Regia: Alberto Sordi. Soggetto: Rodolfo Sonego, Alberto Sordi. Sceneggiatura: Rodolfo Sonego, Alberto Sordi, Carlo Verdone, Augusto Caminito. Fotografia: Sergio D’Offizi. Musica: Piero Piccioni. Produttore: Augusto Caminito. Durata: 118’. Commedia. Interpreti: Alberto Sordi, Carlo Verdone, Giuliana Calandra, Edi Angelillo, Tiziana Pini, Ugo Bologna, Francesca Ventura, Gabriele Torrei, Angela Cardile, Flora Carabella, Angelo Infanti, Orsetta Gregoretti, Paola Rinaldi, Ester Carloni, Ivana Milan, Victoria Zinny, Carmine Faraco, Andrea Azzarito, Giuseppe Mannajuolo, Gianni Baghino.
Alberto Sordi regista non vale il grande attore interprete di capolavori assoluti del nostro cinema degli anni Cinquanta – Settanta. Non siamo originali. Credo che l’abbiano già detto tutti. In viaggio con papà, però, non è Io e Caterina (1980) e neppure Il tassinaro (1983) – pellicole davvero sconcertanti – ma resta tra le cose da salvare del Sordi regista (insieme a Polvere di stelle – 1973, Il comune senso del pudore – 1976 e Fumo di Londra – 1966). Tra l’altro, nella seconda parte della sua carriera, dalla metà degli anni Settanta in poi, Sordi elimina la cattiveria e la satira feroce dal suo cinema e assume toni moralistici che emergono in alcune pellicole meno graffianti. In questo periodo. che possiamo considerare – con il conforto della miglior critica – una fase calante, dirige molti film. In viaggio con papà(1982) è uno dei migliori, rappresenta un ideale scambio di consegne tra il vecchio e il nuovo interprete della comicità romanesca. Carlo Verdone è il figlio timido e sognatore. Alberto Sordi è il padre cinico e donnaiolo che crede solo al potere dei soldi. Un viaggio insieme – del tutto casuale e non voluto – contribuisce a farli conoscere meglio. Sordi mette in scena una nuova commedia on the road, molto frequente nella sua produzione, che tenta di raccontare con esiti apprezzabili uno scontro generazionale. Certo, non tutto è godibile fino in fondo e molte sequenze non sono girate con i tempi giusti. Ma ci si affeziona ai personaggi, pur grotteschi nella loro linearità, e si parteggia per le loro disavventure, anche quando i comportamenti sembrano poco in sintonia con lo sviluppo della storia. Verdone è a suo agio nella solita caratterizzazione del giovane imbranato, fregato da tutti, ma soprattutto dalla vita, incapace di avere un rapporto con una donna, innamorato di una madre che lo rifiuta. Sordi è fin troppo meschino come padre che corre dietro alle ragazzine e considera il figlio soltanto un problema da risolvere, un impiccio da eliminare. La madre (Flora Carabella) è davvero snaturata, rinchiusa nella sua villa sul mare, incapace di provare affetto per il figlio, depressa e innamorata di un borioso scrittore di sceneggiati televisivi (Angelo Infanti). Per questo il finale, che vede il padre rinunciare alla ragazzina (Tiziana Pini) per stare insieme al figlio, mentre il ragazzo incontra l’amante del padre e ci fa l’amore sulla spiaggia, è abbastanza improbabile. Un’altra parte negativa, montata con tempi dilatati, è girata in Corsica, presso la comune dove viveva il figlio. Sordi indugia troppo nelle fotografie da cartolina corsa e dimentica il ritmo della storia. Uno dei maggiori difetti del Sordi regista è proprio questo: troppa verbosità, pistolotti morali, filosofia spicciola (spesso poco condivisibile), invece di far scaturire il messaggio dalla storia. Sordi si arroga il ruolo di moralizzatore, esponendo la sua filosofia sulla fine della famiglia, sul difficile rapporto tra coniugi e sulla complessa gestione della relazione padre – figlio. I personaggi femminili sono soltanto decorativi, come spesso accade nelle commedie di Sordi, incentrate in modo egocentrico sul protagonista. In questo caso il re della commedia all’italiana si divide la scena con il suo erede, Carlo Verdone. Edi Angelillo e Tiziana Pini (prorompente bellezza dai capelli rossi e il fisico giunonico lanciata da Macario) si ricordano come due meteore nel firmamento cinematografico.