È il passato Annette, è la mistica delle Idi, degli ultimi giorni, e tu fuggi, e io fuggo: e dove vado?, e tu, dove vai? È la furia di Odino, ancora nella Foresta Nera o nei Vosgi. È il suono dell’orologio nel silenzio del primo mattino. È la luce elettrica bianca e il lucernario grigio metallizzato. Sto tornando e tu vuoi solo scappare, perché Annette? C’est difficile2, tornare in quel luogo e scoprire che non ci sei più, la stazione ferroviaria di Lille quasi deserta, con qualche passante che cammina o che aspetta. E c’è solo questo dolore al fianco, è dura Annette.
Ho saputo della morte dello scrittore colombiano Gabriel García Márquez, e sebbene sia uno di talento, autore di buone opere letterarie, il fatto mi sconvolge perché mi accorgo che la Colombia vive un’idiosincrasia dura, chiusa, conservatrice e in larga misura antieuropea, vive l’ispanismo tradizionalista coniugato con l’eredità indigena di quella regione, di Quimbaya, di Muisca, di Calimas, di San Agustin o della Tierra Adentro – ma almeno in quest’ultima si realizzavano statue in pietra e si lavorava la ceramica. Ma quella combinazione che sfociò nell’impronta reazionaria che si rifletteva in un Presidente come Alvaro Uribe – che sostenne i Paramilitari e la persecuzione dei Guerriglieri di Sinistra e dei Contadini Attivisti e in definitiva una Democrazia Condizionata – è stata rafforzata dall’elezione di Ivan Duque, per un altro Governo di Destra, che ha praticamente posto fine al Processo di Pace – quando, invece, l’elezione di Gustavo Petro, Candidato Progressista, avrebbe consentito un cambiamento positivo e necessario -, e consente la continuità di una Condizione di Oppressione e di coercizione Antisociale.
Non sarà così quando arriverà il tempo dell’Armageddon: gli anni di questo nuovo millennio continuano a trascorrere, la Postmodernità, con il suo carico “realistico” e “decantato”, “alla luce del sole”, dopo il soggettivismo “umido” del 20° secolo. Ora, e fin dagli anni ’90, le cose si sono problematizzate, ma è come se fossimo di nuovo tornati, abbiamo già vissuto “tutto”, “la Fine della Storia”, come concettualizzato da Francis Fukuyama.
Ero a Escobar, accanto alla statua di Rosas, con Maria Sackler, o sulla Panamericana mentre guardavo le luci di Buenos Aires, all’orizzonte, insieme a una coppia di sposi – Ricardo Sabalza e Inés – o davanti alla Torre de los Ingleses, nel quartiere del Retiro. Forse sarò in Uruguay tra qualche mese, vedremo. Sì, è la dannata realtà, come si è già detto in quel racconto: “Quella realtà tirannica che ride a crepapelle / perché vuole che mi stanchi di cercare”, diceva Alessandro Lerner in una canzone (“A pieni polmoni”). Così, io scappo attraverso lo specchio nell’altra dimensione, nel grigio-nulla, in un altro tempo, in quella cavità bianca, dalle pareti morbide, poesia soggettiva di Altri Tempi, della mia paternità.
E ci sono queste righe Annette, e l’inquietudine che cerco di non trasformare in disperazione. C’erano loro, e l’incontro è stato amichevole, tutto è stato spiegato, i dubbi sono stati chiariti… il Futuro può essere gentile? Razionale? Forse.
Ora, in Turingia, gli gnomi ei druidi di quel passato e futuro remoti, l’Anello dei Nibelunghi, il Reno, la Vestfalia, Viggo Mortensen e Frodo, i soldati del Bene contro il Male, le Bestie.
… Ci sono i mille km di distanza dal Rio de la Plata e altre diverse migliaia da Bruxelles e dalla Mosella, e da Place de la Vêndome a Parigi, dalla statua di Napoleone Bonaparte, e il dolore, questo dolore acuto per tutto quello che è successo, Annette… non è stata colpa tua e nemmeno mia, ma è successo, ce lo ricorda la memoria del testimone.
Settembre 2013, il XXI Secolo avanza, e noi aspettiamo che Robot e auto elettriche entrino a far parte della quotidianità, perché il Futuro immaginato negli anni ‘60 non sia prosaico (le persone indossano ancora giacche e cravatte e le auto consumano benzina e sputano fumo). Staremo a vedere, certainement.
Note biografiche:
José Abelardo Franchini è nato a Hurlingham, nel comprensorio di Buenos Aires. È giornalista e scrittore. Ha cominciato la sua attività giornalistica collaborando al quotidiano a diffusione nazionale Question Latinoamerica diretto da Gabriel Fernandez. Ha collaborato anche con Riviste specialistiche trattando di questioni politico/sociali argentine e anche internazionali. Nella sua attività letteraria scrive racconti e poesie. Alcuni suoi racconti sono stati recitati e diffusi da Radio America AM 1190 a Buenos Aires, nel programma “La notte e le storie”, condotto da Isabel Pisano. Altri racconti sono stati pubblicati sulla rivista letteraria Archivos del Sur, diretta da Araceli Otamendi e sulla rivista Luke di Álava-Paesi Baschi-Spagna. Per lo stile di scrittura e per i contenuti dei suoi lavori letterari, José Abelardo Franchini si inserisce all’interno della scuola dell’Esistenzialismo, in particolare nella direzione percorsa da Albert Camus (de “Lo straniero” e “La peste”), da Jean Paul Sartre (de “Le parole”), da Simone de Beauvoir (de “I mandarini” e “Il secondo sesso”), da Ernesto Sabato (de “Il Tunnel” e “Abaddon, lo sterminatore”) e da Alberto Moravia (de “Il disprezzo” e “La Romana”). Tutto ciò che concerne il Soggettivo è nella sua sfera di interesse artistico/letterario: «Le riflessioni, le emozioni, l’esperienza dell’Essenziale, dello Spirituale, considerati – spiega J. A. Franchini – nella complessità dell’Esistenza dell’Uomo, nel suo Essere biologico e spirituale, in contrasto o in attrito con la Realtà esterna».