Matteo Garrone si dimostra regista di grande versatilità, dotato di capacità tecniche interessanti, fa vedere anche di essere un grande direttore di attori alle prime armi con questo film sull’immigrazione africana dal Senegal verso l’Italia che fa fremere e palpitare a ogni sequenza. Niente a che vedere con lo scadente Pinocchio del 2019, qui siamo in un territorio sociale del tutto diverso anche dagli ottimi Dogman (2018) e Il racconto dei racconti (2015). Garrone abbandona le atmosfere alla Gomorra (2008) e non segue le tracce della fiaba europea di film come L’imbalsamatore (2002) ma si mette a esplorare un sentiero nuovo, molto pasoliniano, seguendo i destini degli ultimi. La macchina da presa segue neorealisticamente la vita di Seydou (Sarr) e Moussa (Fall), due cugini che da un villaggio senegalese decidono di affrontare l’avventura di passare il deserto, raggiungere la Libia e imbarcarsi verso l’Europa. Tutte le difficoltà che devono superare vengono documentate con dovizia di particolari, da un viaggio massacrante, prima su camionette, quindi a piedi, nel mezzo di un deserto che miete vittime (e niente si può fare), poi nelle mani della polizia o della mafia libica, che tortura e vende come schiavi. Un’epopea straordinaria che fa partecipe lo spettatore delle sofferenze dei ragazzi, soprattutto di Seydou, perché il viaggio è narrato in soggettiva, secondo il suo punto di vista, fino all’arrivo in Sicilia, quando con le lacrime agli occhi si proclama capitano di un battello di sventurati condotto in salvo. Seydou Sarr vince un meritato Premio Mastroianni per un’interpretazione realistica e convincente, così come è ben assegnato il Leone d’Argento alla regia ispirata di Matteo Garrone, che adesso se la giocherà nella corsa agli Oscar, a mio parere con più di una chance. Il film è realistico con alcuni tocchi immaginifici e fiabeschi, come quando Seydou sogna di far volare una donna morente nel deserto e di portarla con sé in Libia, come se fosse un aquilone, oppure come quando uno spirito divino in sogno lo porta al villaggio, gli fa vedere la madre e la rassicura che il figlio sta bene. Alcune sequenze sono davvero sconvolgenti, tra tutte le torture praticate dai mercenari libici ai profughi catturati nel deserto con lo scopo di togliere loro i soldi che portano addosso. Il soggetto proviene da un’idea originale di Garrone, che lo sceneggia (senza lasciare spazio alla noia per ben 121 minuti!) insieme a Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri, sulla base di alcune storie vere narrate da africani emigrati dal Senegal. Fotografia africana solare e decadente del bravo Paolo Carnera, montaggio senza battute di arresto di Marco Spoletini, musiche suggestive di Andrea Farri, scenografia africana di Dimitri Capuani. Ottima la scelta di girare il film in lingua originale con passaggi dal francese al dialetto senegalese (wolof), sottotitolato in italiano, che conferisce realismo alla vicenda. Girato in tre settimane tra Italia, Marocco (con la finzione che sia Libia) e Senegal. Un piccolo capolavoro del cinema italiano. Imperdibile.
Regia: Matteo Garrone. Soggetto: Matteo Garrone. Sceneggiatura: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri. Fotografia: Poalo Camera. Montaggio: Marco Spoletini. Musiche: Andrea Farri. Effetti Speciali: Laurent Cresot. Scenografia: Dimitri Capuani. Costumi: Stefano Ciammitti. Trucco: Dalia Colli. Produttori: Matteo Garrone, Paolo Del Brocco. Case di Produzione: Archimede, Rai Cinema, Tarantula, Pathé, Logical Content Ventures, RTBF, VOO, Be TV, Proximus, Shelter Prod. Distribuzione (Italia): 01 Distribution. Paesi di Produzione: Italia, Belgio, 2023. Durata: 121’. Genere: Drammatico. Lingua: Wolof, Francese, Italiano. Interpreti: Seydou Sarr (Seydou), Moustapha Fall (Moussa), Issaka Sawagodo (Martin), Hichem Yacoubi (Ahmed), Doodou Sagna (Charlatan), Khady Sy (Seydous Mutter), Venus Gueye (Sorellina Seydou), Cheick Oumar Diaw (Sisko), Bamar Kane (Bouba).