Negli angoli di Shangai le storie di rimpianti e ossessioni si sovrappongono. A margine del fiume Suzhou un corriere è ossessionato dal suo amore perduto mentre un fotografo vive la passione impossibile per una ballerina di night. Anni prima una ragazza si era gettata nel fiume creando la leggenda dell’amante triste. Madar non crede alle leggende e cerca senza sosta quella ragazza di cui è ancora innamorato, forse la danzatrice sfuggente sa qualcosa. In una Shangai opaca e vitale le vite di due uomini si toccheranno fino a svelare che, a volte, la realtà è il ricordo.
La donna del fiume Suzhou è un film di Lou Ye del 2000 . Dopo anni di attesa arriva in Italia questo lavoro che rientra nella corrente romantico esistenzialista del cinema asiatico. Girato in soggettiva si presenta come un melodramma sulle occasioni mancate e sulle passioni confuse nello sporco disincanto di Shangai. La città e la sua atmosfera fanno da contorno a desideri e passioni sfiorate che il tempo trasforma in ragioni per vivere. I protagonisti del film sono anime tormentate e cariche di convenzioni troppo rigide perché godano a pieno un sentimento. In linea con il cinema di Kar Wai il regista ne ricalca le tematiche presentando una vicenda difficile dove la vittoria della volontà non è scontata. Il paesaggio diventa un protagonista che osserva amori e delinquenza riportando un’immagine distorta e coerente dei desideri.
Ogni individuo presente in quella parte di mondo contribuisce a creare le condizioni in cui è necessario credere per andare avanti. Provocazioni lanciate da Memei (la ballerina) ricordano quelle che In The mood for love portava in dote, sfide amorevoli per potersi perdere e ritrovare. Giocato sugli istanti La donna del fiume è un contenitore di emozioni in cui potersi immergere per riflettere sul valore di malinconia e rimpianti. Segreti che nessuno svelerà mai diceva Kar Wai che anche Lou Ye adotta facendoli propri. Un film composto di più anime e più generi quello di Ye, dramma e giallo ma anche filosofia e rischio coesistono in maniera eccellente. La regia è ondivaga e trasporta nella storia lo spettatore permettendogli di vivere a pieno tematiche e sensazioni. Guardando La donna del lago si respira Shangai e la passione strozzata di storie che rimarranno senza finale. Cinema d’autore che ha atteso per troppo il suo palcoscenico.