La povertà nel mondo occidentale: un sistema per creare schiavitù

Articolo di Massimo Rossi

Una notizia può far scattare una riflessione su di un tema. A me capita così. Credo che capiti a molti dei lettori. Alcune settimane fa ho letto che un uomo, come tanti, come potrei essere io, ha perso il lavoro, ne aveva trovato un altro, ma non riusciva ad avere una casa e così dormiva in un garage in affitto. Quell’uomo non c’è più, è morto di freddo ed è morto di indifferenza. Come si può tollerare che un uomo di poco più di 50 anni dorma e viva in un garage, lavori, ma non riesca a permettersi una casa e finisca per morire in un garage a causa del freddo? Tutto ciò è intollerabile e disumano. Tutto ciò, purtroppo, non è un caso isolato di povertà assoluta, ma rappresenta uno dei diversi (forse molti) casi di una composta, disperata ed intollerabile povertà nel nostro mondo “civilizzato” ed occidentale. Il quadro che abbiamo davanti in questo Paese e che ci viene raccontato dai media è molto diverso dalla realtà.

Abbiamo file interminabili di poveri (che prima avevano un lavoro o ne hanno uno, ma non guadagnano abbastanza) davanti alle mense comunali di tutte (nessuna fa eccezione) le nostre città. E queste file, oltre ad essersi ingrandite negli ultimi 5/6 anni, hanno raggiunto numeri sempre più cospicui di italiani (nati e residenti in Italia). Non è e non vuole essere una analisi sulla nazionalità, ma anche questo è un dato statistico che deve fare riflettere il lettore. Se persone che erano ben inseriti nel tessuto sociale e lavorativo diventano povere ed in più sono di origine italiana, il tutto deve far riflettere e molto i nostri politici in modo indistinto. La povertà è una realtà non più sporadica o relegata (ed anche questo è grave) a fasce di soggetti immigrati (che con frequenza assoluta vengono sfruttati e vengono resi quasi schiavi per un lavoro che a mala pena li sfama). La realtà è, ormai, allargata a macchia d’olio e le nostre città sono come novelli rifugi di “disperati” ne fanno le spese in termini di sicurezza e serenità della convivenza.

Insomma, si sta passando da “Italiani brava gente” a “Italiani povera gente” e questa trasformazione non è in alcun modo avvertita dal ceto politico che, ancora oggi, si spartisce fette di censo molto alto e non pare avvertire il forte fermento della popolazione. Non vogliamo scagliare accuse o peggio fomentare delle facili deduzioni, ma se noi facciamo anche un quadro di chi gestisce il potere economico nel nostro Paese (poche famiglie e poche realtà imprenditoriali) e chi gestisce il potere politico avvertiamo una certa cointeressenza fra le due fette ideali di una ipotetica torta. Questo è tutto fuorché una buona cosa. L’impressione che l’economia guidi la politica è, ormai, fatto risaputo, ma che il “potere”, quello vero, sia in mano solo di pochi è un fatto pericoloso ed inquietante. La situazione è, altresì, peggiorata dal fatto che il modello economico occidentale è in rapida trasformazione e, mai come ora, l’industrializzazione è basata sulla cibernetica e sulla ampia diffusione di tecnologia che hanno soppiantato e “soppresso” l’attività dell’uomo ed il lavoro dell’uomo. Mai come adesso la rapida modificazione del settore industriale pare fare a meno della manodopera umana.

Quando è necessaria l’impresa di alto livello delocalizza le sedi in Paesi nel mondo, nei quali le tutele per i lavoratori non esistono o sono molto labili e dove i salari sono da fame. L’impresa più importante (probabilmente) dell’Italia negli anni del boom economico, la FIAT, non esiste più e la sua sede è all’estero (Olanda) per godere delle agevolazioni fiscali. La crisi dell’industria, in generale, ha un picco di rilevanza mondiale nel settore automobilistico (ed indotto) che non trova (o pare non trovare) soluzione a breve/medio tempo. La macchina – considerata la cosa più indispensabile – in verità ha saturato il mercato ed allora si è passati alle vetture elettriche pensate con investimenti di notevole importo, ma rivelatosi, allo stato, una vera e propria “bufala”o mera “chimera”. Il mercato non ha capito che dopo aver spolpato tutti coloro che producono con il blocco dovuto al COVID e dopo avere prosciugato ogni possibile risorsa, non era possibile mettere l’auto elettrica tre volte del prezzo dell’auto a benzina o diesel. Si sono, quindi, dipinte delle situazioni che, ad occhio esperto, appaiono molto chiare: una riduzione delle imprese nel mondo, una concentrazione di potere economico, una forte riduzione di manodopera operaia in senso generico dove il lavoro è più tutelato.

E da ciò, appare naturale anche un’altra considerazione: il potere ti controlla meglio se sei in difficoltà economica, se sei, in una parola, “povero”; se poi sei povero ed ignorante non hai speranza. Quindi, la povertà, non solo e non tanto come il risultato di un volano economico che ha iniziato a girare in un certo modo, ma come un disagio planetario ed endemico che determina nuovi assetti economico-politici. La povertà come strumento di oppressione ed un equilibrio mondiale che non vede più totalitarismi politici o di stampo ideologico, ma totalitarismi economici verso i quali anche la politica appare come un “Re Nudo”. Una povertà nei paesi c.d. “via di sviluppo” (che non sviluppano mai) non produceva in termini di assetto socio economico particolari contraccolpi. Si trattava di situazioni, ormai consolidate, dove la principale realtà in tali Paesi era costituita dallo sfruttamento delle materie prime e dalla forza lavoro a basso costo. Non vi è il minimo dubbio che si stia assistendo al riassetto mondiale del fare impresa e quindi produrre ricchezza.

Ma se, fare impresa (e qui, intendo quella di alto livello) vuol dire ridurre in povertà gente perbene che lavo rava e viveva in un Paese che è considerato un vero paradiso artistico, culturale, paesaggistico e gastronomico, credo che non sia fare impresa, ma ridurre in schiavitù persone libere. Quell’uomo in quel garage non voleva altro che poter vivere in modo dignitoso, come viveva anni prima. Non è etico e non è morale che l’economia guidi la politica, lo abbiamo già sostenuto e lo pensiamo fermamente. Abbiamo, però, la terribile (quasi) certezza che tale processo sia irreversibile e che quelle file per un pasto caldo si allunghino e quelle morti per strada si ripetano e la povertà raggiunga, a breve, larghe fasce della società. Al momento, vi è un apparente equilibrio, ma non starei molto al sicuro che ciò duri per molto. Non si deve volgere lo sguardo altrove, ma se si è politici veri si guardi al problema per trovare le soluzioni. Una prima misura dovrebbe essere l’abbassamento dei costi delle materie prime ed una profonda e lineare detassazione delle imprese nel nostro Paese. Si deve mettere mano alla borsa non per chiedere, ma per dare.

Resta un vero rammarico al fine di questa breve analisi, ovvero che la vita di quell’uomo e di tanti altri poteva essere salvata, mentre invece è stata sacrificata all’altare di un Demonio chiamato “lo sterco del Diavolo” (S. Tommaso d’Aquino). La distribuzione della ricchezza mondiale è poi altra questione di immediato acchito. In realtà, non vi è distinzione alcuna, ma accentramento della ricchezza. Tutto ciò, aggrava la situazione del povero lavoratore che non riesce più a trovare una casa, ma vive in un garage e ci muore per il freddo.

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