Vincenzo Totaro è un regista che conosciamo per lungometraggi interessanti come La casa del padre, ispirati documentari e intensi cortometraggi a soggetto, dove racconta delle storie e cerca di far pensare. Il tema di Isoludine Pandemica è proprio questo, infatti, cosa significa in questo determinato periodo storico fare cinema. Raccontare storie, certo, ma soprattutto raccontare la realtà, narrare esistenze, vivere in empatia con le persone, cercare di capire perché le nostre vite scorrono all’interno di città, spesso vuote, senza senso, alla ricerca di sogni che sono sogni comuni, caratterizzando l’esistenza dei personaggi di una grande commedia chiamata vita. Cinema sperimentale, lo definisce il regista, girato in gran parte durante la pandemia, ma che con la pandemia ha ben poco a che fare, a parte lo spunto di una storia ai minimi termini. Abbiamo un regista che non riesce a pagare i debiti contratti con strozzini che lo tormentano, per questo si nasconde da attori e sceneggiatori del prossimo film, persino dai familiari che lo cercano e che vorrebbero aiutarlo. Il regista si isola dal mondo, medita sul senso della vita, sul ruolo dell’arte nella società, sulla pochezza di un cinema commerciale, inutile e vacuo, sul motivo di certe sequenze scritte per il film in lavorazione (la scena del gabbiano) e sul loro valore metaforico. In realtà non esistono significati reconditi, niente è altro se non la scena pensata, l’immagine una volta tanto è solo quel che è, senza risvolti astrusi e metafore che una sceneggiatrice in crisi (Teresa La Scala) cerca di trovare.
Il film scorre tra passeggiate sul mare, donne bellissime che escono dalle acque, partite a dama tra il regista e sé stesso, riflessioni e dialoghi con autori di cinema troppo diversi da lui, che cerca con le opere di dare una risposta al senso della vita. Bella l’idea dell’inserto di un film in bianco e nero girato dal regista commerciale, Un cognac per il morto, che si amalgama per contrasto con il resto dell’opera. Tutto il lavoro è composto da materiali di repertorio, inseriti e resi uniformi in un contenitore di base girato da Totaro, con protagonista Del Nobile, sia negli interni che per gli esterni, a Manfredonia. Antonio Universi ha girato e fotografato alcune sequenze in Svizzera e i singoli attori hanno curato il proprio segmento a livello di sceneggiatura, partendo da un canovaccio indicato dal regista. Isolitudine Pandemica è metacinema allo stato puro, cinema sul cinema, film nel film e chi più ne ha più ne metta, certo non facile, non per tutti, per apprezzarlo occorre aver visto qualche film di Antonioni, conoscere un minimo sindacale di Bergman, magari il Fellini di Otto e mezzo, opere che il regista cita a piene mani. Maupassant e Kierkegaard, se vogliamo anche Schopenhauer con la riflessione sul senso della vita, sono la base filosofico – letteraria di un cinema colto, mai banale, intriso di monologhi efficaci, ben sceneggiati e recitati a dovere da attori in gran forma. Un autore deve avere qualcosa da dire, sembra affermare il regista, non qualcosa da vendere, anche se apprezziamo pure una velata critica al cinema d’autore realizzato da registi che non hanno più niente da dire e che hanno perso il contatto con la vita.
Tecnica di regia compiuta ed efficace, che passa dalla panoramica al piano sequenza, con la maggior parte del lavoro girato in presa diretta con la macchina presa (spesso lo schermo di un cellulare) davanti a un attore che parla. Montaggio che fa parte della regia in un film come questo, composto da parti staccate che vengono ricomposte in sala montaggio. Fotografia ispirata, luminosa e coinvolgente, firmata dal regista, complessa da rendere omogenea, visto il materiale composito che costituisce il film. Ottime le dissolvenze che fungono da stacco tra i vari elementi e introducono momenti di riflessione. Colonna sonora adeguata al tono introspettivo e drammatico. Interpreti molto bravi nei rispettivi monologhi, con una citazione di merito per Manuela Boccanera (la donna del regista, attrice che si crede spodestata da una ragazza più giovane) e per Antonio Del Nobile (ispirato protagonista, tra l’altro regista della seconda unità). Bene gli attori di impostazione teatrale come Carlo Cinque, Vincenzo Totaro, Rosanna Trotta e Giuseppe La Torre. Un film girato con cura ed eleganza, che avrà successo nei festival e nelle rassegne, come il Rome Prisma Film Awards dove è stato selezionato.
Titolo Originale: Isolitudine Pandemica. Titolo inglese: Isleness. Origine: Italia, 2022. Genere: Sperimentale, Drammatico, Commedia. Durata: 70’ (colore). Regia e Montaggio: Vincenzo Totaro. Musiche Originali: Simone Piraino. Regia seconda Unità: Antonio Del Nobile. Soggetto: Vincenzo Totaro. Sceneggiatura: Antonio Del Nobile, Manuela Boccanera, Adriano Santoro, Teresa La Scala. Sound Editor: Richard Gremillon. Costumi: Federico Del Nobile. Interpreti: Manuela Boccanera. Carlo Cinque, Carlotta Cappolecchia, Antonio Del Nobile, Federico Del Nobile, Emilia Di Padova, Teresa la Scala, Giuseppe La Torre, Natalie La Torre, Naomi Regini, Adriano Santoro, Carmine Spera, Filippo Totaro, Luisa Totaro, Rosanna trotta. Festival: Selezione Ufficiale Rome Prisma Film Awards.
FOTO: statoquotidiano.it