I primi anni Sessanta non vedono soltanto la nascita del film ma anche del cinema cubano, pongono fine a una protostoria – che meglio sarebbe chiamare preistoria – durata sessant’anni, durante la quale non è esistito un vero e proprio cinema cubano. Prima del trionfo rivoluzionario del 1959 il cinema era un prodotto di imitazione nordamericano ed esprimeva soltanto coproduzioni di scarso interesse culturale. La nascita dell’ICAIC – fondata da un gruppo di giovani cineasti – getta le basi per una nuova attenzione al cinema partendo dall’esperienza neorealista italiana e dalla nouvelle vague francese. Molti registi frequentano il Centro Sperimentale di Roma, conoscono Cesare Zavattini e restano affascinati dalla sua teoria del pedinamento e della descrizione della realtà.
Nasce Cine Cubano, la rivista dell’ICAIC, per informare e tracciare una linea direttrice al cinema cubano, per conferire un’identità culturale e nazionale a una manifestazione artistica che va strutturata come un’industria. Alfredo Guevara è da sempre il responsabile del cinema cubano rivoluzionario, così come Julio García Espinosa è un regista che assolve pure funzioni teoriche per gettare le fondamenta della nuova arte. La teoria generale del cinema cubano difetta per eccessi ideologici, nutre troppa fiducia nei principi marxisti, è spesso settaria nel dividere con un taglio netto il vero cinema dal cinema commerciale, ma conserva elementi di interesse. Il documentario informativo e didattico viene rivalutato con le opere di Santiago Alvarez, le idee neorealiste e della nouvelle vague vengono rielaborate nel cosiddetto cinema imperfettolatinoamericano, ma soprattutto superate dalle idee nuove degli anni Novanta quando all’interno di opere cinematografiche cominciano ad affiorare velate critiche al sistema.