Era il tardo pomeriggio del 24 luglio di quest’anno. Come ampiamente previsto dai servizi meteorologici, Palermo e tutta la provincia era avvolta da una cappa di caldo particolarmente intenso con vento di scirocco, previsto in forte rinforzo nella notte che stava per sopraggiungere. Condizioni simili sussistevano in tutto il sud Italia.
Chi come me è nato e vive in questi luoghi sa perfettamente che quelle erano le condizioni più adatte per lo scoppio e il propagarsi di incendi boschivi.
Puntualmente intorno alle diciannove l’aria a Partanna Mondello, quartiere periferico di Palermo dove vivo, cominciava ad odorare di bruciato. Cominciavano a circolare voci su alcuni focolai nelle colline che sovrastano il meraviglioso golfo di Mondello, che sorge pochi chilometri a nord ovest della città. Notizie di altri incendi arrivavano da San Martino delle Scale, Monreale, Monte Grifone per citare alcune delle località palermitane tra le tante colpite quella sera. Sono zone non eccessivamente antropomorfizzate, salvo qualche eccezione, ma il fuoco si sa soprattutto se alimentato dal vento, tende a percorrere centinaia di metri fino a costituire un pericolo anche per le abitazioni. Come se non bastasse in quei giorni è stata interessata da un vasto incendio anche la discarica di Palermo, che sorge sulle alture a sud ovest della città.
In quelle ore di trepidazione non si sentiva il triste, ma apportatore di speranza, rombo dei bimotore turboelica Canadair che di norma conferma che gli incendi hanno preso vigore. Il buio stava per arrivare da lì a poco e questo tipo di aereo antincendio ha bisogno della luce per operare. Intorno alle ventuno le lingue di fuoco, come trincee di morte in movimento, disegnavano lunghi lugubri rosari sui versanti delle colline distruggendo anche alcune abitazioni. I lampeggianti blu della forestale e dei vigili del fuoco visti da lontano, che davano una flebile speranza, nel tentativo di contrastare le lingue di fuoco sempre più vivide e alte.
Molti non chiusero occhio quella notte compreso io e così scrivevo nel mio profilo Facebook: “Purtroppo alle ore 03:30 la collina che si erge nella borgata di Partanna Mondello brucia ancora. Mancano 2 ore circa alle prime luci dell’alba, a quel punto interverranno certamente i Canadair. Intanto i danni sono enormi e tante persone stanno soffrendo per la perdita di beni materiali. Ritengo che nessuno sia rimasto prigioniero delle fiamme in quanto le avvisaglie c’erano state. Un pensiero va ai Vigili del Fuoco e alle Guardie Forestali che stanno tentando di spegnere le fiamme. Intanto continua imperterrito a soffiare un forte vento caldo di scirocco e ne abbiamo ancora per circa 20 ore, dopo ci sarà un cambiamento nel quadrante dei venti e un ridimensionamento significativo della bolla di calore che ha caratterizzato gli ultimi 10 giorni circa.”
I Canadair l’indomani non si levarono mai in volo e nemmeno gli elicotteri, il forte vento di scirocco non lo permetteva. Pochi uomini con mezzi scarsi dovevano combattere da soli. Intanto il fuoco aveva avuto tutto il tempo di trasformare, distruggere e annerire tutto.
Nei giorni successivi a questa immane tragedia, che ha causato purtroppo anche tre morti tra gli anziani, il WWF Sicilia Nord Occidentale con l’Aeroclub di Palermo Boccadifalco, ha effettuato dei voli di ricognizione nelle zone interessate dagli incendi: sette sono state le diverse aree colpite, 6.070 ettari gli bruciati nelle alture della Conca d’Oro.
Secondo il WWF ”la concomitanza dei tempi di accensione nelle ore serali, la scelta di giornate con condizioni ambientali particolarmente favorevoli alla propagazione dei roghi e la perfetta conoscenza dei luoghi, lasciano presupporre una organizzazione capillare da parte di professionisti, termine che purtroppo possiamo ritenere appropriato, nella specificità del caso, nel nostro contesto siciliano”.
Il fuoco protagonista di questo articolo, il fuoco che nella storia dell’umanità ha incarnato un momento di svolta e di progresso, rappresentando esso stesso un elemento di forte valenza ancestrale e simbolico.
Ma dando per scontato che non può essere soltanto autocombustione e che dietro c’è la mano assassina dell’uomo, chi può avere interesse perché tutto questo continui a succedere?
La scienza ci dice che per avvenire un incendio devono essere presenti tre elementi inseriti nel cosiddetto triangolo del fuoco: combustibile, comburente ed energia di attivazione. Il combustibile è la sostanza dalla quale, nella reazione, si sviluppano calore e in genere luce, nel caso degli incendi boschivi ovviamente il combustibile è rappresentato dagli alberi e dalla vegetazione.
Il comburente è la sostanza dalle caratteristiche chimico-fisiche idonee per la combinazione con i combustibili ai fini dello sviluppo della reazione combustibile. Nel nostro caso il comburente è l’ossigeno senza la presenza del quale non può avvenire la combustione. Per questo motivo uno dei sistemi per spegnere un incendio è “soffocarlo” eliminando l’ossigeno presente nella combustione.
Il terzo lato del triangolo del fuoco è quello relativo all’energia di attivazione che può essere fornita alla miscela infiammabile
direttamente, ponendola in contatto con sorgenti d’ignizione, fiamme libere, faville, archi elettrici; indirettamente, grazie al calore generato altrove che si trasmette per conduzione, convezione o irraggiamento.
In un bosco, in un ambiente ricco di vegetazione non mancano ovviamente come già detto il combustibile e il comburente e allora la domanda è: chi fornisce il terzo elemento del triangolo, ovvero l’energia di attivazione?
Come precisato dalla relazione del WWF e non solo da loro, salvo qualche sparuta voce che parla di autocombustione, sono tanti gli elementi che fanno propendere in direzione del dolo. Innanzitutto il momento in cui scoppiano gli incendi, quasi sempre prima dell’imbrunire e in condizioni climatiche favorevoli alla propagazione dell’incendio, La concomitanza di tanti focolai che partono interessando vari fronti per rendere difficile l’opera di spegnimento e infine il ritrovamento di micce e innesti.
Criminalità organizzata, controllo del territorio, disagio sociale, vendette, interessi economici, gestione incauta dei pascoli, follia pura possono essere elementi che danno la stura a comportamenti insani, che causano enormi danni e come conseguenza dissesti idrogeologici. Basti ricordare, come esempio, quanto di grave successo nell’inverno scorso nell’isola di Stromboli colpita da una bomba d’acqua, fango e detriti dopo che nell’estate precedente un incendio, in questo caso dovuto a negligenza, aveva impoverito dalla sua vegetazione i versanti della montagna.
Pertanto evitando di attuare facili e riduttive generalizzazioni è necessario analizzare caso per caso, zona per zona quali possono essere le motivazioni che portano ad agire gli incendiari.
Sono necessarie da parte del legislatore pene severe,, ma anche prevenzione attraverso una serie di azioni che qui elenco e che comportano la necessità di grandi e necessari investimenti. Rafforzamento del corpo forestale e dei vigili del fuoco che devono essere dotati di mezzi moderni e tecnologicamente avanzati; cura dei sentieri tagliafuoco e del sottobosco comprese le sterpaglie ai bordi delle strade; incentivi e obblighi per i privati per la cura della vegetazione dentro e nei confini delle proprietà; utilizzo di vedette anche con l’aiuto dei droni; sorveglianza con i mezzi di trasporto lungo le vie e le zone a rischio fortemente rafforzata durante le giornate considerate più a rischio; applicazione rigida delle leggi che impediscono la costruzione nelle zone interessate dagli incendi attraverso l’aggiornamento del catasto regionale delle aree percorse da fuoco; educazione e sensibilizzazione per il rispetto dell’ambiente nelle scuole, istituzione di comitati cittadini finalizzati alla salvaguardia del territorio.
Per concludere di per sé il fuoco non va considerato come elemento solamente distruttivo e nemico del genere umano. Come dicevo prima l’utilizzo del fuoco ha cambiato radicalmente le sorti in meglio del genere umano. Va detto che la natura è in grado di rigenerarsi dopo un incendio. Ma dobbiamo stare molto attenti perché l’equilibrio del nostro pianeta si basa anche sulla produzione di ossigeno delle foreste e delle piante in generale. Qui non si tratta semplicemente di preservare fauna flora, l’uomo in generale, i beni immobili che che ha costruito con enormi sacrifici. Qui si tratta di preservare e tenere in salute il pianeta in cui viviamo, che già comincia purtroppo a causa nostra a mostrare segni d’ostilità e chissà che presto, speriamo di no, possa divenire inospitale.