Le parole determinano, fondano, creano realtà codici descrivono, sono un arma potentissima perciò determinanti ed in quanto tali, diventano un atto brutale nel mantenere distorsioni culturali cementificate, in un contesto storico – culturale dove tutto legittimamente cambia evolve, ragione per cui risemantizzare le seguenti diventa un obbligo, un atto civile umano, politico, che restituisce in ambito di diritti quel rispetto ancora negato a tantissime persone.
La parola che voglio vagliare è una delle parole più impietose della lingua italiana: “Dipendente”, eccola qui la criminale e nel conseguente ventaglio di significati ne fisso tra i più spaventosi : “Che è alle dipendenze di qualcuno”, ” chi lavora alle dipendenze altrui”, “che dipende, che è soggetto ad altri” .
L’ ultimo significato è eloquentemente una coercizione , sottintende una sottomissione, dipendenza vitale come dalle sostanze inebrianti e stupefacenti , alcol e droghe che come ben sappiamo possono nuocere gravemente e che mentre nel caso della parola, amputano la libertà e l’ autonomia dell’ individuo, in un rapporto tossico e nocivo senza alcuna via d’ uscita.
Ed è proprio in virtù di queste nefandezze che possiamo abbracciare quanto diceva la poetessa statunitense “Emily Dickinson” : come fa la gente a vivere senza pensare – come fanno a vivere? Dove trovano la forza di vestirsi al mattino?
La nefasta “Dipendente” crea gerarchie improprie, illegittime, disuguaglianze in termini di status e potere, esercita su una Scala ben costruita autorità, potere decisionale e comportamentale, abuso, richiedendo esplicitamente sudditanza, obbedienza , costringendoci a qualsiasi forma di
sopruso, negandoci ogni possibilità di azione, rivendicazione nel quadro dei diritti e dignità.
Ebbene credo che risemantizzare la parola , se non annullarla totalmente adottandone una più equa e democratica, come “Collaboratrice / Collaboratore” possa spostare, cambiare le cose , donando una fisionomia nuova a tutti gli apparati sociali, relazionali, restituendo consapevolezza e coraggio .
Ripensare alle parole è un atto rigorosissimo, proprio in questo preciso momento storico, in cui si ricorre a tutto ma grottescamente a tutto, pur di negare un’ esistente oggettiva verità, nitidissima anche in quel di “Marte” ; perché le parole pur essendo un ‘arma possono salvare, …MA come tutte le armi, si possono usare in tanti modi, un coltello taglia anche il pane, affermava la compianta “Michela Murgia” con ancora “Emily Dickinson” : … ora non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere. Ne esistono alcune di fronte alle quali mi inchino, stanno lì come un principe tra i lord. A volte ne scrivo una, e la guardo, ne fisso la forma, i contorni fino a quando comincia a splendere e non c’è Zaffiro al mondo che ne possa eguagliare la luce.
Diamo corpo ad una nuova Epifania delle parole.
Sopra un particolare dell’opera ” Così fan tutti ” di Cosimo Abbatepaolo.