E’ guerra senza confini tra Instagram, figlio legittimo di Mark Zuckerberg, e Tik Tok ancora in mano ai cinesi. E’ lotta all’ultimo account. Tra pre adolescenti e adolescenti c’è chi li tiene entrambi, per non perdere connessioni, c’è invece chi ha optato per uno dei due. Questa guerra che si è scatenata forse ha stimolato l’attenta analisi di un bravo esperto di comunicazione italiano, capace di aprire finestre sul mondo. Nel suo prezioso volume “Instagram al Tramonto” edito da La Nave di Teseo, apre una profonda riflessione su uno dei social più seguiti del momento. Mi piace prendere spunto da questo libro per interrogarmi sul ruolo che Instagram ha nelle nostre vite, e quale percorso ha compiuto per diventare un colosso tra i Social Media.
Ormai è innegabile che Instagram è uno dei social più in voga e quasi tutti possediamo un account per accedere a questa piattaforma, oltretutto amatissima dai giovani. Quasi non ci ricordiamo più come fosse la nostra vita prima di Instagram e nemmeno cosa facevamo. Eppure sono passati solo 10 anni dal lancio ufficiale. Una piattaforma agile e veloce che consente agli iscritti di farsi conoscere attraverso foto e video. Su Instagram abbiamo i nostri “followers” anziché gli amici come su Facebook. Chi ci segue può commentare le nostre foto e può cliccare sul “cuoricino” anziché il classico “pollice” che troviamo su Facebook.
Abbiamo la possibilità di vedere i post dei nostri followers, possiamo taggare ed essere taggati dagli amici, inserire un “hashtag” che richiama un mondo di altre pagine ed utenti, possiamo caricare le “Instagram Stories” e avviare le nostre dirette in tempo reale. In pochi secondi possiamo vedere su un display cosa sta facendo un nostro amico, o uno dei nostri idoli, e allo stesso tempo possiamo mostrare al mondo cosa stiamo facendo.
Tantissime le foto che possiamo vedere su Instagram, panorami meravigliosi, paesaggi inimmaginabili, sfondi e colori stupendi, ma soprattutto tante tante emozioni che vengono condivise continuamente.
I fondatori di Instagram sono stati due: Kevin Systrom e Mike Krieger. I due decidono di puntare tutto sulla fotografia e di dar vita ad una piattaforma web dedicata alle foto. Infatti, il nome stesso vede la combinazione di due parole: “Istantanea” e “Telegramma” che messe insieme hanno dato vita al nome “Instagram”.
Prima di lanciare il progetto lavorano incessantemente e soltanto il 6 ottobre del 2010 Instagram diventa disponibile per l’Apple Store. Certamente, i due giovani non avevano previsto che Instagram si sarebbe trasformato in un social di cosi ampia portata e che avrebbe consentito loro di guadagnare miliardi di dollari.
Un successo pazzesco e dopo i primi due anni dal lancio, nell’aprile del 2012, viene acquisito da Facebook alla modica cifra di 1 miliardo di dollari e viene resa disponibile anche per tutti i dispositivi Android ed è questo passaggio che permette il salto di qualità…
Il lavoro continua senza sosta e vengono inserite nuove opzioni per far crescere gli iscritti e per suscitare la curiosità in quelle persone iscritte solo a Facebook. Nel 2013 inizia, pian piano, ad essere presente la pubblicità sulla piattaforma, inserendo i primi brand da sponsorizzare. Un algoritmo propone agli utenti le diverse inserzioni in relazione ai loro interessi e da qui si crea un business e un fatturato inquantificabile.
Insomma un’app che è cresciuta nel tempo e in grado di unire gli utenti instameet che si incontrano anche in appuntamenti, in diverse parti del mondo, organizzati dalla società. Questo è il successo di un’app che sta ormai spopolando e di cui io stesso sento la necessità di parlare nelle interviste, negli incontri con gli studenti e in diversi interventi in cui sono chiamato a dare il mio parere da sociologo.
Ultimamente ho partecipato ad un importantissimo webinar in collaborazione con il Comune di Taormina e il patrocinio dell’Università di Messina. Proprio in questa occasione è stato presentato il libro di Paolo Landi “Instagram al tramonto”. Presente la comunicatrice e influencer Silvia Berri. Tantissime persone hanno seguito la diretta Facebook e Instagram. Tutto è stato egregiamente organizzato da Lillo Maiolino, per Associazione Ulisse e in collaborazione con Taormine Act e con l’intervento straordinario del sindaco di Taormina Mario Bolognari.
Mi piacere riportare le impressioni che ho confessato durante le due dirette dopo aver letto il libro di Paolo Landi. Un uomo che vanta un curriculum straordinario nel marketing e nella comunicazione d’impresa. Chi meglio di lui poteva descrivere le dinamiche di Instagram.
L’autore, a mio avviso, ha centrato con la sua lunga esperienza nel mondo della comunicazione le motivazioni su tutto quello che viene postato. In maniera precisa ha cercato di rivelare a se stesso, e agli altri, le diverse sfumature di questa piattaforma coinvolgente che non ci fa mai pensare di essere delle merci. Ha inserito magistralmente nel libro sedici immagini di Oliviero Toscani che sintetizzano i punti fondamentali del testo.
Insomma, uno spaccato del presente che si estende su 18 brevi capitoli che compongono le 99 pagine del libro.
Intervistato da Marco Montanaro, ha dichiarato che: “Il linguaggio tradizionale non ci basta più e dobbiamo fare i conti con queste nuove forme di comunicazione. Per comprendere i nuovi mezzi di comunicazione serve approfondirne la conoscenza. Non possiamo cambiare Instagram, possiamo capirne il funzionamento e di conseguenza cambiare un po’ noi stessi. Instagram con la sua coazione a postare immagini inibisce qualsiasi forma di autocoscienza, per questo non ci vergogniamo (quasi) mai di esporci perfino nei nostri momenti più intimi”.
E ancora, nell’intervista, l’autore conclude: “Ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale. Certo è che il digitale e i social modificano impercettibilmente ma implacabilmente la nostra antropologia, la nostra cultura. Ho la sensazione che per ora siamo nella fase in cui subiamo i diktat tecnologici ma sono sicuro che ancora una volta l’umanesimo vincerà sulla tecnocrazia. Prima o poi la mente umana imparerà a dominare il Frankenstein che lei stessa ha creato, per costruire un mondo in cui la tecnologia sarà solo strumento e non filosofia, come lo è sempre stata in tutte le fasi di progresso della nostra vita”.
Da sociologo della comunicazione non posso che dare ragione a Paolo Landi poiché, in questi anni di studi, mi sono reso conto di come continuamente ricerchiamo approvazione da parte degli altri e ci basta un “cuoricino” su Instagram per essere felici.
Certo, i social si prestano bene a questa “vetrinizzazione” dell’individuo che, pur di apparire e mostrarsi ai propri followers, non evita di pubblicare anche dettagli intimi della propria vita privata.
Qual è il tempo che non trascorriamo online, me lo sono chiesto tante volte, non c’è molto spazio per la realtà e noi stiamo vivendo una dimensione che rischia di creare una situazione di asocialità, dove è necessario postare e ripostare in maniera spasmodica.
Come afferma Paolo Landi speriamo che: “la mente umana riesca a dominare il Frankestein che lei stessa ha creato…”
Già, speriamo e incrociamo le dita.