La commedia all’Italiana

Articolo di Gordiano Lupi

Non è facile definire la commedia. Possiamo dire che è quel genere cinematografico e teatrale che più assomiglia alla vita. Fa piangere e preoccupa per poco tempo, fa ridere ma non troppo, soprattutto fa riflettere. La commedia cinematografica sta a metà tra il dramma e il comico puro, ma gli elementi comici prevalgono sui drammatici, pure se niente vieta che in un film drammatico ci siano scene comiche e viceversa. La commedia all’italiana è più specifica rispetto alla commedia tout court, perché rende minima la distanza tra comico e tragico. Un film comico puro si chiama farsa, cinema senza molte pretese che racconta eventi surreali, cose che non possono accadere nella realtà, con la sola intenzione di far sorridere.

La commedia all’italiana presenta elementi drammatici in misura superiore rispetto alla media delle normali commedie e non è obbligatorio che abbia un lieto fine. Gli equivoci sono il sale della commedia all’italiana, situazioni che innescano un meccanismo comico e mettono in luce le contraddizioni. Nella commedia all’italiana il personaggio commenta gli eventi parlando con se stesso, si rivela allo spettatore e diventa il filo conduttore di un discorso sociale. La commedia all’italiana mette in scena la vita, è figlia del neorealismo, racconta la società contemporanea e i conflitti individuali.

Il protagonista è solo contro tutti e combatte una battaglia che lo vede perdente. La definizione commedia all’italiana nasce come locuzione dispregiativa coniata da critici mal disposti, ma adesso riveste ben altro significato. Le commedie all’italiana vengono realizzate dal 1958 al 1980 da autori come Age, Scarpelli, Monicelli, Risi, Comencini, Germi, Scola e sono interpretate da attori come Gassman, Tognazzi, Manfredi e Sordi. I soliti ignoti è il film che fa da spartiacque tra il neorealismo rosa e la commedia all’italiana che si distingue per una maggiore attenzione alla realtà sociale.

La commedia all’italiana ha antecedenti colti nel teatro greco e latino (Menandro e Plauto), nella commedia dell’arte, nel teatro comico rinascimentale, nella commedia realistica di costume, nell’opera buffa, nella commedia borghese e nel teatro verista. Il teatro di varietà, l’avanspettacolo e le riviste umoristiche sono antenati meno nobili, ma non meno importanti. I maggiori interpreti della commedia all’italiana provengono dall’avanspettacolo e dal varietà, sono attori come Nino Manfredi, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Totò, Walter Chiari, Aldo Fabrizi ed Erminio Macario.

Lo stile comico – grottesco della commedia all’italiana ha come antesignano la macchietta satirica inventata da Nicola Maldacea, il trasformismo di Leopoldo Fregoli e il teatro dell’arte di Ettore Petrolini. La commedia all’italiana resta in bilico tra umorismo e tragedia come il teatro popolare fondato su satira e inventiva brillante. La commedia all’italiana nasce dalla pesante eredità di riviste umoristiche come Marc’Aurelio e Bertoldo che annoverano tra i collaboratori autori come Fellini, Age, Scarpelli, Zavattini, Monicelli e Scola.

Per non parlare di scrittori come Achille Campanile, Carlo Manzoni, Giovanni Mosca, Vittorio Metz e Giuseppe Marotta. La commedia all’italiana nasce dalle ceneri del varietà teatrale, ne raccoglie l’eredità e trasporta il cinema dall’era dei telefoni bianchi, passando per il neorealismo rosa, fino al periodo delle commedie sociali e antiborghesi. Nel periodo fascista, la commedia di regime non può essere realistica fino in fondo, ma solo nelle piccole cose che non fanno male.

Il cinema dei telefoni bianchi produce pellicole innocue che raccontano scampagnate e gite al mare, ma non è possibile andare oltre. Il neorealismo del primo dopoguerra produce una serie di pellicole impegnate che il pubblico snobba perché troppo complesse e poco allettanti. In questo periodo si girano soltanto commedie di basso profilo, film dichiaratamente farseschi e senza ambizioni. I registi pensano che per cambiare la società e trasmettere idee nuove non è possibile usare lo strumento della commedia.

La commedia all’italiana si sviluppa proprio alla fine del neorealismo, sfruttando il suo occhio critico verso la realtà, l’uso del dialetto e l’alternarsi di dramma e comicità. Marco Ferreri ha detto che la commedia è il neorealismo riveduto e corretto per mandare la gente al cinema. Non ha tutti i torti. In Italia il realismo magico non funziona, con la sola eccezione del poetico Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica, ma in compenso ottiene un grande successo di pubblico il neorealismo rosa che attraversa tutti gli anni Cinquanta, sino alla svolta de I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli.

Sono i film delle serie Pane e amore e Poveri ma belli che affascinano un pubblico alla ricerca di una commedia paesana piena di buoni sentimenti e di gioia di vivere. Un cinema così non può durare, così come non hanno lunga vita le commedie balneari, turistiche, calcistiche e giudiziarie, tutti lavori senza spessore. Gli unici tentativi di satira politica cinematografica provengono dal filone Don Camillo, anche se la dicotomia Gino Cervi (comunista) e Fernandel (cattolico) è sempre molto annacquata.

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