Al collega e amico, prof. Armando Giardinetto
Chiamando in causa la pedagogia ermeneutica, con questo articoloil professor Bartolomeo di Giovanni ci parla delvero significato di due termini: bello e bellezza. Tuttavia non si può parlare di bellezza senza parlare di arte e di filosofia e non si può discutere di arte senza parlare di Fede perché è solo nella ricerca della bellezza che si trova Dio. Dove si parla di arte, si parla naturalmente di artisti sui quali si sono espressi grandi intellettuali della storia come anche il papa emerito Benedetto XVI che ci ha lasciato solo qualche settimana fa per raggiungere l’Artista della Bellezza per eccellenza: Dio. Il Signore, in quanto Creatore, è il primo Artista in assoluto: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò… Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1, 27-28.31). Benedetto XVI ha riposto negli artisti della bellezza tutta la sua fiducia poiché, attraverso il loro genio, fanno in modo che l’uomo si scavi dentro per ritrovare l’entusiasmo delle cose belle della vita e dell’esistenza in sé.
A.Giardinetto
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Che cosa è la bellezza, Come riconoscerla?
IL BELLO e la sua percezione, sono predisposizioni dell’animo difficilmente trasmissibili attraverso spiegazioni di vario genere culturale, Il bello, quello acquisito dai sensi o dall’attrazione è lo stadio inferiore della Bellezza stessa, ci può attrarre un bel fisico, un bell’abito, una bella automobile ma data la loro caducità non sono ascrivibili alla pedagogia ermeneutica che mira all’ ontologia del Bello-Vero.
In questa epoca il bello e il sublime sono riferiti ai beni di consumo, verità amara,e l’attenzione è proiettata verso qualcosa che resta nella linearità spazio-temporale.
Immanuel Kant fa una distinzione molto importante il bello è qualcosa di piacevole in relazione all’armonia o in relazione al proprio modo di percepire la bellezza mentre il sublime, che è la via che dobbiamo percorrere dopo la percezione del bello stesso, è appunto il superamento dei limiti dei sensi, di sentirsi un punto davanti al creato ma istantaneamente percepirsi elevati verso l’inferiorità sensoriale.
E’ giusto e corretto porsi il quesito : “l’arte che è una congiunzione tra sensi, intelletto e spirito é l’espressione micro cosmica dell’Armonia del Cosmo? Sicuramente siamo lontani dalla capacità di una definitiva ed esaustiva descrizione, questa(l’arte) quale concepimento di una ispirazione, quasi caotica, è una sorta di percezione dalla quale l’artista non riesce ad esimersi, , la volontà di esplorare si congiunge alla responsabilità linguistica del comunicare il dinamismo fascinoso intriso nelle opere. Non possiamo, pertanto estrarre l’arte dalla filosofia, si potrebbe descrivere come un colosso vivente a due teste, l’una contempla l’altra, rendendosi conto però di avere solo due gambe per procedere verso la vetta della
coscienza- conoscenza, gli artisti sono l’inesorabile risorsa del mondo; essendo però una società materialistica, basata sul consumo e sull’acquisizione della momentaneità , i creatori hanno il compito di sforzarsi e dare, non solo la descrizione della epoca in cui vivono, ma anche le indicazioni del superamento della stagnazione storica. Gabriele Levi dice che: l’arte è testimone del suo stesso tempo.
In questa sede si vuole porre l’attenzione a un dibattito ancora acceso sulla religione (Fede) e l’arte, i tre Pontefici sulla sella del XX e inizio XXI secolo, che hanno aperto il discorso Arte e Fede, sono: Paolo VI ,
Giovanni Paolo II , e soprattutto Benedetto XVI.
A chiusura del consiglio ecumenico Vaticano II, il giorno 8 dicembre del 1965, Paolo VI si esprime così:
[…] oggi come ieri la chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi essa vi dice con la nostra voce non lasciate che si rompa un’alleanza tanto feconda, non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito Santo[…] Quarantaquattro anni dopo, Benedetto XVI, il 21 novembre del 2009 in occasione della giornata dedicata agli artisti, fa riferimento ai due predecessori , Paolo VI e soprattutto Giovanni Paolo II, esaltando di questi lo spirito di poeta è grande contemplatore della Bellezza. Benedetto XVI rivolgendosi agli artisti dice:
Cari artisti avvicinandosi alla conclusione vorrei rivolgervi anch’io come già fece il mio predecessore, un cordiale, amichevole ed appassionato appello: voi siete i custodi della Bellezza voi avete grazie al vostro Talento la possibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale collettiva
[… ] siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza. Siate anche voi attraverso la vostra arte, annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità! la Fede non toglie nulla al vostro genio alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con occhi affascinati e commossi la meta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente.
La bellezza deve accompagnarsi alla ricerca di Dio, essa stessa è la Verità, la quale nella sua profonda significanza non è altrimenti che L’ Illuminazione della Co-Scienza del primordio,
bisogna uscire dal torpore dei sensi, Platone su questo ha insisto tutta la vita.
Leggere con la dovuta attenzione i libri del pentateuco, facendo riferimento al libro della Genesi, ci possiamo accorgere che L’arte è proprio la volontà di costruire la bellezza, il primo artista è il Creatore e ogni uomo quale Suo riflesso è potenzialmente un artista, il filosofo Hans Georg Gadamer, ci dice che: l’opera d’arte è un’esperienza del mondo e nel mondo che modifica radicalmente chi la fa cambiando la comprensione che egli ha di se stesso ma soprattutto della realtà che lo circonda. Questa spiegazione ci dice che la libertà dell’arte è sottomessa a regole universali, l’ispirazione stessa è una regola indipendentemente dalla coscienza personale , l’arte chiama all’ampliamento della coscienza stessa, L’artista che tenta disperatamente di esimersi dalla pedagogia ermeneutica dell’Opera vive in continua contraddizione e contrazione creando così una lesione tra sé e la sua opera. Se l’arte fine a se stessa ha come funzione l’alienazione dello spirito, o meglio dire: L’esclusione, si riduce a pura materia, gli artisti veri che si espongono senza cautela, se da un lato vengono schiacciati dai critici che eccedono per storicismo, dall’altro lato traggono consenso verso quei pochi fruitori, cosi è chiaro che possiamo affermare l’arte e il bello, pure appartenendo a tutti, non sono per tutti, […] Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso del termine […]ad ogni uomo è affidato il compito di essere Artefice della propria vita: in un certo senso , egli deve farne un’ opera d’arte, un capolavoro[…]
(Giovanni Paolo II, Agli Artisti, 4 Aprile 1999).
l’uomo ha la capacità di percepire l’ arte nella dimensione della Fede, come fiducia delle capacità creatrici, ma tale connubio continua nella misura in cui si ha coscienza di essere creatori e contemplatori della Bellezza totale, il monito ratzingeriano ha aperto le porte a tutti gli artisti e oggi più che mai ci chiediamo dove sia questa porta, e seppur la ritroviamo, potrebbe sembrare chiusa, ma provare e riprovare è l’alto compito che l’artista deve porre a sé stesso, da qui che inizia il cammino.