Io la conoscevo bene (1965) è interpretato da Stefania Sandrelli, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Enrico Maria Salerno, Mario Adorf, Jean-Claude Brialy, Joachim Fuchsberger, Turi Ferro, Franco Fabrizi, Robert Hoffmann, Franco Nero, Veronique Vendell, Franca Polesello, Solvi Stubing, Karin Dor e Claudio Camaso. Siamo di fronte al miglior film di Pietrangeli, magistralmente interpretato da una bellissima Stefania Sandrelli nei panni di una ragazza di campagna che lascia la famiglia per andare a vivere a Roma. L’incipit e la prima parte del film ricordano Il sole negli occhi, ma siamo su un altro livello di maturità registica. La ragazza entra in contatto con una serie di squallidi tipi maschili come un agente pubblicitario (Manfredi), un press agent (Fabrizi) e un attore (Salerno), che le fanno tante promesse ma vogliono soltanto portarsela a letto. La protagonista vive a Roma dove vorrebbe trovare la sua realizzazione e intreccia alcuni legami che non portano a niente, prima con un personaggio ambiguo (Brialy), poi con uno scrittore (Fuchsberger) e infine con uno squallido borghese (Hoffmann). Il finale è drammatico, perché la ragazza rientra a casa all’alba in preda allo sconforto, si toglie le scarpe e si suicida gettandosi dal balcone. Lo spettatore è spiazzato da un epilogo imprevisto perché i vecchi personaggi femminili di Pietrangeli trovavano sempre la forza per ricominciare, abbandonavano tutti e andavano avanti. Stefania Sandrelli, invece, interpreta da grande professionista il ruolo complesso di una ragazza ingenua che si lascia sconfiggere dalla vita. La commedia scorre rapida e incalzante con gli episodi inseriti come una sorta di mosaico fino all’imprevisto finale. Stefania Sandrelli sembra una donna capace di accettare tutto dalla vita, una persona che lascia passare ogni cosa senza farsi condizionare, ma non è così. L’attrice è perfetta nell’interpretare una ragazza ingenua e sprovveduta sbriciolata dagli ingranaggi di una società corrotta. Non è un personaggio positivo neppure lei, incapace di affrontare e dominare la realtà, superficiale al punto da limitarsi a cambiare pettinatura e vestito dopo un nuovo fallimento. Per la Sandrelli si tratta di uno dei ruoli più intensi della carriera e sulle sue spalle gravano molte responsabilità per la buona riuscita del film. Adriana è una ragazza ingenua ma non incolpevole, una donna che si lascia usare da personaggi meschini che incontra sul cammino e non concedono niente in cambio. Alla fine si arrende, dopo aver lottato per sopravvivere, ma viene fagocitata dal grande vuoto sentimentale, passionale e morale del mondo che la circonda. Pietrangeli ci lascia il suo lavoro più compiuto, il testamento spirituale di un autore capace di criticare con ferocia e sarcasmo la società in cui vive. È l’Italia degli anni Sessanta, che persone prive di memoria vagheggiano come un bel tempo andato, piena di millantatori, arrivisti, volgari seduttori che frequentano il bel mondo del cinema e della pubblicità. Regista e sceneggiatori (Scola e Maccari, mica pizza e fichi!) vincono il Nastro d’Argento, ma anche Ugo Tognazzi nei panni patetici di un vecchio attore disposto a tutto merita il premio. Da un punto di vista erotico il film è piuttosto spinto per tempi così morigerati, soprattutto nelle sequenze iniziali. Vediamo una panoramica sulla spiaggia di Fregene con Stefania Sandrelli distesa al sole e subito dopo la sua corsa in negozio dove si adagia sul letto per riposare. Il bikini è molto audace, mostra le spalle scoperte, oltre alle gambe nude della giovane attrice. Vediamo brevi momenti di un rapporto erotico con il titolare del negozio da parrucchiera, un bagno nuda nel mare sotto la luna, un bambino che si eccita ballando con la ragazza e altre situazioni provocanti. Molto intensi alcuni flashback sul passato durante i quali Adriana rivede la sorella morta, la loro adolescenza e molti rapporti finiti male con uomini che volevano soltanto una cosa. Bellissima la colonna sonora di Piero Piccioni, a basa di musica anni Sessanta, pezzi cantati da Sergio Endrigo (Mani bucate, che descrive bene il personaggio femminile), Peppino di Capri (Roberta), Mina (E se domani) e molti altri (Lasciati baciare). Pietrangeli cita il neorealismo quando la ragazza decide di andare a Pistoia a far visita alla famiglia che vive in campagna, dopo aver fatto amicizia con un pugile suonato (un ottimo Mario Adorf), forse il solo personaggio positivo della pellicola. La vita dei campi è fotografata da Nannuzzi secondo la lezione neorealista, così come è notevole il bianco e nero con cui il regista realizza il film. Tra gli interpreti, fugaci ma incisive apparizioni di Franco Nero (il meccanico innamorato di Adriana) e Mario Adorf (il pugile suonato). Tecnica di regia che esisbisce piani sequenza e soggettive, riprese originali e primi piani evocativi. Un piccolo gioiello del cinema italiano, tra i cento film da salvare, restaurato per futura memoria.
Lingua Originale: Italiano. Paesi di Produzione: Italia, Francia, Germania Ovest. Anno di Produzione: 1965. Durata: 115’. Colore: B/N. Genere: Commedia, Drammatico. Regia: Antonio Pietrangeli. Soggetto e Sceneggiatura: Antonio Pietrangeli, Ruggero Maccari, Ettore Scola. Fotografia: Armando Nannuzzi. Montaggio: Franco Fraticelli. Scenografia e Costumi: Maurizio Chiari. Trucco: Michele Trimarchi. Musiche: Piero Piccioni. Produttore: Turi Vasile. Case di Produzione: Ultra Film, Les Films du Siècle, Roxy Film. Distribuzione (Italia): Medusa. Interpreti: Stefania Sandrelli (Adriana), Mario Adorf (Bietolone), Jean-Claude Brialy (Dario), Joachim Fuchsberger (lo scrittore), Nino Manfredi (Paolo Cianfanna), Enrico Maria Salerno (Roberto), Ugo Tognazzi (Gigi Baggini), Franco Fabrizzi (Paganelli), Véronique Vendell (Alice Stendhal), Turi Ferro (il commissario), Franco Nero (Italo), Karin Dor (Barbara), Robert Hoffmann (Antonio Marais), Solvi Stubing (turista tedesca), Loretta Goggi (ragazza alla reception), Gabriella Lepori (la vicina di Adriana), Tat’jana Pavlovna Pavlova (insegnante di dizione), Franca Polesello (una maschera).