La ricchezza della lettura. Un altro insegnamento di papa Francesco. In dialogo con la professoressa Merelinda Staita

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Oggi sabato 26 aprile, giorno dei funerali di papa Francesco, vogliamo approfondire con la professoressa Merelinda Staita, docente di Lettere, una collega ma soprattutto amica per chi scrive, un altro e importante messaggio-testamento-lascito di papa Francesco: l’amore per la lettura e il ruolo della letteratura nella formazione di ogni persona. Papa Francesco, conclusi, nel 1963, gli studi di Filosofia viene invitato a insegnare la Letteratura, Arte e Psicologia agli studenti negli ultimi due anni di liceo presso il Colegio de la Immaculada Concepción di Santa Fe. È lì che nasce l’occasione del suo incontro con Jorge Luis Borges (1899-1986) e che invita a tenere alcune lezioni ai suoi studenti. L’opera omnia di Borges è attraversata da una preoccupazione metafisica per il divino. Per lo scrittore argentino il linguaggio poetico e analogo a quello sacro e il volto di Cristo è da cercare negli specchi ove si riflettono i visi umani. «Gli uomini – scrive Borges – lungo i secoli hanno ripetuto sempre due storie: quella di un vascello sperduto che cerca nei mari mediterranei un’isola amata, è quella di un Dio che si fa crocifiggere sul Gólgota».

Papa Francesco riconosce nella pagina letteraria l’apertura di uno spazio interiore di libertà. I «classici» ci leggono, ci educano, ci insegnano come vivere al meglio ogni nostro attimo d’esistenza.

D.: La Lettera di papa Francesco, datata 17 luglio 2024, vuol essere un invito a come re-agire di fronte al «grave impoverimento intellettuale e spirituale dei futuri presbiteri […] ma non solo di ogni cuore dell’essere umano». Da docente di Letteratura, carissima professoressa Merelinda Staita, queste parole cosa le suggeriscono?

R.: «Le parole di Papa Francesco mi colpiscono profondamente, perché toccano un vuoto che anche noi, insegnanti, vediamo ogni giorno: un impoverimento che non è solo culturale, ma prima di tutto umano. Una fragilità diffusa, un’incapacità crescente di ascoltare, di sostare, di interrogarsi davvero. E allora mi chiedo anch’io: come possiamo reagire? Credo che il nostro compito, come docenti, sia prima di tutto quello di accendere domande. Non di riempire teste, ma di alimentare cuori. Di ridare spessore all’interiorità, parola dopo parola, pagina dopo pagina. La Letteratura che amo – quella che insegno, che vivo – rappresenta per me uno spazio di resistenza contro la superficialità e il diffuso egoismo. È un luogo dove il bisogno di verità trova parole. Dove le ferite possono diventare poesia. Dove i giovani possono imparare che non sono soli nei loro smarrimenti. Penso a Dante che attraversa l’Inferno per riscoprire la luce. A Manzoni che crede nella Provvidenza anche nel caos della storia. Sono compagni di viaggio. E noi, come insegnanti, siamo chiamati a riscoprire con loro la bellezza di educare: nel senso più pieno, quello di “tirar fuori” l’anima, l’autenticità, la sete profonda che ogni ragazzo porta dentro, anche quando non sa darvi nome. Reagire a questo impoverimento, per me, significa continuare a credere che ogni lezione può essere un incontro trasformante. Che un verso, un personaggio, una voce del passato può ancora oggi scuotere, accarezzare, risvegliare. Significa rimanere testimoni credibili del fatto che la parola – quando è vera – ha il potere di salvare. E allora sì, la scuola può diventare uno spazio in cui si riaccende la vita e la speranza».

D.: Nella Lettera il papa scrive «per un credente che vuole sinceramente entrare in dialogo con la cultura del suo tempo, o semplicemente con la vita delle persone concrete, la Letteratura diventa indispensabile […] la Letteratura prende spunto dalla quotidianità della vita, dalle sue passioni e dalle sue vicende reali». Il papa si chiede ed io chiedo a lei: come possiamo parlare al cuore degli uomini e delle donne se ignoriamo, releghiamo o non valorizziamo “quelle parole” di Dante, Petrarca, Manzoni, Leopardi, Verga, Pascoli, Ungaretti, Montale, Morante, Sciascia, Ginzburg, Pasolini, Calvino – per rimanere nel quadro della Letteratura italiana – con cui questi autori e autrici hanno voluto rivelare il dramma del loro vivere e del loro sentire attraverso romanzi e poesie?». I libri – annota il Papa – sono compagni di viaggio. La Letteratura universale manifesta «la “carne” di Gesù Cristo»: quella carne «fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore». In definitiva la letteratura serve «a fare efficacemente esperienza della vita». E dunque «leggendo un testo letterario» vediamo con gli occhi degli altri, «scopriamo che ciò che sentiamo è universale» e siamo meno soli. Carissima professoressa Staita, che è anche un’autrice di premiati ma soprattutto amati versi, perché a scuola si fatica «a fare efficacemente esperienza della vita», si fatica «a fare efficacemente» Letteratura?

R.: «Credo che a scuola si faccia fatica a “fare efficacemente esperienza della vita” attraverso la Letteratura perché, spesso, ci si dimentica che la Letteratura è “carne viva”. È sofferenza, amore, inquietudine, desiderio di senso. È tutto ciò che ci attraversa ogni giorno, anche se non sempre abbiamo le parole per dirlo. E la scuola, con i suoi ritmi serrati, le sue verifiche, i suoi progetti, i suoi programmi da completare, troppo spesso lascia poco spazio a questo ascolto profondo. Dobbiamo avere il coraggio, come docenti, di metterci in gioco anche noi. Di credere davvero che quei testi, ancora oggi, sanno parlare all’anima delle persone. Non possiamo parlare al cuore dei ragazzi se non li aiutiamo a riconoscere sé stessi in Dante che cerca la strada smarrita, in Manzoni che racconta la paura e la fede, in Morante che grida la rabbia dell’ingiustizia, in Calvino che cerca leggerezza per restare umani. La Letteratura è un abbraccio a ciò che siamo e, se non la facciamo vivere così, rischia di ridursi a un semplice esercizio. La verità è che la letteratura ci salva. Salva anche me, ogni volta che torno a quei testi con occhi nuovi, grazie anche ai miei studenti. Per questo non possiamo trattarla come un semplice “argomento di studio”. È un’esperienza, un incontro. È, come ha sostenuto Papa Francesco, compagnia nel viaggio, luce che rischiara. È quel momento in cui uno studente ti dice: “Prof.ssa, questa poesia sembrava parlasse proprio di me”. E allora capisci che la lezione è riuscita, che il ponte tra parole e vita è stato costruito. Ed è lì che, insieme, impariamo davvero a vivere».

D.: Quanto della «biblioteca» di papa Francesco – Dante, Manzoni, Dostoevskij, Hölderlin, Péguy – alimenta e ha alimentato il cammino della sua formazione e maturazione umana e professionale?

R.: «Molto della “biblioteca” di Papa Francesco ha nutrito anche la mia formazione, non solo come docente, ma come persona. Dante, Manzoni, Dostoevskij, Hölderlin, Péguy: non sono soltanto autori da studiare, ma voci che hanno segnato intensamente il mio modo di guardare il mondo, di leggere l’animo umano, di credere nella forza della parola. Dante mi ha aiutata a capire quanto sia importante la ricerca di “senso e significato”. Manzoni, con la sua fede incarnata nella Storia, mi ha insegnato la responsabilità della parola, il valore del bene anche nei giorni della paura, l’importanza del dubbio che non è debolezza ma introspezione. Dostoevskij ha inciso nel profondo la mia visione dell’Uomo: i suoi personaggi mi hanno fatto comprendere che l’animo umano è un abisso e una vetta insieme, e che solo uno sguardo pieno di misericordia può abbracciare questa complessità.

Hölderlin, con la sua lingua poetica che sfiora l’assoluto, e Péguy, con il suo cristianesimo vissuto come lotta e fedeltà, mi hanno trasmesso la bellezza del resistere alla superficialità, del pensiero che si fa preghiera, carne, battaglia d’amore. Tutti questi autori mi hanno formata prima ancora di diventare insegnante. Ma è nel dialogo quotidiano con gli studenti che ho appreso quanto quelle letture abbiano lasciato una traccia viva: ogni volta che riesco a trasmettere non solo un sapere, ma un sentire, ogni volta che la Letteratura diventa un incontro, una rivelazione, una condivisione autentica, sento che il cammino fatto con questi maestri di umanità continua ad alimentare anche la mia esperienza professionale. Perché insegnare, in fondo, è un atto d’amore ed io ne sono davvero convinta. E l’amore si nutre di storie che ci scuotono, di domande che ci superano. Esattamente come quelle che ci lasciano questi grandi autori. Papa Francesco, con il suo sguardo attento e umano, ci ha indicato quanto quelle parole siano ancora necessarie e attuali. Grazie, Papa Francesco, per quanto hai donato a noi insegnanti, per averci ricordato l’importanza di educare con il cuore e di formare con coscienza i nostri studenti».

Related Articles