Dio. La creazione diventa, è occasione di contemplazione, che invita a una risposta (cfr. Papa Francesco, Laudato si’). Marc Chagall afferma che la Bibbia è «l’alfabeto colorato in cui per secoli i pittori hanno intinto il loro pennello». Il professore e critico letterario Northrop Frye (1912-1991) – (nell’anno accademico 1974-1975 Norton professor alla Harvard University) nel suo celebre Il grande codice. Bibbia e letteratura e Karin Schöpflin, docente alla Facolta di teologia evangelica della Georg August Universität di Gottinga nel suo originale e prezioso lavoro La Bibbia nella letteratura mondiale affermano che le «Sacre Scritture sono l’universo entro cui la letteratura e l’arte occidentale hanno operato».

L’Arte espleta una funzione kerigmatica, ovvero è manifesto, icona del messaggio della Parola («E il Verbo si fece carne» – «Καὶ ὁ λόγος σὰρξ ἐγένετο» – «Et Verbum caro factum est», Vangelo secondo Giovanni 1,14 a). Già nell’VIII secolo san Giovanni Damasceno ci narra che «se un pagano viene e ti dice: “Mostrami la tua fede”, tu portalo in chiesa e mostra a lui la decorazione di cui essa è ornata […]».

A chiusura del Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965) papa Paolo VI nel Messaggio agli artisti scrive: «Ora a voi tutti, artisti che siete innamorati della bellezza e che per essa lavorate: poeti e uomini di lettere, pittori, scultori, architetti, musicisti, gente di teatro e cineasti… A voi tutti la Chiesa del Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici! Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi. Voi avete edificato e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua liturgia. L’avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere comprensibile il mondo invisibile. Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo! Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione (il corsivo è chi scrive l’articolo-intervista)».

Il Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura è un’occasione davvero unica e singolare per dare vita, su queste pagine, ad un incontro a più voci, amiche per chi scrive, che con creatività, saggezza, tecnica, passione (un sostantivo che incastona per etimologia e vissuto fatica, studio, interesse e inclinazione fortissima per l’Arte) con i loro colori, linee, designi, forme veicolano la loro narrazione umana, ma non solo, di bellezza e salvezza: Bondì Francesco (https://www.instagram.com/francesco_bondi_opera_designer?igsh=bjRwdjRtM2xhazJ1) Caliò Simone (https://www.instagram.com/simonecaliopainter/?hl=it) e Ferragina Massimiliano (https://www.instagram.com/massimiliano_ferragina/?hl=it)

D.: Quale idea di bellezza e/o Bellezza nutre la tua «idea» di cultura come «bene» che attraverso i colori, i disegni anima e dona vita al tuo impegno civile)? Infatti, i colori che «impasti» possiedono valori, significati e energie atti a influenzare comportamenti, linguaggio e immaginario di chi li osserva e vive.

R. (Francesco Bondì): La Bellezza è come l’Amore, si fa. Credo che la vera Bellezza debba essere un’esperienza attiva e programmatica. Il valore performativo della Bellezza ne rende operativo il valore contemplativo. Un’opera d’arte deve far riflettere, deve offrire un punto di vista nuovo, attuale, su un determinato tema, ma deve anche ammansire, rassicurare, non per allontanare l’uomo dal disagio dei dubbi e delle paure, ma per rivelare e illuminare il risvolto positivo della capacità creativa dell’uomo che progetta futuro e crea valore, senza timore. Oggi più che mai, la Bellezza deve essere l’espressione dell’umanità che crea futuro, per contrastare l’incertezza e la timidezza che disegnano sempre di più la prospettiva di un futuro distopico. È nella speranza e nell’utopia che la Bellezza può riscattarsi e diventare fenomeno, evento, ispirando atti di gentilezza intesa quasi come un’arte marziale, nel rigore di una lucida consapevolezza di “essere” umani.

R. (Simone Caliò): Papa Bergoglio afferma che gli artisti «lavorano» per la bellezza affinché si possa rendere comprensibile il mondo invisibile. Mi ritrovo molto in questa affermazione in quanto l’accento è posto sul verbo lavorare ovvero su quell’attività trasformativa che rimanda all’idea di bellezza intesa come tutto ciò che deve compiersi, parole quelle del Santo Padre che ricordano anche le parole di Paul Klee “l’arte è rendere visibile l’invisibile”

Per far sì che ciò accada è necessario l’intervento di quei «mediatori», gli artisti, dotati di uno sguardo capace di intercettare la bellezza e di farla fiorire.

Per me e per la mia visione dell’arte e in base a quello che la mia ricerca artistica ha affrontato, l’artista ha un compito, un impegno civile su questa terra, una sorta di missione: in un mondo in cui accadono eventi drammatici che ci fanno venir voglia di non abitare questo pianeta, gli artisti ci ricordano, attraverso il loro sguardo, che ogni essere umano può sentirsi a casa in questo mondo.

Come avviene tutto ciò? Se è vero che esiste un germe di bellezza in ogni cosa, l’artista, attraverso il proprio linguaggio dell’arte, deve restituire quel pezzo di mondo che ha selezionato e impresso in una tela (è il caso dell’arte pittorica) e restituirlo riempito del proprio spirito.

L’atto artistico è, in questo senso, testimonianza di bellezza che rimanda a quella dimensione intangibile che molti di noi percepiscono quando entrano in risonanza con tutto ciò che può “salvare” il mondo, sublimando in energia e sensazione di serenità e armonia attraverso i colori e le forme. In più credo che l’artista in primis è un uomo, un cittadino che ha delle responsabilità nella vita sociale e pubblica e deve essere partigiano, avere un ruolo attivo nella società, per contrastare attraverso l’arte o attraverso la propria testimonianza ciò che non condivide nella vita politica e sociale contemporanea, anzi oggi più che mai se he sente un reale bisogno.

R. (Massimiliano Ferragina): La bellezza è sempre con la “B” maiuscola. Sia essa idea o ideale sia essa concretezza, realtà. La mia idea di Bellezza corrisponde esattamente al fine primo e ultimo del vivere. Dovremmo vivere tutti dentro la Bellezza ed avere come opzione fondamentale del nostro progetto di vita la partecipazione ad essa. Ecco. L’idea di Bellezza per me è partecipazione. I colori che uso per esprimere me stesso e la mia visione delle cose attraverso l’arte sono strumenti di partecipazione alla Bellezza. Con l’arte posso arrivare a tutti, vicini e lontani, posso generare sentimenti di amore, solidarietà, carità. L’arte conduttore di Bellezza, in tutte la sue forme, pittura, musica, canto, danza, ha il poter di trasformare l’uomo e la donna, condurli ai valori principali umani, quelli irrinunciabili ed imprescindibili. Chi osserva le mie opere rimane certamente colpito dalla potenza cromatica ed è spronato ad interrogarsi, a porsi innanzi sé stesso e riflettersi, mettersi in contatto con l’opera e comunicare anche in modo inconscio ciò che i colori o il soggetto suggeriscono. Quando questo accade siamo nella profezia. L’arte che attraverso il colore diviene profezia di Bellezza e aiuta a sentirsi allo stesso tempo più umani e più vicini al divino.

D.: La Porta santa è un simbolo importante del Giubileo perché rappresenta un varco aperto da Cristo e attraversandola si è pronti per una nuova vita, una rinascita. Qual è la «chiave» della porta – del tuo immaginario Museo – che ha spalancato o spalanca la tua vita rovesciando su di essa colori, energia, vita?

R. (Francesco Bondì): Ogni chiave ha il potere di chiudere e aprire. Penso che la chiave sia l’Uomo. Siamo in pieno postumanesimo e credo che sia necessaria una riflessione sulla direzione da intraprendere per non perderci di vista. Siamo talmente connessi con l’esterno che quasi non ci curiamo più dell’essere connessi con noi stessi. Forse attraversare quella Porta oggi può voler dire guardarsi allo specchio, meditando sull’unicità e sulla percezione di noi stessi nel mondo.

R. (Simone Caliò): L’apertura della Porta santa rappresenta dal punto di vista simbolico, l’inizio di un viaggio spirituale di comunione tra le persone e tra le persone e Dio, nel Vangelo secondo Giovanni: «Io sono la porta, se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9). Se, come dicevo, l’arte è osservazione, lavoro meditativo e testimonianza di quel germe di bellezza presente in tutte le cose, le relazioni tra le persone rappresentano quel contesto (Il proprio Museo) nel quale esse sperimentano la bellezza dell’essere al mondo. Vivo l’arte in armonia con il mio mondo spirituale, mi nutro della bellezza del creato e dell’energia delle relazioni, cerco di rappresentare le emozioni vive che mi attraversano per poi riversarle sulla tela, un passaggio che attraverso gli occhi e il cuore va dritto alla tela con gli strumenti dei pennelli e dei colori. Dipingo soprattutto nei momenti di felicità per rendere vivida l’energia dei colori, che scelgo in maniera del tutto spontanea, trovo stupendo che queste sensazioni vengano trasmesse in maniera indelebile e costante con il fruitore ed è bello quando le persone mi fermano dicendomi che i quadri comunicano loro gioia, serenità, positività. Vuole dire che il mio messaggio è arrivato e quella porta è stata passata.

R. (Massimiliano Ferragina): La Porta santa prima di essere un varco simbolico di conversione è un luogo del cuore. È nel cuore dell’uomo e della donna che si celebra il vero Giubileo, che si attraversa la porta che permette di essere accolti da Cristo che è Lui stesso la Porta. Attraversare la porta delle proprie reticenze, delle proprie fragilità, delle proprie debolezze è certamente il primo passo verso la conversione del cuore a Cristo nella Chiesa che offre un tempo santo giubilare per ripensare sé stessi. La “chiave” della porta del mio Museo immaginario per rigenerarsi per purificarsi attraverso la bellezza dei colori che donano energia e vita è certamente quello dello stupore. Lo stupore come chiave per entrare nel mondo rinnovati, attenti a ciò che ci accade e a coloro che incrociano i nostri passi. Lo stupore di vedere il mondo con occhi nuovi, desiderosi di luce e calore. Stupore nelle piccole cose soprattutto, per ritrovare la nostra dimensione in un mondo sempre più ambizioso e prepotente.

Quest’articolo-intervista è arricchito da due quadri: Artemisia Gentileschi, Allegoria dell’Inclinazione” – Firenze, Casa Buonarroti e da l’Ex voto dedicato a Santa Rita da Cascia (1961), ultima opera dell’artista francese Yves Klein. L’ex voto dell’artista francese rappresenta la sua anima, la sintesi della sua stessa esistenza che lo stesso artista aveva messo nelle mani di santa Rita.

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