La gelosia è un sentimento difficile da definire: essa è alla base di sentimenti scabrosi che ribaltano l’ordine giuridico e culturale del momento, causando un “disonore senza legge”. A tal proposito, ripercorrendo le vicende più significative di cui la letteratura greca ci mette al corrente, è possibile constatare che la gelosia causi “anomia”. Tale sentimento, infatti, è probabilmente alla base del comportamento di Perse a danno del fratello Esiodo. L’invidia dell’uomo lo condurrà a corrompere i giudici per ottenere l’eredità del fratello. Inoltre, questo devastante sentimento viene spesso personificato nella letteratura come accade, sempre in Esiodo, nella Teogonia. Dal verso 225 dell’opera, appena citata, viene presentata Eris, la dea della discordia. Da Esiodo essa viene presentata come madre della morte, vecchiaia e inganno.
Sarà Eris, spinta dalla gelosia, a creare disordine e turbamento, in occasione del banchetto in onore del matrimonio tra Teti e Peleo, in quanto esclusa dallo stesso. Pertanto, ella decise di lanciare sul tavolo dei convitati, il pomo della discordia avente su di esso inciso: “alla più bella”, “ΤΗΙ ΚΑΜΙΣΤΗΙ”, suscitando la competizione fra Afrodite, Atena ed Era. Esse, altrettanto gelose perché volevano prevalere sulle rivali, si impegnarono a persuadere Paride, giudice della sfida, a scegliere una di esse, promettendogli tutto ciò che era in loro potere. Ed ecco che la discordia chiamò altra discordia, la gelosia altra gelosia, fino a giungere alla guerra di Troia. Infatti, Menelao, sostenuto dal fratello Agamennone, fu sopraffatto dalla rabbia e dall’orgoglio verso il suo rivale in amore, tanto da muovere le sue truppe contro Ilio. Anche altri protagonisti della guerra di Troia vennero travolti da questo devastante sentimento, come Aiace Telamonio. Infatti, morto Achille, gli Achei decretarono che le sue armi dovessero essere riconosciute ad Odisseo e non ad Aiace. Quindi l’invidia lo condusse alla μανία, all’insania, avrebbero detto i latini, che lo portò a togliersi la vita.
Fino a che punto questo sentimento può condurre la mente umana a compiere gesti efferati? Medea è probabilmente uno degli esempi più significativi di come la gelosia possa trasformarsi in cieca violenza. In particolare, nella Medea di Euripide, si legge che entrambi si trasferirono a Corinto, ove vissero felicemente con i due figli. Tuttavia Giasone, dopo due anni, decise di ripudiarla, perché sposando Glauce, figlia di Creonte, re di Corinto, avrebbe ottenuto il diritto di successione al trono. Ecco che la furia e la gelosia della donna si innescheranno, preannunciatori delle violenze vendicative tra le più atroci. Infatti, sfruttando le sue arti magiche, lei realizzerà una veste avvelenata che, indossata da Glauce, le causerà la morte tra atroci tormenti. E come se non bastasse, uccide anche i propri figli, privando Giasone dalla discendenza, come vendetta.
Questo è un comportamento che ha le sue radici nell’orgoglio ferito e in una profonda delusione. Interessante, a tal proposito, è quanto sostiene il filosofo Sergio Benvenuto nell’opera “La gelosia, impulso naturale o passione inconfessabile?” Infatti, egli si chiede come una madre possa uccidere i propri figli, anche se essi poco o nulla hanno a che fare con le dinamiche familiari conflittuali. Egli sottolinea che l’omicidio di un figlio è l’ossidazione di un tormento interiore contro il compagno-genitore con cui si è creato astio. È l’acmé della battaglia tra ethos e pathos in cui ad averla vinta è la sofferenza che si scaglia violenta contro l’artefice della delusione sentimentale. Ergo: uccidere i figli significa per il partner tradito sopprimere l’ex amante. Certamente tra le dee la più gelosa è Era. L’invidia di Era è dettata dall’amore e dalla sua condizione. Lei è “la regina degli dei” come suggerisce l’etimo del suo nome (dal greco Ἥρα, ovvero signora). Anche il nome latino Giunone (Iuno) rievoca Iuppiter, nominativo indicante il padre degli dei. Anche essa, come Medea, mostra la sua ostilità scagliando la sua ira verso i figli che Zeus ebbe da donne mortali.