Il controllo dei flussi informativi, la loro trasformazione e re-immissione nei nodi della rete, secondo logiche predefinite dagli attori del capitalismo digitale, mostra che vi è un disegno che tende a creare asimmetrie nell’accesso alla conoscenza. La conseguenza è la disinformazione e la diffusione di notizie distorte.
“La stampa italiana funziona male: noi contribuiamo al degrado dispensando notizie con licenza di uccidere”. Uno dei Padri dei giornalisti italiani Piero Ottone qualche anno fa aveva emesso questa sentenza.
Sabato 10 settembre 2022 sono intervenuto in collegamento video al seminario di formazione per giornalisti dal titolo: “Minori e Media. Bambini uccisi dai genitori dal delitto di Cogne fino alla piccola Elena. Il rispetto delle carte deontologiche”, organizzato dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e dall’ Ucsi.
Ringrazio tutti i giornalisti presenti che hanno avuto la pazienza di ascoltarmi nei pochi minuti del mio intervento. Il tema affrontato è stato motivo delle mie ricerche e delle mie campagne di sensibilizzazione. Mi riferisco al rapporto tra media e nuove tecnologie e poi i bambini e gli adolescenti uccisi, sempre più spesso, per mano dei genitori.
In vent’anni sono oltre 480 bimbi morti in Italia per mano dei genitori: sei figlicidi su dieci sono commessi dalla madre, mentre i figli maschi sono le vittime prevalenti sia delle mamme che dei padri assassini. Dati che devono farci riflettere e che non possono rimanere nell’ombra.
Durante l’incontro ho spiegato come la narrazione giornalistica non si esaurisce quando scriviamo un articolo, curiamo un report o pubblichiamo un servizio.
Ci sono delle regole che vanno rispettate e il nostro impegno è legato anche al rispetto, per esempio, della Carta di Treviso. La Carta cerca di proteggere il diritto di cronaca e sottolinea la responsabilità che tutti i mezzi d’informazione devono avere nel dar vita ad una società che conservi l’immagine di bambini e adolescenti. Quante volte i minori non vengono protetti e tutelati dai media? Tantissime e noi non ce ne rendiamo conto.
I social permettono una grande circolazione di contenuti e questo ha generato una drastica diminuzione della capacità di comprendere la realtà come conseguenza della deriva informativa. Quando si mente, si cerca di convincere qualcuno che ciò che si afferma è vero. Ciò che conta è avere la forza di imporre la propria versione, indipendentemente dai fatti. Basta ripetere concetti semplici e accattivanti, anche se infondati, perché nessuno si preoccupa di verificarli.
I proprietari delle grandi piattaforme hanno capito cosa conta davvero. Infatti, Mark Zuckerberg, proprietario di Meta, sta pensando di far pagare alcuni servizi presenti sulle sue piattaforme e molte persone intervistate sono disponibili a pagare. Questo significa che conterà ancora di più il gradimento degli utenti, i loro “like” e i loro “cuoricini”.
Il controllo dei flussi informativi, la loro trasformazione e re-immissione nei nodi della rete, secondo logiche predefinite dagli attori del capitalismo digitale, mostra che vi è un disegno che tende a creare asimmetrie nell’accesso alla conoscenza. La conseguenza è la disinformazione e la diffusione di notizie distorte. Una delle caratteristiche più potenti delle dinamiche della disinformazione è la loro capacità di attraversare mezzi diversi generando l’effetto definito come cross medialità. La componente emotiva sta anche pervadendo diversi ambiti della comunicazione.
Sperimentiamo come reale solo ciò che risponde al nostro bias. Nella definizione di bias (tendenza) Innis circoscrive la specifica proprietà del medium come: influenza, tendenza, deformazione, pregiudizio.
Ciò avviene perché gli individui appaiono sempre meno in grado di decodificare i flussi informativi e i messaggi. Un sistema che appare sempre più costruito sulla polarizzazione delle opinioni, che a sua volta trae forza dal concetto di confirmation bias, per cui l’attenzione degli individui si concentra solo sui fatti che sono in linea con le proprie convinzioni, escludendo di conseguenza tutte le posizioni contrarie e alternative al proprio sistema di valori.
Il potere del controllo mentale, è il controllo virale che attraverso la virtualità ci accarezza benevolmente e ci suggerisce ciò che ritiene conveniente.
Bisogna vigilare, perché spesso si genera molta confusione a causa dell’Infotainment ossia la possibilità di spettacolarizzare il dolore e questo tipo di immagini coinvolgono gli utenti della rete. Foto condivise ovunque immesse nel vortice della comunicazione e non più controllabili. Ma non è tutto. Esiste una devianza: il dark tourism.
Ho parlato spesso di questo fenomeno ed è davvero preoccupante. La gente decide di recarsi in quei luoghi dove sono avvenuti fatti di cronaca orribili. Tanti i delitti efferati, tanti i casi di femminicidio e tanti i casi omicidi di bambini, avvenuti anche in alcune città della nostra Sicilia che si sono trasformate in nuove destinazioni da raggiungere per fare dark tourism.
Oggi, il giornalista deve narrare ciò che è vero, vincere la concorrenza ed essere interessante, ma soprattutto deve essere responsabile e possedere senso etico e morale.
Ecco, perché è necessaria una giusta preparazione e competenza, abbandonando tutto quello che è superficiale. La comunicazione deve essere ricca di contenuti e di valori, se si appiattisce la dimensione del cittadino a quella di semplice consumatore non si opera in una prospettiva di crescita, ma in una logica di breve periodo tesa a generare passività nell’ interlocutore.
Bisogna, insomma, coniugare le regole deontologiche e il mercato dell’informazione. È complicato affrontare il tema dell’uccisione dei bambini sui social perché, sempre più spesso, quando viene pubblicato un episodio si scatena la frustrazione dei leoni da tastiera i cosiddetti hater. Gli hater possono danneggiare anche l’esito delle inchieste e delle indagini da parte delle Forze dell’Ordine, sostenendo tesi assolutamente false. Quando l’intolleranza supera ogni limite ad essere compromessa è la verità dei fatti avvenuti e questo è gravissimo.
Inoltre, ricordiamo che la corsa contro il tempo, nella pubblicazione di una notizia, non può diventare sinonimo di trascuratezza e scarsa profondità dell’argomento, soprattutto se le notizie riguardano le categorie più fragili come le donne, gli anziani e i bambini. Bob Marley a proposito del giornalismo italiano disse: “ti chiedo: è vero che gli italiani mangiano solo pizza e sono tutti mafiosi? Perché è questo ciò che scrivono i giornali. Non credere a tutto quello che i giornali scrivono”