Il Presidente della Repubblica Italiana nel nostro ordinamento ricopre un ruolo neutro ovvero si pone, pur essendo il rappresentante dell’unità nazionale, al di fuori dei tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Svolge la funzione di garante della Costituzione Italiana, di sorveglianza e coordinamento all’interno delle istituzioni atte al funzionamento di tutto l’apparato dello stato. Va precisato che il Presidente della Repubblica Italiana rispetto ad altri stati quali per esempio la Francia e gli Stati Uniti, ha decisamente meno poteri, in quanto non è a capo del governo. Infatti nel bel paese si parla di Repubblica Parlamentare, è il parlamento che vota e legifera su indicazione del governo a cui capo c’è appunto il Capo del Governo che a sua volta ha scelto e coordina il lavoro dei ministri.
Pertanto il nostro Presidente della Repubblica, pur avendo potere di firma e di coordinamento delle parti politiche in fase di costituzione della maggioranza di governo, non partecipa direttamente alla promulgazione delle leggi e a all’orientamento dell’indirizzo politico del paese. Nel momento in cui si deve formare un governo, il Presidente della Repubblica è parte attiva e integrante delle consultazioni avendo il compito di favorirne la formazione, ma sappiamo che le alleanze sono decise dai capi di partito e il loro peso è stabilito dalle libere elezioni politiche a cui partecipano i cittadini. Detto per inciso, il funzionamento del sistema elettorale italiano è regolamentato, dalla Legge Rosato, comunemente nota come Rosatellum bis, approvata in via definitiva al Senato il 26 ottobre 2017. Si configura come sistema elettorale di tipo misto che conserva elementi del sistema proporzionale così come del sistema maggioritario.
Ma torniamo all’elemento cardine di questo articolo. Mancano ormai pochi giorni alla prima seduta per l’elezione del Presidente della Repubblica Italiana. Va da sé che, nella dialettica politica, nei tentativi di alleanze per garantire la maggioranza dei voti, le varie componenti politiche tendono a proporre un nome gradito alle stesse. Così come riportato anche sul quotidiano La Repubblia, il centrodestra ha proposto insistentemente il nome di Silvio Berlusconi, una candidatura che per motivi facilmente intuibili, ha creato una profonda spaccatura nell’opinione pubblica del paese. Matteo Salvini, ormai politico di lungo corso, intuendo il pericolo legato al tentativo di portare il Cavaliere sul colle più alto, ha deciso di proporre un nome meno scottante, Gianni Letta, l’unico candidato del suo campo politico al quale Silvio Berlusconi cederebbe il posto. Intanto è stato congelato il vertice di centro destra.
Il bis dell’attuale presidente Sergio Mattarella è da escludere in quanto lo stesso non ha dato la sua disponibilità, ribadita più volte, ad un nuovo settennato.Il fatto che nei palazzi capitolini siano ancora così tanti a credere che la soluzione resti convincerlo ad accettare un nuovo mandato, dimostra la difficoltà di trovare un’intesa trasversale su un nome che non sia il suo o quello di Mario Draghi. Allo stato attuale l’attuale capo del governo ha un buon numero di sostenitori, compreso Matteo Renzi, che potrebbero portarlo all’elezione sin dal primo turno. Ma ci sono due elementi che vanno in direzione opposta: il primo riguarda il veto di Conte e Salvini il secondo riguarda il fatto che Mario Draghi dovrebbe indicare il suo successore, di fatto commissariando un’altra volta i partiti. I nomi dei potenziali successori a capo del governo sono: Vittorio Colao, Marta Cartabia, e Daniele Franco tecnici e non politici che farebbero tornare il mal di pancia ai partiti, ma che garantirebbero una continuità a carattere e cifra europea, in questo momento così difficile per le economie degli stati, che proprio dall’Europa continuano ad aspettarsi aiuti concreti. Basti citare per l’Italia il Pnrr, acronimo di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Nel dibattito si inserisce anche la possibilità di eleggere al Quirinale una donna, così come sperato dalle femministe, magari ricordando il recente grande percorso politico compiuto da Angela Merkel in Germania e in Europa. A tal proposito tra le candidate donne vanno citate Maria Elisabetta Casellati eletta il 24 marzo 2018 a guidare Palazzo Madama con il voto compatto del M5S, ma non è detto che questo sostegno verrà confermato e Letizia Moratti in quota area salviniana e sospinta dalle parole di Conte “una donna al Quirinale”.
Altri candidati sono Giuliano Amato e non è la prima volta in quanto è dal 2006 che il Dottor Sottile concorre al toto presidente della repubblica. Anche stavolta ha i suoi estimatori soprattutto in area Pd e potrebbe essere non inviso a Silvio Berlusconi. Pierluigi Casini, moderato, centrista che ha buoni rapporti con tutti, un po’ meno con i grillini. Un politico di lungo corso già in carriera nella Prima Repubblica, che ultimamente ha scelto il silenzio, nessun convegno, nessuna dichiarazione, nessuna intervista. Infine Marcello Pera altro candidato in area salviniana, intellettuale e filosofo che può essere visto in chiave bipartisan, potrebbe essere votato a sinistra, ma con meno possibilità della Moratti che conta sul vantaggio del genere espresso come detto prima da Conte.
Da queste considerazioni e dati che emergono dal dibattito politico, dalle dichiarazioni degli ultimi giorni, si capisce che la partita delle elezioni si gioca trasversalmente sul piano dell’appartenenza politica, e su quella dei tecnici spesso non amati dai partiti e, per fatti avvenuti in passato, dal popolo, il tutto con allo sfondo il tema principale, ovvero l’uscita dalla crisi post pandemia con madrina d’eccezione l’Europa Economica unita.
Va aggiunto che poche altre volte nella storia della Repubblica l’elezione del Capo della Repubblica è stata così incerta e complicata. Nel novero dei candidati, come detto, ci sono altri nomi e allo stato attuale le quotazioni di nessuno di loro tende decisamente al rialzo.