La nascita del cinema hard in Italia e il proibizionismo

Articolo di Gordiano Lupi

Il primo nudo parziale femminile al cinema è il seno di Clara Calamai ne La cena delle beffe di Alessandro Blasetti (1942), bissato nello stesso anno da Doris Duranti in Carmela di Flavio Calzavara e replicato nel 1943 da Lida Baarova ne La fornarina di Enrico Guazzanoni. Sempre di seni si tratta e in ogni caso sono fugaci apparizioni che durano lo spazio di una sequenza. Nel dopoguerra la censura è vigile, non si accettano nudi femminili e tutto procede a suon di tagli. In Francia la situazione è diversa ed è caratterizzata da un maggior permessivismo per le scene erotiche, tanto che nasce il mito della “versione francese” di un identico film italiano, interpretata dalle stesse attrici che per il mercato d’oltralpe girano scene osée extra censura (per lo più a seno nudo) da inserire nella pellicola. Di solito sono gli aiuto registi che si occupano delle “edizioni francesi”, spesso utilizzano controfigure e la troupe è ridotta all’osso perché la generica che si denuda accetta di farlo solo se attorno a lei c’è poca gente. Uno dei film girati in doppia versione è il famoso Due notti con Cleopatra di Mario Mattoli (1954), la cui versione francese è di Mariano Laurenti, un veterano del futuro sexy all’italiana. Il film è passato alla storia per un seno nudo di Sophia Loren che comunque non era nuova alle “edizioni francesi”, visto che nella commedia Era lui… sì! sì! di Vittorio Metz e Marcello Marchesi (1951) esibiva un seno nudo di eccezionale bellezza. Le foto di scena di queste versioni dei due film, nei pruriginosi anni Settanta, hanno fatto il giro di tutte le redazioni delle riviste scandalistiche italiane e sono state ripetutamente pubblicate.

Gina Lollobrigida non è da meno ne Le belle della notte di René Clair (1952) dove mostra il suo stupendo sedere nudo solo per un attimo, ma visti i tempi per il pubblico è già molto. Questi sono solo gli esempi più noti, ma esistono molti altri film dove generiche attrici girano versioni per l’estero più scabrose rispetto all’originale per il mercato italiano. Nella nostra penisola la censura è inflessibile, pure se non manca chi la sfida e gira film con scene sexy che però vengono proiettati nella vicina Svizzera. Europa di notte di Alessandro Blasetti (1959) è tra questi, seguito da Sexy di Renzo Russo (1963). Ci sono spettatori italiani che vanno in Svizzera per vedere la versione integrale di questi film e i loro racconti assumono l’aspetto della leggenda. Prende il via la tradizione della “versione per l’estero” che va avanti per tutti gli anni Sessanta e Settanta, fino alla realizzazione dei veri e propri inserti porno. Sono molti i film a doppia versione e le riviste Cinesex e Cinestop ne sono la prova, visto che dalle pellicole erotiche realizzavano fotoromanzi e spesso le sequenze riprodotte su carta erano assenti nella versione cinematografica (1).

2 – Il porno clandestino

Negli anni Sessanta e Settanta il cinema porno è una realtà clandestina.

Nel giugno 1968 i carabinieri di Civitavecchia scoprono un appartamento privato adibito a saletta di proiezione per i film porno. Nel 1969 arrivano fonogrammi dall’Interpol che avvertono di un traffico di pellicole clandestine provenienti dall’Italia. Molto materiale viene sequestrato e il nostro paese si segnala come uno dei principali produttori di porno clandestino. Il centro del traffico è Roma, dove nel 1968 vengono sequestrate cento pellicole hard-core e solo quarantacinque sono rinvenute in casa di un pasticciere. Si fa commercio di film hard nei mercati di Porta Portese e nelle edicole. I consumatori sono gente di ogni classe sociale, persino ricchi e insospettabili collezionisti. Genova è un altro centro di smistamento del porno e proprio in questa città, nel 1969, viene arrestato un grossista che possiede cento film svedesi e danesi. A Modena, nel 1970, la polizia sequestra tredici pellicole porno che venivano proiettate a pagamento (un biglietto costava mille lire) in una saletta privata. Il prezzo di un film porno clandestino arriva fino a sessantamila lire ma c’è chi paga pure il doppio. Ecco perché fiorisce un mercato nazionale di film interpretati da attori improvvisati reclutati per mezzo di ammiccanti falsi annunci economici. Il produttore Pier Luigi Torri subisce un processo per commercio di materiale pornografico e pare che il produttore sia uno dei più attivi reclutatori di ragazze per girare scene hard in case private del romano. Ci sono pure gli artigiani del porno che si attrezzano per fare i loro filmini e la polizia scopre parecchi studi improvvisati. Nel 1971, a Torino, viene arrestato il proprietario di un negozio di materiali edili con l’accusa di sfruttare ragazzini dai dieci ai diciannove anni per produrre materiale hard. A Sanremo invece finisce in galera un postino che gira e mette in commercio film porno interpretati da minorenni. Nel 1972, a Vercelli, un professore del locale Istituto Tecnico e un ragioniere suo ex allievo imbastiscono un set porno a base di studentesse disinibite e squillo. Un genitore riconosce sua figlia mentre fa l’amore con un cane durante una visione privata di un film porno e denuncia tutti. L’accusa per la coppia di improvvisati cineasti è favoreggiamento della prostituzione. Resta solo da dire che se il genitore aveva assistito alla proiezione del film hard proibito forse anche lui non era così puro (2).

3. Il 1979: anno zero del cinema hard

Il 1979 è l’anno in cui il cinema porno viene sdoganato ed esce dalla clandestinità. Prima il cinema era riuscito a far digerire l’erotismo più o meno spinto, una rappresentazione simulata del sesso, ed era stato il cinema d’autore a fare da apripista. Pier Paolo Pasolini su tutti con il suo Decameron del 1971 che dà il via a una serie interminabile di decamerotici licenziosi costruiti a imitazione della pellicola maggiore, Il fiore delle mille e una notte (1974), fino ad arrivare all’indigesto Salò (1976). I primi membri maschili in erezione sono nei film di Pasolini che come tali anticipano il porno per via della loro sessualità non simulata. Altri autori che anticipano il porno sono Marco Bellocchio (Marcia trionfale del 1976) e Pasquale Squitieri (L’ambizioso del 1975). Nel 1976 esce Novecento di Bernardo Bertolucci con la scena della doppia masturbazione di Robert De Niro e Gerarde Depardieu da parte di Stefania Casini. Liliana Cavani nel 1976  gira Al di là del bene e del male con un fallo eretto che provoca quattro sequestri consecutivi da parte del Torquemada d’Abruzzo, il procuratore Bartolomei. Carlo Lizzani si vede sequestrare Kleinhoff Hotel per identici motivi (3).

Gianni Massaro è stato l’avvocato della maggior parte dei prodotti erotici nel periodo Sessanta – Settanta e conferma che la repressione dei censori si sfogava pure sui prodotti d’autore: “Il cinema hard italiano si è diffuso grazie alle battaglie fatte nel cinema impegnato. Tecniche di oscuramento delle scene incriminate comprese” dice.

Il porno è alle porte, tanto che a Milano il 15 novembre 1977 nasce la prima sala a luci rosse: il Majestic. A Roma la prima sala riservata al porno è datata 1978. In ogni caso prima della legittimazione del cinema hard venivano girate lo stesso scene porno per versioni estere di uno stesso film. Gli esempi sono molti e vanno da La notte dei dannati di Walter Ratti (1971) a La portiera nuda di Luigi Cozzi del 1976, passando per scene esplicite girate con Karin Schubert, Marina Frajese, Guja Lauri Filzi e molte altre (4). Venivano inserite nei film erotici alcune sequenze controfigurate con parti di sesso orale, masturbazioni e rapporti espliciti. Nel 1978 la censura taglia a tutto spiano persino i film erotici ma l’hard si fa strada lo stesso. Il sesso al cinema diventa un mercato redditizio soprattutto per la proiezione di film stranieri. Nel 1979 cominciano a circolare nelle sale le prime sequenze porno che vanno a rafforzare i film erotici. Si aggira così la censura inserendo dopo il visto della commissione alcune sequenze che altrimenti non passerebbero mai. Citiamo tra questi film Le porno killers di Roberto Mauri, La trombata di Sergio Bergonzelli e Malabimba di Andrea Bianchi. Spesso le attrici del film erotico dispongono di una controfigura che le rappresenta nella parte porno. La sorte di essere doppiate in scene hard inserite ad arte è toccata ad Anna Maria Clementi, Karin Well, Patrizia Webley, Malisa Longo, Carmen Russo, Monica Zanchi e molte altre. Spesso ci sono state vere e proprie liti giudiziarie tra le attrici che non gradivano l’inserto porno e la produzione. Cinzia De Carolis reagisce con i suoi legali alla scena del pitone che in Libidine  di Raniero Giovanbattista penetra il sesso della sua controfigura non autorizzata. Brigitte Petronio fa causa per il Porno shop della settima strada dove Joe D’Amato inserisce parti hard controfigurate. In alcuni casi la produzione aggira la censura rimontando al film le parti tagliate sfidando un nuovo sequestro, ma più spesso vengono aggiunte scene mai viste dai censori. Ci sono sale cinematografiche che proiettano film sprovvisti di visto censura, ma per loro la sconfitta è certa. L’Embassy di Milano si fa paladino dell’hard e nel 1979 proietta la mitica edizione integrale di Gola profonda priva del visto censura, con il conseguente sequestro da parte della polizia dopo un solo giorno di proiezione. Il sostituto procuratore di Milano, Nicola Cerrato comincia un braccio di ferro con gli esercenti e vengono sequestrati tutti i film privi di visto e si fanno chiudere le sale fuori legge. Il film La parte più appetitosa del maschio, proiettato nel 1980 in modo non regolare, viene sequestrato e porta alla chiusura del Majestic per una settimana. Fanno la stessa fine l’Embassy, l’Eros, il Golden, il Roxy (Clitò petalo del sesso è il film che proiettano) e vengono chiusi a tempo indeterminato. I gestori contrattaccano, proiettano film mai sottoposti a censura e fanno entrare gratis il pubblico. Nella loro azione non c’è scopo di lucro e quindi parte delle accuse decadono. Carlo Tognoli, sindaco socialista di Milano, è anche lui nel fronte anti porno e si dà da fare per chiudere esercizi che proiettano hard non autorizzato. L’esercente dell’Hermes viene addirittura arrestato. Il 14 dicembre del 1979, a Firenze, la squadra mobile irrompe in tre cinema per adulti e sequestra pellicole e incassi. A Bologna il sostituto procuratore Luigi Persico sospende la programmazione dei sette cinema porno cittadini. Il 22 febbraio del 1980 c’è il primo processo a Ilona Staller, in arte Cicciolina, che a Napoli si prende quattro mesi di reclusione per il film Cicciolina amore mio. Il film era stato sequestrato a Benevento e poi assolto, ma questa volta è sequestrato e se ne ordina la distruzione di tutte le copie. A Roma nell’agosto 1981 vengono sequestrate undici pellicole in un giorno. Torna la severità nel mondo dell’hard e la repressione fa salire la domanda che provoca il boom del porno nelle sale italiane. Nel 1979 a Milano vengono distribuiti centoventicinque film porno, nel 1980 il numero sale a centocinquantacinque, nel 1981 sono addirittura duecentoquaranta. Gli spettatori aumentano e ci sono film capaci di totalizzare dai sessantamila ai centocinquantamila spettatori. Le porno ereditiere e Supersex si avvicinano ai film di prima fascia come numero di biglietti staccati. Il porno diventa un fenomeno di massa e i produttori cominciano a vederlo come una mucca da mungere per il positivo rapporto costi – benefici. Il porno in ogni caso viene ghettizzato in locali specializzati “a luci rosse” che sono sottratti alle analisi di incasso del cinema ordinario.

A metà degli anni Settanta assistiamo al fenomeno di un primo cambiamento televisivo nei confronti del sesso e dell’erotismo. La televisione di Stato nasce puritana e soggetta a rigida censura, ma dopo il 1975 ci pensano le televisioni private a cambiare musica. La liberazione dell’etere porta un proliferare di pellicole erotiche passate in seconda serata o in orari notturni. Cominciano spettacoli di strip con sexy star come Anna Maria Clementi o il transessuale operato Ajita Wilson. Passano film come Gola profonda, Le ragazze pon pon, Ilsa la belva delle SS e via dicendo. Nicola Cerrato, procuratore di Milano, ci prova ad arginare il sesso sulle televisioni private, ma non ce la fa. Qualche antenna viene fatta chiudere ma le più continuano a passare film erotici e porno, pure senza autorizzazione. Dopo il 1976 un po’ di erotismo si comincia a vedere anche nella nuova Rai. Canale 5 nel 1982 sfida la legge trasmettendo I racconti di Canterbury e Malizia, film vietati ai minori di anni diciotto, ovviamente infarcendoli di messaggi pubblicitari. Da citare l’episodio che vede protagonista Nadia Cassini (sarà la sua fortuna) accusato per “spettacolo osceno” da un avvocato di Firenze durante la trasmissione televisiva Settimo anno (Rai Due – 16 aprile 1978). Il balletto mostra in modo esplicito il fondo schiena di Nadia Cassini che lo dimena voluttuoso davanti a un esterrefatto Lando Buzzanca. L’avvocato parla nel suo esposto di “invito evidente all’atto contro natura”. Ilona Staller invece si vede cancellare il previsto programma C’era tre volte – favole per adulti, già pronto ma giudicato inadatto alla programmazione. Per la televisione la legge Mammì del 1990 pone fine all’anarchia vietando i film ai minori di anni diciotto e facendo passare in seconda serata quelli vietati ai minori di anni quattordici. Il risultato è che certi film vietati ai minori di anni diciotto vengono tagliati selvaggiamente per poter passare almeno in seconda serata e altri non si vedo proprio (5).

4. Censura e hard

Nel 1980 il mercato dell’hard è florido ma dietro l’angolo c’è il nemico di sempre, la censura, con il suo doppio controllo. Prima c’è la commissione ministeriale che rilascia il visto e poi ci sono i magistrati locali che possono ordinare il sequestro di pellicole oscene. I censori adottano criteri assurdi desunti da mondi estranei al cinema. Il giudice Angelo De Mattia, per esempio, si rifà al concetto di “modica quantità sessuale”, come per la droga. De Mattia tenta di individuare un valore medio, un margine di sicurezza che vada bene per tutti, tanto per lo smaliziato fruitore abituale di porno quanto per il benpensante moralista.  Va da sé che è operazione impossibile. L’idea del giudice è che un’opera dell’ingegno non va limitata nel momento creativo, ma i limiti vanno apposti al momento della sua diffusione. Il vaglio deve essere preventivo alla proiezione pubblica e deve basarsi sul concetto di oscenità. Il giudice De Mattia per primo parla di appositi locali dove un’opera dell’ingegno giudicata oscena possa essere visionata da addetti ai lavori e persone che comunque sanno quale tipo di spettacolo vanno a vedere. È una sorta di autorizzazione implicita per le sale “a luci rosse”. La censura si presenta come un avversario difficile e i produttori scelgono la strada di presentare in commissione censura una prima versione epurata dai contenuti più espliciti. Al posto delle sequenze porno vediamo romantiche passeggiate mano nella mano e riprese edificanti. Basta assistere a una qualsiasi versione soft di un film di Joe D’Amato per rendersene conto. Una volta ottenuto il visto si fa girare per le sale la versione hard originale. Altri produttori più spregiudicati impiegano uno stesso visto per più film e anche nulla osta contraffatti. Aristide Massaccesi, in arte Joe D’Amato, ha detto che tutti sapevano di questi trucchetti e che la censura lasciava correre per quieto vivere. Se lo dice lui che era uno specialista del campo c’è da credergli. Di fatto le sale a luci rosse proiettano pellicole ai limiti della legalità e in una situazione tutta italiana di carenza legislativa (6). Passano alcuni anni di relativa tranquillità e ci sono pochi sequestri fino al 1982, anno che si caratterizza per una sterzata punitiva. Sino ad allora il film porno veniva accusato di oscenità e sequestrato. Dal 1982 in poi si parla non solo di oltraggio al pudore, ma anche di falso in atto pubblico, truffa e associazione a delinquere.  Il primo a usare questi capi di imputazione è il Procuratore della Repubblica di Civitavecchia, Antonino Lojacono, che accusa produttori e distributori per aver sottoposto alla censura copie difformi da quelle circolati per le sale. I film sono manomessi (falso in atto pubblico) e la truffa è ai danni degli esercenti che ritengono di proiettare un film in piena regola. Si parla anche di associazione per delinquere a fini di lucro. Cominciano i sequestri a tappeto e Lojacono dispone il ritiro su tutto il territorio nazionale di centottantanove film porno (ordinanze 29 gennaio e 8 marzo del 1982). La Procura autorizza polizia, carabinieri e guardia di finanza a sequestrare cautelativamente tutti i film porno circolanti in Italia. Il provvedimento definisce film porno tutti quelli che presentano: a) organi genitali maschili e femminili esibiti in primo piano o nel corso degli accoppiamenti; b) cunnilinctus (leccamenti o succhiamenti di organi genitali maschili o femminili); c) eiaculazioni; d) altri atti sessuali abnormi visti nei particolari di organi genitali in funzione o in preparazione di accoppiamenti. Negli stanzoni della Procura della Repubblica di Civitavecchia affluiscono un gran numero di film che spesso vengono sequestrati solo per un titolo allusivo. Tutto per verificare se nelle pellicole c’è stata o meno manomissione. Il Ministero del Turismo e dello Spettacolo è d’accordo e plaude al provvedimento, sbandierando con ingenuo candore che “il trucco delle scene aggiunte è stato scoperto per puro caso”. Produttori, distributori ed esercenti si ribellano e indicono scioperi delle sale, formano sindacati a luci rosse e chiedono interventi governativi. La paura è quella dei templi biblici che serviranno per visionare la grande quantità di materiale sequestrato. La Procura Generale presso la Corte di Cassazione nel novembre del 1982 chiede l’annullamento dell’ordinanza Lojacono e del relativo decreto di sequestro, perché fuori competenza territoriale. Si apre il dibattito giuridico e fioccano le prime sentenze contraddittorie. Il 24 novembre del 1982 il Tribunale di Venezia proscioglie il distributore del film tedesco Pornolesbo perché “non è da ritenersi offensiva del pudore una pellicola destinata inequivocabilmente a un pubblico che vi assiste proprio perché attratto dalle sequenze che lo dovrebbero offendere”. Il Tribunale di Firenze invece condanna due esercenti sulla base di un ragionamento opposto adducendo un ipotetico “interesse collettivo”. Si apre un’inchiesta pure sulle commissioni di censura che in passato sarebbero stare troppo permissive nei confronti del cinema porno. L’azione del giudice Lojacono mette in crisi il mercato del porno. A Genova vengono sequestrate trenta pellicole hard, a Torino sono presi di mira noleggiatori, sale e distributori. A Roma si corre ai ripari cambiando programmazioni e inserendo film in regola con il visto censura. Milano è la città che più si ribella all’ondata proibizionista e i cinema del capoluogo lombardo prima proiettano un po’ di soft-core, poi decidono di tornare al porno puro senza pubblicizzare titoli e contenuti. La tattica viene utilizzata anche da molti altri cinema italiani e inizialmente serve a  spiazzare le forze dell’ordine che non sanno cosa si proietta in sala. Il 2 agosto 1985 è il questore di Milano, Antonio Fariello, a disporre l’irruzione simultanea di oltre cento agenti di pubblica sicurezza in ventuno cinema cittadini. Ne consegue l’immediato sequestro dei film trovati privi di visto censura e la denuncia dell’esercente per spettacolo osceno in luogo aperto al pubblico. L’azione della polizia per la prima volta viene sollecitata da associazioni di cittadini indignati e da associazioni di famiglie a tutela del pubblico decoro. Il 9 gennaio 1987 la terza sezione penale della Corte di Cassazione emette una sentenza storica che sancisce la legittimità del cinema per adulti anche in Italia. L’estensore della sentenza (Angelo Grieco) afferma: “La società, parallelamente alla evoluzione dei concetti di pudore e osceno, ha riconosciuto che specifiche manifestazioni, in particolari circostanze di luogo – ma pur sempre tali da consentire a soggetti indeterminati l’approccio – possono essere realizzate senza provocare lesioni dei comuni sentimenti di riservatezza, decoro e pudore”. La sentenza è tardiva perché ormai il cinema hard è stato travolto dall’arrivo delle VHS e dal mercato Home Video (7).

5. Le crociate antiporno

Il cinema porno nella fase di sua maggiore espansione vede contro di sé la magistratura, le femministe, i neonazisti, i cattolici, i comunisti, i reazionari e i progressisti, uomini di governo e di opposizione, tutti uniti in una vera e propria crociata di sapore proibizionista. La lotta al porno assume anche contorni violenti e intolleranti. Un gruppo che si firma “Compagne organizzate per il contropotere femminista” si rende colpevole di quattro attentati in altrettanti cinema a luci rosse di Roma. Nella notte del 7 dicembre 1979 infatti vengono piazzati quattro ordigni incendiari tra le poltrone dei cinema Ambasciatori, Majestic, Jolly e Blue Moon. Alcuni passanti notano una nube di fumo nero uscire da una finestra dell’Ambasciatori e i vigili del fuoco prevengono il peggio, pure se lo schermo e novanta poltrone risultano danneggiati. Il Majestic va a fuoco ed è completamente distrutto dalle fiamme, pure gli inquilini dei piani superiori fuggono dallo stabile e uno di loro viene ricoverato per intossicazione. I danni sono calcolati in centinaia di milioni di lire e per fortuna la sala risulta coperta da assicurazione. Va meglio al cinema Jolly perché tra le sue poltroncine viene rinvenuto un congegno inesploso (8). Il gruppo femminista rivendica gli attentati e nello stesso periodo ne compie un altro spettacolare contro il legale di Angelo Izzo, lo stupratore del Circeo tornato nel 2005 alla ribalta delle cronache. Il delirante comunicato parla di attentati ai centri di mercificazione e oggettizzazione della donna (9). Le femministe sono contro la pornografia e una sociologa come Erika Kaufmann afferma che i film porno sono di un maschilismo tremendo perché girati dalla parte dell’uomo. Franca Rame va oltre e condanna pure le donne che interpretano questo tipo di film che fa perdere loro ogni dignità. Guya Laura Filzi, nota pornostar, controbatte le affermazioni femministe e dice che lei fa quel lavoro solo perché le piace e potrebbe smettere in ogni momento. La sua tesi è che non fa cinema porno per motivi alimentari e solo questo non lo rende né mortificante, né mercificante. Non è sempre così e la verità forse è a metà strada tra le dichiarazioni intolleranti delle femministe e la tesi edulcorata della pornostar. I cattolici già erano contro l’erotico d’autore e il sesso in genere ed è ovvio che pure loro fanno parte della crociata proibizionista. Parlano di “volgarità” e di “sfrenata lussuria” pure a proposito di casti nudi televisivi e l’associazione cattolica “Amici dello spettacolo” organizza sit-in e volantinaggi davanti ai cinema a luci rosse.  Nasce un’insolita alleanza tra cattolici e femministe che sono impegnate a darsi man forte in identiche operazioni. Pure il gruppo neonazista Ludwig (Wolfang Abel e Marco Furlan) si unisce alla protesta e nel 1983 provoca un incendio all’Eros Sexy Center di Milano. Nel rogo muoiono sei spettatori e dieci vengono ricoverati per intossicazione. I politici di governo sono pure loro contro il porno e colpiscono le televisioni libere che passano film vietati ai minori di anni diciotto. Ma il porno non trova difensori per la sua causa perché anche il comunista Antonello Trombadori plaude al rigore morale. Per disincentivare la proiezione di film hard vengono tolte agevolazioni fiscali e contributi per le sale a luci rosse e viene introdotta una tassa per i prodotti di importazione. Il ministro dello spettacolo Bernardo D’Arezzo prospetta l’abolizione della censura e l’introduzione di una tassa sul vizio (così detta porno-tax) e la creazione di un circuito specializzato in hard-core. Non pare una cattiva idea ma viene osteggiata da tutti. D’Arezzo sarebbe d’accordo anche con il porno in televisione ma soltanto dalle due alle cinque del mattino e dietro pagamento della porno-tax. L’idea del ministro non passa ed è oggetto di ironia da parte di quasi tutta la stampa, tanto che D’Arezzo dopo poco ritira il progetto di legge. Nel 2002 però la porno-tax torna di moda e c’è chi la chiede per l’hard, ma alla fine non se ne fa di niente per via dei grandi interessi economici del giro del porno. La finanziaria 2005 invece inserisce la porno-tax come un metodo per risanare il bilancio studiato dal ministro Tremonti.  Non è un’idea nuova, comunque.

Nonostante la crociata compatta il cinema hard-core prende campo e l’unico nemico capace di sconfiggerlo sarà il videoregistratore con la crescita del mercato Home Video, che porta a una crisi del cinema in generale e del porno in particolare. Le prime fasi del mercato Home Video sono caratterizzate dal porno ed è dal 1981 che l’hard si sposta dalle sale a luci rosse per approdare al più tranquillo consumo casalingo. Il videoregistratore dà il colpo di grazia all’ultimo cinema di genere italiano. Riccardo Schicchi è il primo a capire il cambiamento del vento e le potenzialità del nuovo mercato, per questo con la nascente Diva Futura punta tutto sulla nuova tecnologia. Orgia atomica con Ilona Staller (1984) è il primo prodotto realizzato e distribuito in VHS senza passare per le sale. Il successo è clamoroso, tanto che Schicchi appronta in pochi mesi Il pornopoker e La conchiglia dei desideri, sempre con la Staller protagonista. Il prodotto per il video fa decadere la storia, la parte narrativa che piaceva ai pionieri alla Joe D’Amato. Il porno diventa all-sex ed è solo un prodotto commerciale che non ha niente del vero cinema e spesso si specializza in settori con pratiche bizarre (anal, zooerastia, pissing, coprofilia, transex, omosex). Le attrici che fanno la parte del leone sono le veterane Ilona Staller e Marina Frajese, ma presto si aggiunge Moana Pozzi che porta alla corte di Schicchi anche la sorella Baby. Vengono reclutate per il porno su video anche attrici dal passato nobile come Paola Senatore (Non stop…sempre buio in sala), Karin Schubert (Morbosamente vostra) e Lilli Carati (Una moglie molto infedele). Nascono pure le star maschili del calibro di John Holmes (Carne bollente, Supermaschio per mogli viziose). I registi definiti pionieri del cinema hard sono: Massaccesi, D’Agostino, Gaburro, Siciliano, Cavallone, Leacche, Vani, Di Giovanbattista e Girometti. Tra le attrici e gli attori del primo porno ricordiamo: Guya Lauri Filzi, Laura Levi, Sabrina Mastrolorenzi, Mark Shanon, Marina Frajese e Annj Goren. Il Majestic di Milano, vero simbolo dell’hard, chiude il 30 agosto del 1992 e segna la fine di un’epoca (10).

6. Panoramica sul cinema porno

Tra il 1979 e il 1980 l’hard dilaga nel nostro paese e si passa dai prodotti d’importazione e dall’inserto di immagini hard nei film erotici alla produzione di vero e proprio cinema porno. I costi delle pellicole sono contenuti (50 – 60 milioni di lire) e le speranze di guadagno molto alte perché nel pubblico c’è grande interesse. Gli stipendi in questo tipo di cinema non sono alti: un regista prende dai quattro ai cinque milioni a pellicola, un’attrice nota come Marina Frajese non supera i sei milioni a film, un attore medio non guadagna più di cinquecentomila lire. Il primo film hard italiano è Sesso nero di Joe D’Amato che lo gira a Santo Domingo insieme ad altre pellicole analoghe. È vero che prima ci sono stati inserti porno e versioni per l’estero, ma Sesso nero è il primo hard girato come tale a essere proiettato in Italia nella sua versione integrale. Un prodotto coraggioso che nel 1980 esce nei cinema di Torino, Milano e Roma con grande successo, ma ancora oggi è un film che si fa guardare con piacere, perché si tratta di un porno con una storia. Dal 1980 al 1984 assistiamo a un proliferare dell’hard, tanto che vengono prodotte ben centosedici pellicole porno. Aristide Massaccesi (in arte Joe D’Amato) è il pioniere dell’hard italiano e l’indiscusso protagonista della sua prima fase, visto che in quel periodo gira ben ventitré film. Il suo hard si caratterizza per una grande attenzione verso soggetto e sceneggiatura, per la cura nella confezione del prodotto a livello di regia, scelta di locationes esotiche e fotografia da manuale. I suoi migliori hard sono quelli del periodo dominicano (dove gira anche alcuni interessanti erotici), ma non vanno dimenticati i successivi che firma come Alexander Borsky (Le porno investigatrici) e la trilogia del porno peplum (Caligola, Messalina e Una vergine per l’impero romano). Massaccesi passa i maggiori guai con la censura proprio a causa dei tre porno storici di ambientazione romana che vengono tagliati al punto di subire una drastica alterazione del contenuto. Basta vedere quello che è rimasto di Caligola… la storia mai raccontata, nato come porno contaminato da scene di violenza estrema, e ridotto a un soft-core che a ogni scena spinta abbandona lo spettatore sul più bello. I guai giudiziari costringono Massaccesi a smettere con il porno perché nel 1982 ha collezionato ben diciotto mesi di reclusione, frutto di diverse denunce che sono costate al regista alcune condanne per due o tre mesi di galera. Se Massaccesi avesse superato i ventiquattro mesi di condizionale sarebbe dovuto andare dietro le sbarre per davvero. Per questo motivo Massaccesi accantona il porno per riprenderlo quando sarà passata la tempesta, insieme a Franco Lo Cascio, nella parte terminale della sua vita. Il periodo in cui Lojacono ordina sequestri generalizzati è troppo pericoloso e i carabinieri sono una presenza ingombrante sui set del cinema hard. Per completare il discorso sui registi dobbiamo dire che gli autori più interessanti del cinema hard italiano sono stati: Mario Siciliano, Mario Bianchi, Antonio D’Agostino, Sergio Bergonzelli, Alberto Cavallone, Bruno Gaburro, Lorenzo Onorati, Angelo Pennacciò, Arduino Sacco, Roberto Bianchi Montero, Raniero Di Giovanbattista, Giuliana Gamba (unica donna tra tanti uomini e allieva di Massaccesi), Giovanni Leacche, Bruno Vani, Roberto Girometti e Renato Polselli. Mario Bianchi va ricordato per aver fatto anche qualche buon soft e per aver lanciato nel film erotico Una storia ambigua la soubrette Minnie Minoprio e Michela Miti in Biancaneve & co. Quasi tutti questi registi hanno problemi con la censura e condanne a qualche mese di reclusione con il beneficio della condizionale. La professione del regista hard è sempre stata un mestiere a rischio (11).

7. Le attrici del cinema porno

Anna Maria Napolitano è una ragazza di Bologna che si trasferisce a Roma e gira una manciata di porno con Massaccesi sotto il nome di Annj Goren. Quattro film pionieri dell’hard girati a Santo Domingo con un cast composto da tre attori porno (Annj Goren, Mark Shanon e la dominicana Lucia Ramirez) e tre soft (Dirce Funari, George Eastman e Laura Gemser). Annj Goren è la protagonista del cult Sesso nero e quindi si aggiudica la palma di prima interprete del porno italiano. La troviamo impegnata anche in Porno Holocaust, un ibrido e curioso porno horror, Hard sensation e Porno esotic love. Annj Goren ha qualche problema di tossicodipendenza e il personaggio che interpreta in Porno esotic love pare riferito alla sua esperienza di vita. Le voci che corrono riferiscono che l’ex studentessa bolognese faccia hard per necessità economiche legate al consumo della droga, ma non c’è niente di certo. Pare però che ci sia una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Pescara nell’aprile 1998 a carico di una non meglio precisata Anna Maria Napolitano. A meno che non si tratti di un caso di omonimia…

Maria Ramunno è un’hardista per caso e per bisogno che trascorre un’infanzia difficile con un padre alcolizzato che picchia lei, sua madre e la sorella. Maria scappa presto di casa e per campare fa i lavori più disparati, fino a quando, per puro caso, entra nel giro del cinema hard e comincia a girare diverse pellicole che affronta con grande serenità. Sono molte le interviste nelle quali afferma: “Sul set provo quasi sempre piacere”. La carriera di Maria Ramunno viene interrotta dalla magistratura che nel 1981 la fa arrestare con l’accusa di aver organizzato esclusivi droga party a Ostia.

Barbara De Massi nasce a Ravenna, si trasferisce a Roma per fare cinema hard sotto il nome d’arte di Guya Lauri Filzi. Si tratta di una stakanovista del porno visto che gira più di cinquanta pellicole in quattro anni e, a suo dire, lo fa soprattutto per passione. Disinibita e procace, di lei è rimasta nella storia la frase: “Mi piace l’hard e posso smettere quando voglio”. Detto e fatto, Guya Filzi la fa finita con il porno nel periodo dei sequestri Lojacono che fanno paura un po’ a tutti e pure lei non se la sente di rischiare la galera. Dopo il cinema per un certo periodo di tempo gestisce una boutique a Roma. Adesso non sappiamo dove sia. 

Gabriella Tricca si fa chiamare Laura Levi ed è una donna molto intelligente, laureata in architettura con centodieci e lode, data in prestito per alcuni anni al cinema hard. La scelta del porno pare una conseguenza di necessità economiche contingenti che la costringono ad accettare ruoli che non ama. Interpreta Blue erotic climax e altri film porno con Massaccesi che di lei ricorda il marito semiparalizzato con cui gestiva un ristorante. Secondo i ricordi di Joe D’Amato, la Tricca si butta nel porno quando il ristorante comincia ad andare male. Pare poi che il marito sia un po’ maniaco e che gli piaccia andare sul set per vederla “recitare”. Poi la Tricca lascia il marito e si mette insieme a un attore di fotoromanzi che la convince a lasciare il mondo dell’hard. Non le resta difficile perché a lei non piaceva per niente e lo faceva solo per necessità. Adesso Gabriella Tricca fa tutt’altro e non vuole neppure sentir parlare di quel periodo della sua vita. Ha pubblicato un libro di poesie nel 1988 (Bianchi passi dell’anima) e un volume fotografico sugli spaventapasseri. Per vivere fa l’architetto e la procacciatrice di affari.

Sabrina Mastrolorenzi è la più giovane esordiente del porno italiano, visto che calca il set di Fashion movie che ha appena compiuto diciotto anni. Per via del suo volto angelico e di un corpo acerbo dalla bellezza irregolare, i registi la cercano per ruoli da Lolita supersexy. Sabrina si propone a D’Agostino come interprete di una pellicola porno, ma il regista la rifiuta perché non è ancora maggiorenne. Per le sue frequenti fughe da casa è segnalata dalla polizia come “minore con la tendenza a scomparire” ed è per colpa del suo carattere irrequieto che approda al cinema hard. Fa molti film con Massaccesi, D’Agostino e Cavallone, caratterizzandosi per ruoli disinibiti e provocanti che toccano il loro culmine nell’hard interessante e intellettuale di Cavallone.

Tra le attrici minori citiamo Sandy Samuel, una milanese dal carattere scontroso che non vuole nessuno sul set quando gira scene porno, e Lucia Ramirez, una prostituta dominicana aggregata da Joe D’Amato alla troupe caraibica. Tra le straniere che hanno lavorato in Italia ricordiamo: Sonia Bennet, Pauline Teutscher, Francoise Perrot e Nadine Roussial. Tra gli uomini va citato il grande Mark Shanon (Manlio Cersosimo) che scopre la vocazione per il porno grazie a una scena con Carmen Russo ne Le porno killers e diventa l’attore di culto del porno prima maniera. Cersosimo non riesce a nascondere una notevole erezione in una scena erotica simulata sotto la doccia e al regista che lo rimprovera risponde: “Aho’, io so normale!”. Joe D’Amato lo arruola subito per Santo Domingo dove lo impiega in tutti i porno caraibici. Tra i suoi film ricordiamo il primo hard italiano Sesso nero, ma ne ha fatti molti, visto che era ricercato per via della grande resistenza fisica.

Giuseppe Curia è un ex generico che fa l’hard e ci interessa parecchio per via dei molti problemi con la giustizia. Fa il fotografo, si arrangia, vive di furti e di espedienti. A vent’anni si fa notare nel mondo della malavita e compie insieme a un complice una rapina ai danni di un anziano. Ruba settecentomila lire (frutto di una colletta) che servivano all’uomo per il ricovero del figlio malato. Nell’ambiente del cinema hard c’è chi lo chiama “il ricattatore” e pare sia stato diverse volte in galera. In ogni caso è un volto molto pasoliniano, pure se viene scoperto da Polselli, ed è uno degli attori più richiesti del cinema porno italiano (12).

8. Vizi privati e guai giudiziari di Marina Frajese, regina del porno

Marina Hedman è una bionda svedese dagli occhi azzurri e il fisico prorompente, la prima vera diva del nostro porno. Rappresenta bene la mitizzata figura della peccaminosa svedese calata dal nord a caccia di maschi nostrani. Marina nasce a Goteborg nel 1944 e le cronache si occupano a lungo del suo amore con il giornalista Rai Paolo Frajese (in Svezia per un servizio televisivo) che segue in Italia dando un calcio alla sua carriera di fotomodella. Marina e Paolo si conoscono che sono molto giovani (vent’anni lei e venticinque lui), si sposano presto e dal loro matrimonio nascono due figli. Per un po’ di tempo la bionda svedese pensa solo alla famiglia, ma quando i ragazzi cominciano a essere grandi sente il richiamo irresistibile delle scene. Lei accetta tutto in attesa di una grande occasione che non si presenta, ma in compenso arrivano i primi Caroselli televisivi (dentifricio Ceccarelli, Bairo, Ballantine, Molinari…). L’esordio nel cinema avviene nel 1976, dopo il divorzio dal marito, e il tipo di pellicole che le vengono offerte (visto il fisico e i tempi) sono solo erotiche e porno. Il suo primo film è Donna cosa si fa per te di Giuliano Biagetti (1976), poi la troviamo ne La pretora di Lucio Fulci ed Emanuelle in America di Joe D’Amato (dove fa un inserto porno molto spinto). Subito dopo arrivano Il ginecologo della mutua di Joe D’Amato e Le notti porno nel mondo del duo Massaccesi – Mattei. Nel 1977 la rivista Playboy le dedica un servizio fotografico di Bruno Oliviero ed è il segnale di una raggiunta notorietà tra il pubblico del cinema sexy. Tra l’altro il servizio di Playboy dà il via alla polemica tra l’attrice e l’ex marito e gioca molto sulla popolarità di Paolo Frajese come giornalista televisivo. Marina intanto recita piccole parti nel cinema normale, ma sono apparizioni di poco conto. Tra questi film citiamo Primo amore di Dino Risi e Come perdere una moglie… e trovare un’amante di Pasquale Festa Campanile. Le pellicole erotiche – anche piuttosto spinte – fanno la parte del leone e la troviamo impegnata con Le notti porno nel mondo 2, Emanuelle e le porno notti e Nudeodeon. Nonostante questo Marina non sfonda e il momento del successo è ancora lontano, pure se nel 1978 la eleggono Lady Europa e subito dopo Playmen la presente ai suoi lettori come mamma l’ha fatta. Nel 1978 esce Le mani di una donna sola di Nello Rossati, un erotico psicologico molto vicino all’hard che è il suo primo film da protagonista. La sua seconda prova è dell’anno successivo con l’ancora più spinto ed eccessivo Il mondo porno di due sorelle di Franco Rossetti. Marina Frajese sull’onda del primo successo passa in prestito al calcio come testimonial della Fiorentina, società per la quale dice di provare molta simpatia, e appare vestita da calciatrice in maglietta viola sul Guerin Sportivo. A quel tempo lo facevano molte attrici dell’erotico italiano e a fine anno la popolare rivista sportiva pubblicava un calendario che raffigurava un insolito connubio tra dive sexy e squadre di calcio. Ricordiamo ancora una sensuale Gloria Guida vestita con la maglietta della nazionale italiana prima di un campionato mondiale (13). 

Il primo caso giudiziario che vede protagonista Marina Frajese è la condanna a sei mesi di reclusione (con la condizionale) per l’omicidio colposo del ventitreenne Massimo Bucci. La sentenza è del gennaio 1979 ed è redatta dal Tribunale di Roma per una tragica fatalità avvenuta tre anni prima. Massimo e Marina rincasano insieme dopo una cena di compleanno da alcuni amici passata in allegria e spensieratezza. Massimo è innamorato di Marina, da tempo le fa una corte insistente, telefona ogni giorno, chiede appuntamenti e vorrebbe uscire con lei. Marina invece lo considera solo un amico e cerca di dissuaderlo da un amore impossibile, non gli dà speranze. Quella sera però il ragazzo le fa tenerezza ed è così che lo invita a salire sulla sua auto per rientrare insieme. E poi lui ha bevuto troppo, non può certo guidare in quello stato, potrebbe essere pericoloso. Marina mette in moto la sua auto e il ragazzo pare felice di sedere accanto alla donna che ama, sorride, le fa qualche complimento, ma niente di più. Quando arrivano nei pressi della stazione di Trastevere le avances di Massimo si fanno più insistenti. Lui comincia ad allungare le mani verso la gonna di Marina che cerca di calmarlo ma non ci riesce. Massimo è completamente ubriaco, non si tiene più e le salta addosso. Marina perde il controllo dell’auto che si va a schiantare contro un albero. L’attrice esce fuori senza neppure un graffio. Massimo invece batte la testa sul parabrezza e muore sul colpo. Una tragica fatalità che getta Marina nella disperazione più totale, convinta com’è di aver ucciso un caro amico, pure se non può dirsi responsabile della sua morte. La bella svedese si butta anima e corpo nel lavoro e per dimenticare le disavventure della vita cerca il successo. Nuovi guai giudiziari sono dietro l’angolo e questa volta è l’ex marito Paolo che le fa causa per ottenere la potestà sui figli, adducendo come motivo la vita spregiudicata della ex moglie (14). Marina in questo periodo va avanti tra hard e piccoli ruoli nel cinema di serie A (Gegè Bellavita di Pasquale Festa Campanile, La città delle donne di Federico Fellini, Immagini di un convento di Joe D’Amato e Playmotel di Mario Gariazzo). In Libidine di Raniero di Giovanbattista (1979) c’è una scena molto spinta tra lei e il transessuale di colore Ajita Wilson che è rimasta famosa negli annali del cinema hard. Il film viene sequestrato anche per una sequenza che vede una sorprendente Cinzia De Carolis (attrice dell’erotico) alle prese con un serpente infilato nella vagina.

Di questo periodo è la famosa scena in Happy birthday, Harry! dove Marina è vestita con schiuma da barba sul sedere e sul seno, sconvolgendo alcune persone che passano per caso dal set. 

Nel 1980 Marina comincia a fare il porno da protagonista dopo aver debuttato con Sì… lo voglio di Angelo Pennacciò dove interpreta una squillo un po’ lesbica in una casa retta da una maîtresse come Guya Lauri Filzi. La Frajese si afferma come diva del porno italiano con un film che la rende popolare tra i fan: Lea, orgasmo esotico, subito seguito da Morbida… Marina e la sua bestia. La sua popolarità cresce al punto da convincere i produttori a mettere spesso il suo nome nel titolo ed è una cosa che capita solo a poche attrici. Mario Siciliano gira molte pellicole con lei protagonista che hanno come base solo il suo corpo e spesso Marina utilizza lo pseudonimo di Marina Lotar. Nonostante il successo nell’hard Marina non dimentica il cinema tradizionale e la troviamo nel cast di film come Delitto a Porta Romana, La bestia nello spazio, La compagna di viaggio e Una moglie, due amici, quattro amanti. La sua strada è comunque il cinema hard e il sodalizio che la lega a Mario Bianchi è il più duraturo e fruttuoso, visto che nel periodo 1980 – 1990 gira con lui almeno quindici porno con relativa versione soft. Ricordiamo tra i tanti: La dottoressa di campagna, La bimba di Satana e Chiamate 6969 taxi per signora. Il nome di Marina Frajese (o Lotar che dir si voglia) è sinonimo di garanzia per il pubblico dell’hard, soprattutto perché lei fa ogni tipo di scena e non delude mai. Marina è la prima vera star del sistema hard e riviste per adolescenti in calore come Ov, Break e Blitz le dedicano spesso la copertina. Le riviste scandalistiche mettono sempre bene in evidenza il fatto che “la porno star Marina Lotar è la ex moglie di Paolo Frajese”. L’accostamento insolito tra un compassato mezzobusto televisivo e una diva del cinema porno fa cassetta e incuriosisce i lettori. Nel 1985 l’ex marito vince la lunga vertenza giudiziaria con Marina e le proibisce di usare il suo cognome. Per reazione la stampa scandalistica pone ancor più l’accento sul fatto che la pornostar è la sua ex moglie. Blitz esce con una copertina fantastica che fa vedere lei nuda e l’ex marito in un riquadro mentre mostra un’espressione imbambolata (15). 

Marina Frajese va avanti per la sua strada e compie un exploit innovativo dandosi all’hard zoofilo in Mordiba… Marina e la sua bestia di un regista trasgressivo come Renato Polselli. Marina fa l’amore con i cavalli, confessa a Ov che le piace e decanta la grossezza del loro membro. I suoi porno da edicola girati da Franco Lo Cascio (si firma Lucky Faar Delly) sono un successo, pure se le VHS al tempo costano molto. Marina è la regina del porno italiano e nel 1986 decide di provare a fare teatro con una rivista itinerante che è un mix di sesso e spettacolo, una cosa di buon gusto che non ha niente a che vedere con l’hard. Nonostante il successo nel porno, di tanto in tanto la vediamo in ruoli marginali del cinema normale dove spesso interpreta se stessa o parti vicine al suo ruolo nel mondo del porno. Ricordiamo fugaci apparizioni in Delitto sull’autostrada, Fantozzi subisce ancora e Delitto al Blue Gay. Marina fa l’hard perché le piace. I suoi colleghi attori e i registi che l’hanno diretta confermano che sul set era bravissima e professionale. Mark Shanon la ricorda come “una bellissima donna che sapeva quello che faceva”. Massaccesi e D’Agostino ci lavorano volentieri perché lei non ha nessun problema a girare le scene più estreme. Marina non ha remore o rimpianti di sorta, vive il mondo dell’hard come una famiglia e dice che il suo lavoro è privo di ipocrisie. “Io non vado a letto con gli uomini per avere una parte. Faccio l’amore perché sono un’attrice” afferma. Nel mondo dell’hard però si vocifera di un suo vizio, dicono che beve troppo, e la voce si fa sempre più insistente. Tiene sempre la bottiglia nella borsa e l’alcol non la fa ragionare, le annebbia la mente. Certi suoi film sembrano confermare questo vizio, se vogliamo dar credito al mito dell’attore che si immedesima nel personaggio. Libidine e Margot la pupa della villa accanto sono storie di donne con il vizio del bere e Marina interpreta molto bene questo ruolo. Marina è alcolizzata, lo confermano molte testimonianze, non ultima quella del regista D’Agostino che lavora molto con lei. “Beveva whisky dalla mattina e quando era ubriaca non era facile averci a che fare” confessa D’Agostino.

Marina continua con il porno anche negli anni Novanta, quando il suo fisico in declino non le consente più di ricoprire ruoli principali. L’alcol distrugge il fisico di un’attrice cinquantenne che non si arrende e non vuole uscire di scena. Uno dei suoi ultimi lavori è Finalmente Marina (1991) che la vede appesantita come un pallido ricordo di se stessa. La Frajese chiude la carriera con una particina da cassiera di film erotici in Appuntamento in nero di Antonio Bonifacio (1990) e con Video annunci 3 (1991), una VHS per scambisti. Per un po’ di tempo la stampa specializzata in pettegolezzi si dimentica di lei, poi uno scandalo a Viterbo la riporta alla ribalta delle cronache. È il 1994 quando la questura di Viterbo compie un blitz nel Sibilla Club Privé, un locale per scambisti ospitato nel Castello di Nepi. Dopo accurate indagini viene fuori che il locale è una casa di tolleranza camuffata da club privato per soli soci. Alcuni giorni prima nel locale erano state viste le ex porno star Karin Schubert e Marina Frajese, che subito smentiscono e minacciano querele. Le paventate azioni giudiziarie però non partono e dopo il primo scalpore la cosa si sgonfia da sola (16). Nel 1999 si parla di un ritorno sulle scene di Ilona Staller, Eva Henger, Venere Bianca e Marina Frajese per uno spettacolo di strip a Trezzano sul Naviglio. Alla fine però il progetto rientra e non se ne fa di niente. Nel 2000, a soli sessant’anni, muore l’ex marito Paolo e c’è qualcuno che si ricorda di lei nella commemorazione funebre del giornalista. Adesso di Marina si sono perse le tracce, pure se resta in noi il ricordo di una donna dalla vita trasgressiva che ha sfidato convenzioni e conformismi.

9. Riccardo Schicchi e lo scandalo Cicciolina

Il mondo dell’hard viene rivoluzionato dall’ingresso in campo di Riccardo Schicchi, l’uomo che porta il porno fuori dal ghetto per farne una gallina dalle uova d’oro. La sua scoperta più sensazionale resta Ilona Staller, in arte Cicciolina, lanciata prima nel dorato mondo del cinema e della televisione e alla fine portata persino in parlamento. Schicchi crea dal niente Diva Futura e il suo harem di star del porno: Moana Pozzi, Ramba, Nuova Ramba, Cornelia Oltean, Miss Pomodoro, Vampirella, Eva Orlowsky, Baby Pozzi e Barbarella. Una squadra che è diventata persino un partito politico (il partito dell’amore) che si è presentato alle elezioni e che ha presentato Moana Pozzi come candidata sindaco di Roma. Riccardo Schicchi, da intrepido siciliano, fa fortuna rischiando sulla sua pelle, esponendosi a denunce penali e passando diverse notti in galera. Apre locali dove si proiettano filmati, si assiste a strip-tease piuttosto spinti, si toccano le artiste e ci si fa toccare, luoghi che spesso subiscono irruzioni da parte della polizia e vengono chiusi dalla magistratura. Schicchi inventa il Blue Mooon, cinema romano dove dopo la pellicola si esibiscono attrici che stimolano a dovere i sensi già abbastanza eccitati del pubblico presente. Schicchi sposa Eva Henger, una bellissima pornostar ungherese, ma sostiene che tutte le sue donne sono state innamorate di lui. Comincia la sua attività nel mondo dello spettacolo facendo il fotografo, poi incontra Ilona Staller e insieme girano Cicciolina amore mio (1979). Il film è trasgressivo e scandalizza i benpensanti, ma non è ancora hard vero e proprio. Subito dopo escono i tre video in cassetta (Cicciolina the day after, Pornopoker e La conchiglia del desiderio) che vendono alla grande. Decidono di fare una pellicola per il cinema come Telefono rosso che passa i suoi bravi guai giudiziari, ma la coppia non si ferma, decisa com’è a sfondare nel mondo dello spettacolo. Tra Schicchi e Cicciolina c’è anche una storia d’amore mai del tutto confermata dai diretti interessati, perché, come dice il furbo pigmalione siciliano, “Cicciolina deve essere del pubblico”. Tra l’altro Schicchi non ha grande stima degli attori hard, neppure delle stesse Cicciolina e Moana Pozzi. Leggiamo una sua dichiarazione dove afferma: “Nel mondo dell’hard non ci sono attori maschili, solo cazzi da stimolare con eccitanti che a un certo punto si svuotano e di conseguenza si svuotano pure i cervelli. Pure le donne non sono attrici ma oggetti erotici. Cicciolina e Moana erano pessime interpreti, inespressive, incapaci, ma al tempo la gente aveva una gran voglia di pornografia e loro erano le persone più adatte per dargliela” (17). Le affermazioni di Schicchi sono un po’ ingenerose nei confronti di un mondo che gli ha dato la fama e il benessere, soprattutto verso Cicciolina e Moana che per il pubblico rappresentano il porno italiano. Ma è risaputo che Schicchi è persona priva di scrupoli che pensa soprattutto al suo interesse personale, calpestando anche i diritti delle persone che ha accanto. Cicciolina ha intentato contro di lui un’azione giudiziaria dopo aver abbandonato Diva Futura e lo ha querelato per molte affermazioni fatte sul suo conto nel corso degli anni. Da un po’ di tempo a questa parte Schicchi ha lanciato nel mondo dell’hard anche la moglie Eva Henger, prima racchiusa nel personaggio da casta e pura e infine fatta debuttare ne La conchiglia violata. L’interesse del pubblico, come previsto dal furbo proprietario di Diva Futura, è stato pari alle attese.

10. Il fenomeno Cicciolina

Quando Ilona Staller conosce Riccardo Schicchi ha solo ventitré anni e dentro di lei cova una gran voglia di libertà dopo che è fuggita insieme a un’amica dalla repressiva Ungheria, seguendo il destino di molte ragazze dell’Est. Ilona arriva in Italia nel 1974 dove sogna di fare la fotomodellla e raggiungere il benessere dopo aver sofferto tanta miseria. La bella ungherese a Milano conosce un impiegato di un’agenzia di viaggi e dopo poco lo sposa, ma il matrimonio dura appena un paio d’anni. Ilona si separa e comincia a girare Caroselli pubblicitari: è la Cappuccetto Rosso di Stock e la ragazzina con la bocca sporca di cioccolata di Nutella. Fa foto per riviste, soprattutto per Playmen che vende molto ed è uno dei canali migliori per lanciare bellezze femminili. Infatti il primo nudo di Ilona compare sulla nota rivista per adulti che le procura una buona somma di denaro e soprattutto un contatto con Alberto Lattuada, che la scrittura per una particina in Cuore di cane (1976). A questo punto giunge l’incontro con Riccardo Schicchi e la decisione comune di cercare il successo scandalizzando. Ilona ha già girato qualche pellicola erotica come La liceale (si ricorda la famosa scena saffica con Gloria Guida), La supplente, L’ingenua, Inibition, I prosseneti e Senza buccia. La sua unica parte da protagonista è ne L’ingenua di Gianfranco Baldanello (1975), ma è un filmetto di scarso peso. Il primo vero scandalo di Ilona Staller è alla romana Radio Luna dove Sergio Talla, amico di Riccardo Schicchi, le cuce addosso un programma notturno dall’ammiccante titolo Voulez-vous coucher avec moi?. Alle due di ogni notte va in onda la sua voce suadente da ingenua bambina vogliosa che la renderà famosa: “Cari cicciolini, sono io, la vostra Cicciolina…”. Un’espressione che diventa il suo cavallo di battaglia e che fa impazzire i romani sino al giorno in cui Cicciolina (forse volutamente) spinge troppo sull’acceleratore e insegna in diretta a una giovane ascoltatrice come masturbarsi. Arriva puntuale la sua prima denuncia e i guai giudiziari della coppia Staller – Schicchi sono soltanto all’inizio. Le polemiche che seguono però sono volute dal furbo manager e infatti il programma di Radio Luna rende Cicciolina famosa in tutta Italia. I quotidiani più importanti parlano di lei, Enzo Biagi la invita in televisione, Costanzo la porta ad Acquario e la mette a confronto con l’inflessibile giudice Vincenzo Salmeri, noto fustigatore di costumi. Schicchi sfrutta l’onda dell’improvviso successo e in fretta e furia allestisce uno spettacolo sexy molto spinto che porta in giro per le discoteche italiane. Lo show fa molte tappe, soprattutto in provincia dove la gente lo attende con trepidazione immaginandosi dal vivo la disinibita starlet nelle performance che l’hanno resa famosa via radio. Cicciolina non delude le attese. Parla con il pubblico con la sua sensuale voce in falsetto da finta ingenua, si tocca, si fa toccare, tocca il suo pubblico entusiasta. Non sa fare altro, ma d’altra parte quello è il suo ruolo e per quello il pubblico paga il biglietto. Nello show, che si intitola Sogno di Ilona, viene inserito anche un pitone che la bella ungherese si avvolge attorno al corpo acerbo e invitante. Il debutto è al Picchio Rosso di Modena, poi comincia la tournée e lo scandalo è assicurato dovunque si trovi. A San Paolo d’Enza il parroco la vorrebbe convincere a indossare un paio di mutandine e a Tricase un carabiniere le mette addosso una coperta. Fioccano le denunce come neve d’inverno, ma Schicchi non si scompone, anzi spesso ne provoca di nuove inventandosi le peggiori trasgressioni, perché da buon manager sa che le denunce per atti osceni aumenteranno la popolarità di Ilona Staller.

La fama di Cicciolina cresce al punto che dentro la nascente Diva Futura comincia a covare invidia nei suoi confronti, ma il pigmalione non si perde d’animo e affronta le beghe interne. Lui sa che Cicciolina è una carta troppo importante che non può andare perduta. Il manager firma per un servizio fotografico per Le Ore che deve servire a rilanciare la nota rivista porno un po’ in crisi di lettori e questa promozione serve pure a Cicciolina che vede il suo volto comparire sui manifesti di mezza Italia. A questo punto Riccardo Schicchi spinge Cicciolina a entrare nel mondo del porno, cominciando con un servizio fotografico per Playmen dove la bella ungherese ha un rapporto non simulato con il partner. Il film porno Telefono rosso esce nel 1985 ed è un trionfo perché tutti vogliono vedere Cicciolina che “lo fa per davvero” e il suo pubblico continua a seguirla pure l’anno successivo in Banane al cioccolato, Cicciolina number one e Carne bollente che la vede a fianco del popolare John Holmes (morto di Aids nel 1990). Questi film attirano le ire dei censori e dei benpensanti, tanto che le denunce per atti osceni non si contano, ma il pubblico li cerca e quando escono in videocassetta sono un successo ancora più grande. La polizia comincia a prendere di mira gli show di Cicciolina e spesso irrompe sul palco per interromperli. La situazione si fa difficile ed è per questo che Riccardo Schicchi prende al volo l’invito del Partito Radicale che vuole candidare Cicciolina alle politiche del 1987. La pornostar riporta un successo incredibile ed è la seconda tra gli eletti con ventiduemila preferenze, dietro al leader Marco Pannella. Cicciolina onorevole diventa un caso nazionale ma soprattutto è protetta dall’immunità parlamentare e per tutta la durata del suo mandato può fare i suoi spettacoli in tranquillità.

Riccardo Schicchi fonda Diva Futura nel 1983 e mette accanto a Cicciolina ragazze raggiungibili e più ordinarie come Ileana Carrisio, in arte Malù Ramba. Ramba è bruna e aggressiva e si esibisce con mitra, cartucciera e balla in mezzo al fumo di finte bombe a mano. In questo periodo per poco non entra in Diva Futura anche Serena Grandi, allora sconosciuta attrice che aveva fatto appena due apparizioni ne La compagna di viaggio e in Antropophagus. In compenso vengono reclutate: Cornelia Oltean, Moana Pozzi, Petra, Milly D’Abbraccio, Baby Pozzi e Vampirella.

Cicciolina intanto prosegue nel cinema porno con Racconti sensuali (1987) e con l’irriverente Cicciolina e Moana ai mondiali (1988), Supervogliose di maschi e Carcere e amori bestiali (1989), che è il suo ultimo lavoro per Schicchi. Jeff Koons, artista americano continuatore di Andy Warhol e affascinato dalla pornostar,  irrompe nella vita di Ilona e la convince a posare per una scultura in legno intitolata Jeff e Ilona. L’opera raffigura un amplesso tra l’artista e la pornodiva e il 22 maggio 1990 viene esposta con grande scandalo alla Biennale di Venezia. Accanto alla scultura ci sono quattro quadri realizzati al computer e tutti possono ammirare la coppia. “Per la gente dobbiamo essere i nuovi Adamo ed Eva ritratti in Paradiso prima della cacciata. Due esseri naturali, privi di vergogna e sensi di colpa”, afferma Jeff Koons.

Ilona e Jeff si sposano nel giugno 1991, lei smette i panni di Cicciolina e avvia un’azione legale contro Schicchi per ottenere la sua parte di liquidazione dalle attività svolte in società con il suo pigmalione. Koons però ben presto mostra di non essere il personaggio libertario e comprensivo che voleva far credere. Si rivela un despota che fa abbandonare a Ilona il mondo del porno e le fa persino cambiare il colore dei capelli. Koons annulla la personalità di Ilona e ne distrugge il mito, però la copre di regali, fiori, gioielli che irretiscono l’ormai ex pornodiva. Il matrimonio è un inferno, ma tra botte, litigi e fughe di Ilona nasce persino un figlio (Ludwig) che diventa ben presto nuovo motivo di contesa. Ilona e Koons rapiscono il bambino reciprocamente e fuggono a turno l’uno dall’altro, si separano, chiedono il divorzio, infine cominciano le battaglie legali per l’affidamento di Ludwig. Ilona Staller adesso è divorziata e vive con il figlio che dopo lunghe battaglie legali le hanno affidato. Pensa di scrivere un libro sulla sua vita e nel 2005 è stata intervistata da Vanity Faire che le ha concesso pure l’onore della copertina. Ilona Staller ha fatto causa a Riccardo Schicchi per alcune frasi che ha scritto sul suo conto nella sua autobiografia e per diversi interessi in comune  non ancora risolti (18).

11. Il mito di Moana Pozzi

Moana Pozzi entra per caso nel mondo dell’hard ma non lo ama, pure se il suo personaggio costruito da Riccardo Schicchi deve far capire il contrario (19). Moana rappresenta un caso eclatante, forse ancora più di Cicciolina, ed è una pornodiva conosciuta e addirittura mitizzata dai mass media. Basta pensare al movimento di cordoglio che c’è stato intorno alla sua morte, avvenuta in circostanze ancora da chiarire e soprattutto in età giovanissima. Il cardinale di Napoli, Giordano, benedice la sua fine espiatrice come “un esempio di riscatto possibile” e pare che la stessa Moana dica alla madre in punto di morte: “Vedrai che Dio perdonerà anche me”. L’Espresso le dedica una copertina raffigurandola come santa e tutti la piangono, pure chi in vita l’aveva combattuta per la sua carica trasgressiva (20). Non era stato così per John Holmes, morto per un tumore al colon nel 1988 (ma tutti avevano parlato di Aids), e per il transessuale operato Ajita Wilson, morta di ictus a soli trentasei anni. Forse il merito è della televisione che fa entrare un volto in tutte le case e lo rende familiare e in questo senso Moana si è sempre saputa vendere molto bene. Moana è nota al grande pubblico perché frequenta i salotti televisivi dove si fa cultura e parla di tutto con proprietà di linguaggio perché è una ragazza molto intelligente. E poi muore circondata da un alone di mistero. La causa ufficiale della sua scomparsa a soli trentatré anni è un tumore al fegato, contratto dopo un viaggio spirituale in India dove incontra pure Sai Baba. Qualcuno avanza il dubbio che sia morta di Aids per via della vita che faceva, altri sostengono che non è mai morta (nessuno vede il suo corpo prima che venga tumulato) ma che è fuggita chissà dove per rifarsi una vita.

Anna Moana Rosa Pozzi nasce il 27 aprile del 1961 a Prà Palmaro vicino Genova da una buona famiglia borghese e i suoi genitori le impongono un nome polinesiano come Moana, che significa “il punto in cui il mare è più profondo”. Il padre è ingegnere nucleare e quando Moana è piccola si sposta spesso per lavoro, lei lo segue insieme alla famiglia e abita in Spagna, Brasile e Canada. Moana dà segni di irrequietezza sin da ragazzina ed è insofferente alla vita di famiglia e soprattutto di provincia, durante l’estate passa molto tempo a Lerma, in provincia di Alessandria, dove abita la nonna, ma alla fine scappa di casa e va a vivere a Roma dove cerca di sfondare nel mondo del cinema. Per assurdo è proprio al cinema moderno di Ovada – otto chilometri da Lerma – che nel 1981 avviene il lancio porno di Moana Pozzi. Il film è Valentina ragazza in calore, girato a Roma da Raniero Di Giovanbattista. Parenti, amici e conoscenti riconoscono Moana sul grande schermo e il passaparola fa registrare per giorni e giorni il tutto esaurito. Tutti vogliono andare a vedere cosa combina sul grande schermo quella ragazzina di buona famiglia che veniva in vacanza da loro. Moana sta facendo una trasmissione televisiva per ragazzi e altre cose come fotomodella, prova un po’ di imbarazzo e prima giura di non aver girato certe scene, poi dice che non continuerà con il cinema hard. Per colpa di quella pellicola scandalosa il matrimonio dei suoi genitori traballa e si arriva alla separazione (21). Il film è pure vagamente autobiografico e racconta la storia di una ragazzina dalle lunghe trecce bionde che fugge dalla provincia per cercare a Roma autonomia e realizzazione. Le esperienze sessuali di Valentina – Moana sono il piatto forte della pellicola e la bionda attrice ligure dopo qualche tempo affermerà di non aver fatto nessuna fatica perché l’attore americano Kiran era bellissimo. Moana fa capire subito qual è la sua concezione del sesso e dell’amore, tanto che se una persona le piace non ci pensa due volte ad andarci a letto, mentre non riesce a far l’amore con persone sgradevoli. Rinuncia alla televisione perché un regista vecchio e brutto ci prova senza mezzi termini e le offre in cambio la partecipazione alla trasmissione (22). Moana dopo Valentina ragazza in calore è lanciata nel porno e interpreta Erotica flash con Marina Frajese e alla fine entra nel gruppo di Riccardo Schicchi. Il primo hard-core per Diva Futura è Fantastica Moana, uscito subito dopo aver posato nuda per il rilancio della rivista Men e aver visto la sua immagine sui manifesti di mezza Italia. Da questo film comincia il successo per la bella genovese che gira oltre quaranta pellicole delle quali è inutile citare i titoli, pure se una menzione particolare la merita Cicciolina e Moana ai mondiali (1988). Il film è un’icona del porno trash e vede le due pornostar impegnate a sfiancare i rivali della nazionale italiana per farle vincere il titolo. Vediamo calciatori come Gullit, Klinsmann e Maradona parodiati da attori hard. Persino Luca Di Montezemolo, Maria Teresa Ruta e Aldo Biscardi sono controfigurati versione porno e vediamo scene dei mondiali in Messico con la tifoseria in curva. Moana interpreta pure Gola profonda 2 di Gerard Damiano, che tenta di bissare il successo del primo film ma non ci riesce. Come abbiamo detto Moana non è per niente attratta dal sesso sul set e in alcuni film pare quasi infastidita e la vediamo sbuffare. Il regista Mario Salieri ha detto: “Nonostante il suo cachet medio si aggiri dai cento ai centocinquanta milioni per pellicola, lei come pornostar vale poco, non sa recitare e non sa posare” (23). Di fatto Moana non partecipa e neppure finge di partecipare alle scene porno ma in compenso incita il partner a fare presto. A lei di quel mondo piacciono solo i soldi, la notorietà e l’indipendenza economica. Moana Pozzi resta comunque un mito al punto che i distributori commercializzano i suoi hard pure dopo la scomparsa. Ci sono operazioni squallide come Una lunga carriera (girato nel 1992) dove Moana mostra in volto i segni della malattia che la porterà alla morte. Il film è firmato da Franco Ludovisi e pare che Moana lo faccia per pagarsi le costose cure. Dopo la sua morte assistiamo a un vero e proprio boom di noleggi e di vendite dei suoi film. Il culto di Moana è così forte che Alberto Tarallo acquista i diritti della sua autobiografia (La filosofia di Moana) per realizzare una pellicola sulla sua vita e Marco Giusti nel 2004 le dedica il volume Moana (Mondadori), dove raccoglie gran parte delle interviste rilasciate in vita dalla pornostar (24).

Moana Pozzi la ricordiamo anche impegnata in alcune performance in topless a sostegno della libertà sessuale e come improbabile candidato sindaco al comune di Roma. Il partito dell’amore aveva prodotto una parlamentare come Cicciolina eletta nelle liste radicali, ma non ce la fa a dare un sindaco porno alla città eterna. La sua presenza televisiva ne fa una diva e le sue passeggiate nuda a Matrioska, L’araba fenice e Magico David scandalizzano i benpensanti. I programmi televisivi nei quali è ospite vengono spesso censurati, tagliati o addirittura soppressi. Moana va da Pippo Baudo, Piero Chiambretti e Gigi Marzullo, difende sempre la sua scelta di libertà e la legittimità di fare il porno. Lei è una ragazza intelligente che sa quel che dice, conversa piacevolmente su tutto e disarma gli avversari con un sorriso dolce e un modo di rispondere pacato. Diventa una diva di Blob ed è oggetto della satira graffiante de La tivù delle ragazze, di lei si parla come di un fenomeno di costume, la diva del porno che sa parlare e che difende le sue idee in televisione. Corre voce – e lei stessa lo conferma nella sua autobiografia – che sia stata da giovanissima l’amante di Bettino Craxi che le avrebbe aperto le porte della televisione di Stato per un programma per ragazzi. Non sappiamo quanto ci sia di vero, come non è facile confermare i flirt con Roberto Benigni, Massimo Troisi, Nicola Pietrangeli e Marco Tardelli (25). Moana trova il tempo anche di sposarsi con Antonio Di Ciesco, suo istruttore di sub, amante e autista tuttofare, ma il matrimonio resta segreto perché il pubblico non può accettare una Moana sposata. In ogni caso le voci più difficili da far tacere sono quelle in merito alla misteriosa scomparsa. Forse Moana è ancora viva e da qualche parte del mondo ha cambiato identità, pensa alla famiglia, al lavoro e ha un marito come tante donne normali. Non possiamo saperlo. A tutti piace credere che sia così, nascosta chissà dove per non veder invecchiare il suo corpo stupendo. Un po’ come Marilyn Monroe ed Elvis Presley. Sappiamo solo che Moana è un mito e che i miti non muoiono mai. A febbraio 2008 esce un libro pubblicato da Aliberti e intitolato Moana, tutta la verità, scritto da Simone Pozzi, dove il ragazzo racconta di non essere il fratello di Moana ma il figlio segreto. Un bambino avuto quando l’attrice era molto giovane, cresciuto di nascosto come fratello minore. Moro, ventisei anni, biopranoterapeuta, afferma di aver saputo di essere il figlio di Moana solo dopo la sua morte. Simone è ospite della trasmissione televisiva Chi l’ha visto? in onda su Rai Tre per raccontare il sentimento che lo lega a Moana, sorella e madre. In realtà il ragazzo somiglia molto alla pornostar ed è anche un tipo riflessivo e intelligente, come la presunta madre. “Sono orgoglioso di essere suo figlio”, dichiara a Federica Sciarelli durante la trasmissione televisiva. A dodici anni dalla morte dell’attrice, dopo che la procura di Roma ha riaperto il caso, dopo i servizi televisivi e la visibilità sui giornali, Simone Pozzi decide di mettere la parola fine alle speculazioni sulla storia di Moana. Lo fa narrando il ritratto di famiglia, i giochi di bambini, l’educazione ricevuta, l’adolescenza vissuta in giro per il mondo, seguendo il padre ingegnere. Un’infanzia da bambina coccolata, almeno fino alla svolta cinematografica: l’abbandono, a diciannove anni, del mondo in cui era nata e cresciuta, della città d’origine e della famiglia, per muovere i primi passi nel mondo del cinema, lungo la strada che la porterà a essere una diva del porno. Simone descrive gli ultimi giorni di Moana e il dramma della malattia. “Mi dispiace avervi trascinato in quest’inferno, ma non potete capire le ragioni per cui ho scelto questa vita”’, diceva spesso.

Un altro libro sulla morte di Moana lo scrive Antonio Di Ciesco ed esce ad aprile 2007. La storia raccontata ha dell’incredibile e suscita le ire e lo sdegno di molti amici della pornostar, soprattutto di Riccardo Schicchi che denuncia il marito di Moana e chiede di riaprire il caso. Di Ciesco afferma di aver aiutato la moglie a morire per evitarle un calvario di sofferenze. “Ci abbracciamo, i baci sono un addio. Poco dopo si addormenta tra le mie braccia. Facendo entrare piccole bolle d’aria attraverso il tubicino lei non s’accorge che la vita l’abbandona. E con esse le sofferenze”. Per il marito di Moana si tratta di una promessa mantenuta, un’eutanasia provocata su richiesta della pornostar. “Antonio, ti chiedo di farmi una promessa. Arriverà un gorno in cui non sarò più in grado di potermi difendere. Non voglio trovarmi in un letto con tubi dappertutto e non più padrona di me stessa. Allora dovrai aiutarmi a mettere fine alle mie sofferenze”.  Di Ciesco giura di non essersi pentito. “Ho rispettato la sua voltà”, dice. Il suo libro è pensato per zittire i misteri della morte di Moana e soprattutto la voce che fosse spartita vlontariamennte. Sa che dovrà rispondere del reato di eutanasia, ma è pronto a farlo perché “la scelta mi è costata fatica e dolore, ma non c’era rimedio”. Non sappiamo quanto possa essere credibile la confessione tardiva di Antonio Di Ciesco, pure i medici sono scettici, dal momento che parlare di “alcune bolcine di aria” non ha fondamento fisiologico perché non bastano a uccidere una persona. Servono due siringhe da 20 mm piene d’aria solo per ammazzare un coniglio… Tutto questo non fa che accrescere ancora di più l’alone di mistero intorno alla morte di Moana Pozzi. 

12. Personaggi minori del porno italiano

Il mondo del porno non è fatto solo di Moana e Cicciolina, ci sono anche attori e attrici dai ruoli più oscuri e secondari che spesso hanno fatto parlare di loro per situazioni scabrose e scandali legati alla attività.

Roberto Malone è un attore hard di provata esperienza che tutti i registi vorrebbero sul loro set e di lui si narra che sia l’uomo dalle mille erezioni che non fallisce un colpo. Uno dei suoi guai con la giustizia risale al 1988, quando la polizia fa irruzione su un set all’aperto delle campagne romane e lo arresta per atti osceni mentre sta girando una scena con Karin Schubert e Valerie Duhem.

Eva Orlowsky, alias Luisa Cavinato, è una donna dallo spirito libero e battagliero che comincia a lavorare come infermiera e apre una trattoria con il marito. Poi conosce Riccardo Schicchi e firma un contratto con Diva Futura per alcuni film e spettacoli porno, marito consenziente. Il suo carattere difficile le fa avere un rapporto conflittuale con Schicchi che lei accusa di limitare la sua carriera preferendole Moana, Cicciolina e in tempi recenti pure il transessuale Maurizia Paradiso. 

Vampirella è la francese Nelly Marais che gira ben cinquanta film hard ed è una scoperta di Schicchi a Parigi, ma tra i due i rapporti sono molto litigiosi per motivi di soldi, con diatribe pure legali. A un certo punto abbandona la squadra di Diva Futura e lavora molto da sola.

Rocco Siffredi è un vero attore che potrebbe fare anche il cinema normale e infatti ci sta provando. Di lui il grande Joe D’Amato diceva: “Rocco è una persona intelligentissima. Il suo unico problema è che si vuol scopare tutto quello che gli capita a tiro”. Nasce a Ortona nel 1964 e vuol fare il fotomodello, poi passa all’hard dove la sua avvenenza, il fatto che sia ben dotato e di lunga durata ne fa uno degli attori preferiti dai registi. Recita in America e fonda una sua casa di produzione, poi lavora ai porno kolossal con D’Amato e Damiano, fa il regista e comincia a produrre filmati d’impostazione gonzo con attori improvvisati. Di lui dicono che sia brutale e violento con le donne e che non sia facile averci a che fare sul set, perché pretende dalle attrici prestazioni eccessive. Sposato con la pornostar Rosa Caracciolo (l’ungherese Rosza Tassi) che recita scene porno soltanto con lui.

Barbarella è Virna Bonino, una che descrivono come donna indecisa e dal carattere fragile, ma che comunque ha avuto un buon successo. Il suo film più interessante resta Capuccetto X dove c’è Karin Schubert che fa la nonna. Gira anche una pellicola hard con Moana e prima di abbandonare le scene fa solo altri cinque film.

Baby Pozzi è la sorella del mito Moana e vive da sempre alla sua ombra. Schicchi la definisce la segretaria di Diva Futura ed è una che non lascia traccia nel mondo del porno, se non per il fatto di aver sposato il marito di Moana quando lei è morta. Non fa molto cinema, dice che le costa fatica, preferisce gli spettacoli dal vivo dove fa solo un po’ di strip-tease.

Milly D’Abbraccio è nota alle cronache rosa per la sua love story con Vittorio Sgarbi e fa la pornostar perché vuole essere una primadonna. Fa scandalo la sua candidatura a sindaco di Tropea nelle liste del solito partito dell’amore.

Maurizia Paradiso è un transessuale operato nota per aver presentato in televisione un’edizione di Colpo grossoe per alcuni programmi di televendite hard. Non si ritiene una diva del porno perché ha fatto solo un film, tra l’altro strapagato, che fece un grande scalpore. Si tratta de Il segreto di Maurizia girato a Firenze dal veterano Silvio Bandinelli.  

Jessica Rizzo viene lanciata da Giochi bestiali in famiglia, un film con Baby Pozzi al quale la sconosciuta Rizzo partecipa insieme al marito. Il film viene proiettato a Fabriano e tra gli attori esordienti ci sono due fabrianesi come Giancarlo Fioran, musicista, ed Eugenia Valentini, cantante. Tutto il paese li vede all’opera per via del passaparola e la curiosità che ingigantisce lo scandalo. I due sposini sono noti nel mondo degli scambisti e nell’ambiente hard si fanno chiamare Jessica Rizzo e Marco Toto. Si scatena un grande clamore attorno alla nuova porno coppia che diventa un caso nazionale. Jessica e Marco vanno a I fatti vostri da Giancarlo Magalli, subito dopo Giovanni Minoli li intervista a Mixer e i due si trasformano in personaggi di successo. Nel 1992 la Rizzo e Toto girano con Gerard Damiano Giochi di coppia e Momenti duri, lavori che fruttano a Jessica un Oscar dell’hard. I due si sanno vendere bene mediaticamente e fondano la Jessica Rizzo communication per sfruttare il marchio. Vanno da Costanzo che li lancia nel mondo del porno come stelle di successo, ma commettono l’errore di fare pessimi film in quantità con il marito che si improvvisa regista e operatore. Finisce che il pubblico si stanca di loro. Nel 1994 una brutta vicenda giudiziaria si conclude con la condanna di Jessica e Marco, colpevoli di aver organizzato un festino a luci rosse in quel di Modena e soprattutto di aver chiesto trenta milioni in cambio della loro performance.

Luana Borgia dice di sé che fare pornografia è stato il suo sogno fin da piccola, ma forse sono le solite cose che si raccontano per alimentare il personaggio. Luana si sa creare un ruolo da diva e sue foto si vedono spesso su Panorama e Novella 2000 che si occupano della sua vita e della sua attività artistica. Fa scalpore la violenta lite tra pornostar che finisce in tribunale con Luana che accusa la collega Animalya di “farsela con gli animali”. Si mette insieme a un frate pugliese e poi la strana coppia combatte contro la violenza negli stadi. Organizza persino un fan club e artisticamente si affida all’ottimo regista Mario Salieri. Pare che siano tutte cose costruite ad arte per creare un personaggio e incentrare l’attenzione dei media sulle sue gesta. 

Rossana Doll in realtà di cognome fa Di Pierro e più che come attrice suscita grande scalpore come scrittrice quando dà alle stampe le sue confessioni politico – hard nel pamphlet Membri di partito (Millelire di Stampa Alternativa). Nel libro fa nomi e cognomi di politici con cui è stata a letto e siccome siamo in piena Tangentopoli fa scalpore soprattutto il ricatto erotico che lei dice di aver subito da molti uomini politici. Si parla di porno tangenti e i giornali ci vanno a nozze, pure se il libro viene sequestrato quasi subito. Per Rossana Doll arrivano un paio di querele e soprattutto molta pubblicità che potrebbe aiutarla nella carriera cinematografica. Rossana Doll inizia bene con una piccola parte in Così fan tutte di Tinto Brass, ma poi finisce per fare porno scadente con i fratelli Matera.

Francesco Malcom in realtà si chiama Trulli ed è uno dei volti nuovi dell’hard italiano, soprattutto per la sua faccia diversa, da bravo ragazzo, un volto per bene che è l’ideale per incarnare la perversione (26).

Note

(1) Franco Grattarola e Andrea Napoli – “La lunga marcia del cinema a luci rosse” – “Blue Dossier in otto parti” – cap. 1 – “Voglia di guardare” – da “Blue” marzo 2003 – Coniglio Editore – Roma, 2003

(2) Opera citata sopra

(3) G. Massaro – L’occhio impuro – Cinema, censura e moralismo nell’Italia anni Settanta – Sugar – Milano, 1976

(4) Davide Pulici – “Il protoporno. L’hard prima dell’hard” in “Verso le luci rosse. Gli albori del cinema proibito” – Nocturno Book N. 5, 2001

(5) Franco Grattarola e Andrea Napoli – “La lunga marcia del cinema a luci rosse” – “Blue Dossier in otto parti” – cap. 2 – “Hard Sensations” – da “Blue” aprile 2003 – Coniglio Editore – Roma, 2003

(6) Dichiarazione di Aristide Massaccesi in G. Catalano “Quelle luci rosso shocking” da “L’Europeo” del 24 maggio 1982

(7) Franco Grattarola e Andrea Napoli – “La lunga marcia del cinema a luci rosse” – “Blue Dossier in otto parti” – cap. 3 – “Magistrati, censori e videoregistratori” – da “Blue” maggio 2003 – Coniglio Editore – Roma, 2003

(8) Redazionale – “Notte di fuoco contro i cinema porno” da “Corriere della Sera” – cronaca di Roma – del 9 dicembre 1979

(9) Redazionale – “Un nuovo gruppo sulla scena del terrorismo” da “Corriere della Sera” – cronaca di Roma – del 9 dicembre 1979 e anche Redazionale – “Quattro cinema obiettivo del commando femminista” da Corriere della Sera – cronaca di Roma – del 10 dicembre 1979

(10) Franco Grattarola e Andrea Napoli – “La lunga marcia del cinema a luci rosse” – “Blue Dossier in otto parti” – cap. 3 – “Magistrati, censori e videoregistratori” – da “Blue” maggio 2003 – Coniglio Editore – Roma, 2003

(11) Franco Grattarola e Andrea Napoli – “La lunga marcia del cinema a luci rosse” – “Blue Dossier in otto parti” – cap. 4 – “Il grande momento” e cap. 5 – “Non stop. Sempre buio in sala” – da “Blue” giugno e luglio 2003 – Coniglio Editore – Roma, 2003

(12) Franco Grattarola e Andrea Napoli – “La lunga marcia del cinema a luci rosse” – “Blue Dossier in otto parti” – cap. 6 – “Morbosamente vostre” – e cap. 7 “Professione P…ornoattore” – da “Blue” agosto e settembre 2003 – Coniglio Editore – Roma, 2003

(13) Franco Grattarola e Andrea Napoli – “La lunga marcia del cinema a luci rosse” – “Blue Dossier in otto parti” – cap. 8 – “Marina, la dea dell’amore” – da “Blue” ottobre 2003 – Coniglio Editore – Roma, 2003

(14) Si vedano le dichiarazioni di Marina Frajese in R. Francesconi “Omicida per difendere il suo onore”, Eva Express n. 4 gennaio 1979

(15) Confronta “Ov Super” del maggio 1985 e “Blitz” del maggio 1985, ma anche “Break” n. 5 del 1985. Si veda pure P. Mosca “L’agenda del direttore” in “Blitz” n. 6 del 1987

(16) A Ferretti “Ai clienti del castello piaceva solo far quello” da “Il Tempo” del 21 dicembre 1994 e anche M. Evangelisti “ Avvocati e giudici fra i clienti” da “Il Messaggero” – cronaca di Viterbo – del 20 dicembre 1994

(17) Andrea Di Quarto e Michele Giordano – Moana e le altre – Vent’anni di cinema porno in Italia – Intervista a Riccardo Schicchi, p. 80 – Gremese – Roma, 1997

(18) La vita di Ilona Staller è stata desunta da sue dichiarazioni rilasciate a “Oggi” del 12 marzo 1977 – articolo di Renato Barneschi – ma anche da redazionale di “Vanity Fire” del settembre 2004 e “Playmen” n. 8 di agosto 1987 – intervista di Noa Bonetti

(19) “Gli attori porno in genere sono una massa di disperati. I film a luci rosse al novantanove per cento sono una realtà squallida” – da “Il Venerdì di Repubblica” del 25 novembre 1994 – dichiarazione di Moana Pozzi rilasciata a Noa Bonetti

(20) “L’Espresso” del 30 settembre 1994 – copertina che raffigura Moana Pozzi e Letizia Moratti come due sante

(21) “Panorama” n. 39 del 30 settembre 1994 – articolo di Stella Pende

(22) Sull’argomento confronta Noa Bonetti “Un’amica di nome Moana. Confidenze a cuore aperto di un’indimenticabile star a luci rosse”, Sperling & Kupfer – Milano, 1995

(23) Intervista a Mario Salieri di Alessandra Sonco tratta da “Videoimpulse” n. 44/95

(24) Marco Giusti – Moana – Mondadori – Milano, 2004

(25) Sui flirt e gli amori di Moana con uomini famosi e politici si veda Moana Pozzi “La filosofia di Moana” Moana’s club – Roma, 1991 e Noa Sonetti opera citata  

(26) Per completezza di informazione sull’argomento si può leggere Pietro Adamo “Note per una macro storia del porno” – da “Video Guida XXX 2002 Annuario dell’Hard Italiano” a cura di Michele Capozzi – Coniglio Editore – Roma, 2003

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