Alcune esistenze hanno la forza di segnare la storia, di caratterizzarla. Alcune parsone nascono per restare incastonate nel tempo e, anche quando muoiono, sembra che non siano mai andate via. Sono ormai passati svariati mesi dalla scomparsa di Raffaella Carrà, eppure pare che stia da qualche parte dietro le quinte a provare per un nuovo spettacolo che dovrà iniziare. Le televisioni italiane e spagnole continuano a mandare in onda omaggi che ricordano il personaggio televisivo perché la sua vita ha veramente segnato la storia. Dietro l’aspetto di un personaggio di tale calibro si nasconde una rivoluzione che porta proprio il suo nome, una rivoluzione che scandisce un periodo chiamato post-Carrà, caratterizzato da cambiamenti veramente molto importanti che hanno come centro soprattutto il concetto di emancipazione femminile.
Raffaella Carrà certamente è stata lo strumento attraverso il quale molti aspetti della vita delle persone – nella fattispecie delle donne – soprattutto in Italia e in Spagna, sono fortemente cambiati per migliorarne le condizioni anche e specialmente nel mondo del lavoro. Nessuno, prima di “Pronto, Raffaella?” (1983-1985), pensava che una donna – una ballerina “con due belle gambe, e anche svelte, solitamente non viene mai presa in considerazione per il cervello” – potesse reggere i ritmi giornalistici e tenere il confronto con uomini di calibro politico e non solo. Il programma venne preso come oggetto di studio da varie televisioni internazionali e al centro c’era una donna, c’era lei, la Carrà, che ora vestiva i panni di femmina coraggiosa e conduttrice: “Sono molto contenta di quello che mi sta accadendo perché significa che l’immagine femminile ha credibilità e questo, per tutte le donne, è importante”, diceva Raffaella in un’intervista di Gianni Minà nel 1984. Tutti ricordano che, alcuni anni prima di quel programma, la Carrà fece arrabbiare la Chiesa perché ballava una danza presentandosi in scena con l’ombelico di fuori, rompendo così i tabù sul vestiario femminile in televisione. Tuttavia Raffaella ha portato sul palcoscenico mondiale le sue canzoni, alcune delle quali hanno veramente rivoluzionato il Costume italiano e spagnolo poiché riuscivano, con simpatia e sensualismo, a buttare giù il muro del pregiudizio che girava intorno al mondo femminile. Con “A far l’amore comincia tu”, per esempio, Raffaella voleva trasmettere che, nel rapporto di coppia, il timone può essere impugnato anche dalla donna. Ma con “Come è bello far l’amore da Trieste in giù… E se ti lascia, lo sai che si fa, trovi un altro più bello che problemi non ha” è tutta un’altra storia, infatti Raffaella faceva coraggiosamente “Tanti auguri” alla donna “che tanti amanti ha”. D’altro canto in Spagna, con un’altra “trasgressiva” canzoncina, diceva che le era impossibile resistere alla passione per gli uomini: “Todos los chicos me gustan sin excepción… Que impresión no poder soportar la pasión”. Nella Penisola iberica Raffaella porterà – nel 1975 e poi dal 1976 con “La hora de Raffaella Carrà” – un’ondata di rivoluzionaria freschezza, con la quale caccerà via per sempre da quel Paese la tristezza di un periodo cupo come il Franchismo. La Carrà fu presa dagli spagnoli come simbolo di libertà: “Noi spagnoli vedemmo in lei una forma di pienezza, la identificammo con la nostra giovane democrazia e con la nostra nuova voglia di vivere, dopo la dittatura” (Manuel Vilas, la Repubblica, luglio 2021).
Raffaella è riuscita a buttare giù anche i preconcetti che giravano intorno – e purtroppo ancora oggi girano – al mondo LGBTQ cantando la sua “Luca”: “Lo vidi insieme ad un ragazzo biondo. Chissà chi era, forse un vagabondo, ma da quel giorno non l’ho visto proprio più”, pertanto la Carrà diventa simbolo di libertà anche sessuale. D’altro canto Raffaella è sempre stata a favore delle coppie omosessuali che desiderano adottare un bambino; lei stessa ha detto più volte di essere cresciuta con due donne – sua madre e sua nonna – e di essere venuta su piuttosto bene. La madre di Raffaella, infatti, divorziò dal marito e questo caratterizzò la personalità della Carrà che, andando coraggiosamente controcorrente, fu sempre favorevole anche al divorzio che per le donne, certe volte, era il prezzo da pagare con coraggio per ritrovare la libertà perduta. Raffaella non si sposò mai perché, pensava, che la sua libertà era una cosa troppo importante per tenerla, in qualche modo, limitata.
Spesso la Carrà soleva dire di sé che era una cantante che andava anche vista e non solo ascoltata, infatti sapeva bene che, presentandosi in scena con abiti succinti, pieni di scollature, piene di pietre e di ricami lì dove abitualmente non si vedevano, poteva continuare a perorare la sua causa in favore delle donne; di dare sfogo a quelle che erano le loro fantasie, spesso taciute. Insomma se oggi Raffaella Carrà è icona di libertà, di coraggio, di sensualità, di femminismo non è un caso, questa medaglia se l’è guadagnata a pieno titolo. Il periodo post-Carrà, pertanto, è caratterizzato da molti venti di cambiamento, tra cui un’emancipazione femminile non indifferente: le donne hanno la consapevolezza di poter essere autonome in tutto e per tutto; nel lavoro; nel rapporto di coppia; nelle scelte personali. Le donne, anche quando vivono un amore non corrisposto, possono avere la meglio sugli uomini e con testa alta dire: “Perché tu sei un bandito, mi hai fregato il cuore, ma non te lo dico… Io ti voglio bene, ma non te lo dico”. Tale periodo è scandito anche da una libertà sessuale e da una libertà di espressione.
“Raffaella Carrà: the Italian pop star who taught Europe the joy of sex”, si legge sul “The Guardian”: Raffaella Carrà è la pop star italiana che ha insegnato all’Europa la gioia del sesso.