Il racconto, abilmente scritto, ci conduce su un’isola che non è la Sicilia anche se si ha l’impressione di rivivere quella che è stata la storia politica recente della regione. Una narrazione che risulta viva e reale in cui sembra esserci qualcosa di “strano” e anche di poco, diciamo così, “chiaro”
Ho avuto il privilegio di presentare nei giorni scorsi a Messina un’opera prima scritta da un giovane giornalista che stimo, Accursio Sabella. Un romanzo pieno di verità, intuizioni, forza, messaggi positivi.
“Dalla parte giusta” ci conduce su un’isola che non è la Sicilia anche se si ha l’impressione di rivivere quella che è stata la storia politica recente della Sicilia. Una narrazione che risulta viva e reale in cui sembra esserci qualcosa di “strano” e anche di poco, diciamo così, “chiaro”.
Un luogo in cui avviene l’omicidio del governatore Giulio Levante, protagonista di una repentina ascesa politica, ritrovato morto in una casa del Buconero, quartiere malfamato della Capitale. Il momento in cui viene ritrovato morto è collocato all’inizio del romanzo: “Non c’è dubbio: Giulio è morto davvero. Ne prendo atto, e mentre gli sollevo i pantaloni sono già oltre. Oltre, per affrontare quello che arriverà: gestire la cosa, insomma. A dire il vero, non ho idea di come fare, ma so che qualcuno me lo insegnerà. So che me lo spiegherà, come ha fatto per tutto il resto, trasformandomi in ciò che sono”.
Da qui nasce il racconto dell’ ascesa de “I Giusti”, un gruppo politico che ottiene successo come riformatore dei costumi morali, un esempio di onestà e correttezza che ha cercato di cancellare il vecchio potere, legato all’imperscrutabile organizzazione criminale soprannominata Cateria.
La Cateria che cosa rappresenta? È l’ordine delle cose che possiamo definire universale se non addirittura naturale. La Cateria evidenzia chi vince, chi perde, chi comanda, chi obbedisce, chi punisce e chi giudica cosi come si legge nel testo: “Che c’è da studiare della politica? È una cosa semplice: c’è chi comanda e chi subisce”. L’idea di potere è racchiusa in queste frasi: “Il potere non si insegna. Il potere è una scelta. È la scelta di non subire”.
Un vero e proprio ordine sociale. La Cateria è un ordine “toglie di mezzo tutto ciò che non va, rimette ogni cosa al proprio posto, vivaddio”.
E ancora: “La Cateria è l’ordine naturale, come se fosse propria del Creatore che ha infiniti passati e infiniti futuri. (…) La Cateria distingue chi vince, chi perde, chi comanda, chi obbedisce. E pure chi punisce e chi giudica. È ordine sociale. (…) Se fossimo tutti uguali, ciascuno pretenderebbe di scavalcare l’altro, di superarlo, di sostituirsi a lui (…) A questo serve l’ordine. A evitare il confitto. Così, è giusto che il vecchio sia superiore al giovane, perché conosce più cose. (…) La Regione, prima d’ogni altro luogo, perché la Regione è casa. E via dicendo… Ordine, appunto. La Cateria è scala, pentagramma”.
L’autore cerca di spiegare che cosa significa davvero il termine Cateria, parola controversa e di origine incerta.
Ma non tutto è come sembra. Bruno Ponente, disincantato segretario del gruppo e voce narrante del romanzo, riflette sul suo rapporto con gli amici d’infanzia Giulio Levante e Marco Mezzogiorno, guida de “I Giusti”, e ai fatti che li condurrano al vertice della Regione.
Gli ideatori del movimento dei “Giusti” sono intelligenti e infiammano gli animi della gente. Congiure, menzogne, affari e colpi di Stato. Uomini convinti di portare un vero cambiamento. Una campagna elettorale incredibile in cui avviene “la coraggiosa presa di posizione di Giulio Levante, il candidato governatore che ha deciso di spezzare le catene che da troppi anni legano la politica della Regione alla malavita, alla Cateria e ai vecchi poteri. Per farlo, ha deciso di mettere in discussione persino l’altro legame, quello più sacro, il vincolo di sangue”.
Indicativa è la frase che l’autore inserire nel testo: “Dalla parte giusta, questo sì, lo ha detto senz’altro. E mi procura un brivido, come è accaduto tutte le volte che abbiamo ripetuto quella frase dai palchi della nostra campagna elettorale. Parte giusta, parte sbagliata… Io fino a oggi non sono stato mai da nessuna parte. Non credo nemmeno che esistano le fazioni, gli steccati”. Dalla parte giusta è il titolo del volume e non un caso che l’autore scelga di riportarla, perché il lettore deve riuscire a comprendere da che parte stare.
Le vicende di un partito per entrare nei meandri del potere e dei suoi meccanismi. Tanto è vero che la battaglia contro la Cateria serve a loro solo per dominare in maniera indiscussa. Un copione che fa pensare alla Sicilia e a tanti episodi che si sono verificati negli ultimi anni.
Da sociologo della comunicazione mi sono occupato numerose volte della comunicazione politica a livello regionale, nazionale e internazionale. Ho analizzato quello che è cambiato e quello che sta cambiando nella comunicazione politica.
Siamo di fronte ad un contesto sociale che si caratterizza per un clima di disorientamento culturale, nel quale la digitalizzazione della società sembra offrire terreno fertile alla proliferazione di comportamenti sempre più estremi, che hanno un impatto sul sistema di valori e di relazioni ad essi connesse.
La politica ha assunto contorni diversi e complessi e Evgenij Morozov, sociologo e giornalista bielorusso ha dato una definizione che deve farci riflettere. La politica opera sul paradigma del compromesso. “Non è perfetta: alcuni cittadini potranno restare delusi”. L’insoddisfazione è evidente e i risultati non tardano ad arrivare.
Nell’era della disintermediazione, come sostengono i sociologi Cristopher Cepernich e Edoardo Novelli, la transizione dei contenuti a carattere pubblico, e quelli di interesse politico, nei media ha portato al prevalere della logica dei media su quella della politica.
Purtroppo, ci dice il sociologo Brian McNair, la manipolazione come strategia degli attori politici ha un effetto diretto sul modo in cui si forma l’opinione pubblica e quindi il consenso.
La politica, avverte il sociologo Henry Jenkins, dunque sembra sfruttare la disintermediazione per una costruzione del potere fondato sull’annullamento del processo di costruzione della conoscenza, dove non trova spazio la cultura partecipativa per lasciare spazio alla polarizzazione e ad una opinione pubblica fondata sulla misinformation.
Risulta così evidente che il punto di partenza dei cambiamenti che la comunicazione politica sta attraversando e, più in generale, il rapporto tra politica e cittadini, è certamente il concetto di post verità. Il prefisso “post” non significa “next” ma piuttosto un ambiente in cui la verità è irrilevante e prevalgono le credenze radicate nelle emozioni. Il motore della post verità sono le notizie false che, con l’effetto megafono dei social network sono in grado radicare saldamente nella percezione dell’opinione pubblica
Ma non solo. Il privato viene utilizzato dal politico in chiave propagandistica per costruire un’aurea di autenticità e immediatezza con il proprio pubblico, fidelizzandolo, all’interno di un discorso che sfrutta la disintermediazione per creare uno “pseudo” filo diretto con l’utente, ma che in realtà utilizza la trasversalità, la crossmedialità e il meccanismo delle casse di risonanza per conquistare spazio e persistenza in tutti i flussi mediatici.
Un indebolimento che alimenta la forza del linguaggio populista. I media diventano strumenti per governare il potere, e questa connotazione dello strumento ci riporta alla definizione di bias, introdotti dal sociologo Harold Innis, che circoscrive la specifica proprietà del medium come: influenza, tendenza, deformazione, pregiudizio.
Ciò ha contribuito alla costruzione di legami deboli, in pseudo comunità chiuse, che non costruiscono forme concrete di partecipazione. Sintomo più evidente di questa incapacità è rappresentato dalla continua e incessante diminuzione degli elettori.
Le elezioni hanno evidenziato la la disaffezione dei cittadini verso il diritto-dovere di voto. A questo punto, ci spiega il sociologo Michele Sorice, la democrazia diventa azienda, con conseguente danno della rappresentanza e caduta della partecipazione che lascia spazio al prevalere dell’esercizio episodico e intermittente del voto e di cui tanto ha scritto il ricercatore Enzo Risso su Il Domani.
Un processo che interessa molti paesi occidentali ma che in Italia appare particolarmente consistente e che mette in crisi l’equilibrio tra volontà e opinione che, nella visione di Nadia Urbinati, politologa e giornalista, rappresentano i due poteri dei cittadini sovrani.
La volontà si indebolisce, perché le procedure che regolano la formazione delle decisioni si indeboliscono. L’opinione nasce attraverso le comunità social e diventa social politica che si muove cercando lo scontro per ottenere il consenso.
Un capitalismo dei “like” su Facebook e dei “cuoricini” su Instagram che alimenta il potere dolce dell’algoritmo che ci controlla e ci accarezza benevolo e ci suggerisce quello che ritiene conveniente, coinvolgendo anche la politica in questo sistema.
La pandemia ha acuito dinamiche latenti e ha avuto un impatto incredibile sulla vita delle persone. La disinformazione ha contribuito ad alimentare il clima di paura e disorientamento, cancellando buona parte delle consapevolezze. Il ruolo delle agenzie di comunicazione ha contribuito ad alimentare un clima di incertezza e paura. È aumentata l’information gap con la conseguenza di una bulimia comunicativa abbastanza grave.
Il mondo liquido e la società liquida hanno favorito le strutture dell’inganno, dove gli individui si aggregano per condividere le idee simili e si chiudono nella loro zona comfort.
Gli ultimi due anni, dalla pandemia allo scoppio del conflitto russo-ucraino, ci hanno fornito le prove della crisi della credibilità politica. Il problema è proprio quello di recuperare la credibilità che sembra essere perduta. La progressiva perdita di autorevolezza delle istituzioni mostra come vi sia una stretta connessione tra la sfiducia nei confronti dei media e la percezione che hanno i cittadini dei politici e questo Accursio Sabella lo sa bene.
L’autore ha descritto quello che ha visto e sentito, durante la sua esperienza. Quanto ha vissuto è entrato nel romanzo ma il tentativo è quello di raccontare, non tanto una specifica affermazione di una forza politica, tanto quello di narrare i meccanismi del potere. Una storia in cui tutto ciò che appare non sempre è come appare. I protagonisti del romanzo hanno tutti una zona d’ombra che in qualche modo deve essere scoperta. I personaggi hanno i nomi dei venti come fossero sospinti a loro volta dal caso.
Si muovono come figure allegoriche sulle pagine del libro e lo popolano come in una scena di un vero e proprio film. A volte sembrano surreali, ma rimangono convincenti e precisi nei loro discorsi. Un lavoro di scrittura attento tra realtà e finzione come se fosse un rimando di specchi nel mondo della politica.
Accursio Sabella non giudica, ma racconta i fatti e offre suggestioni ai suoi lettori. Uno scenario che permette di vedere gli ambienti, i luoghi e di immaginare le persone presenti.
Il libro non vuole essere un libro di denuncia, semmai di auto denuncia. Una denuncia che riguarda tutti noi come cittadini e come elettori che molto spesso ci facciamo sedurre dalla retorica, dagli slogan e dalla semplificazione della politica o come scrive l’autore: “La gente crede solo alle storie”. E poi ci sono gli annunci pubblicitari che fanno la differenza: “Dietro a un grande marchio, c’è una grande storia”. Non mancano i detti come: “la mala erba non muore mai”.
Diversi passi del volume si possono ricollegare alle lezione di due grandi scrittori siciliani ossia a Leonardo Sciascia, addirittura c’è anche un riferimento chiaro con la frase “A ciascuno il suo”, e a Luigi Pirandello.
Lo scorso 20 settembre, si è svolta la presentazione del libro “Dalla parte giusta” edito da ‘Laurana’ a Messina. È stato un incontro di grande spessore magistralmente moderato dal giornalista Lillo Maiolino. Abbiamo conversato con l’autore e il già Ministro e Senatore Gianpiero D’Alia. L’evento, che ha visto la presenza di un folto pubblico è stato patrocinato dall’Università degli Studi di Messina e promosso dall’Associazione Ulisse di Santa Teresa di Riva (Messina), in collaborazione con la libreria Bonanzinga.
Accursio Sabella, originario di Sciacca, è un giornalista professionista. Per oltre dieci anni ha scritto sul quotidiano online ‘Livesicilia’, occupandosi principalmente di cronaca politica e inchieste sulla pubblica amministrazione. Dal 2018 al 2020 è stato direttore della testata online. Ha collaborato con giornali nazionali tra i quali‘Il Foglio’;‘Il Fatto Quotidiano’ e il settimanale ‘Panorama’. È autore di articoli-saggi sull’opera di Leonardo Sciascia, per la rivista ‘Segno’.Nel 2015 ha vinto il premio indetto dall’Ordine dei giornalisti e intitolato a Giuseppe Francese, come miglior giornalista siciliano emergente.
Da settembre 2020 a ottobre 2022 ha ricoperto l’incarico di vicecapo della comunicazione di un gruppo parlamentare alla Camera dei deputati, da pochi mesi è tornato a occuparsi di comunicazione politica a Montecitorio.
L’autore, nel volume, veicola messaggi importanti: il primo è quello di continuare a credere nella giustizia e nella lotta contro il male. Bisogna puntare ai valori e non possiamo perdere la speranza. Il nostro compito è quello di supportare i giovani e di aiutarli a vivere con serietà e nell’assoluta legalità. Il personaggio Tancredi nel Gattopardo, opera di Tomasi di Lampedusa, pronuncia la celebre frase: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Noi che cosa vogliamo dalla politica? Le strategie politiche devono essere fondate su valori e contenuti. Non ci serve la spettacolarizzazione, cosi come ci suggerisce Accursio Sabella, ma la politica deve ritrovare la ragione dell’ascolto e riconquistare il contatto diretto con gli elettori.