La scorta, terzo film di Ricky Tognazzi, girato due anni dopo il successo di Ultrà (1991), lo definirei una pellicola verità, ispirata ai tragici eventi dell’attualità nazionale, senza dimenticare la lezione del grande cinema di genere, per le scene d’azione, gli inseguimenti e le riprese dall’alto di una Trapani livida e cupa. La carriera di Tognazzi regista si è poi focalizzata su buoni lavori televisivi e alcuni documentari, ma in questa pellicola dimostra tutta la sua tecnica, oltre alla voglia di impegnarsi, di prendere posizione su fatti storici del nostro presente. Il film è liberamente ispirato agli eventi accaduti al giudice Francesco Taurisano e agli agenti della sua scorta (come recita la didascalia iniziale), racconta le vicissitudini di un magistrato che conduce una delicata inchiesta in Sicilia, in una procura ostile che fa di tutto per insabbiare le sue indagini. David di Donatello e Nastri d’argento, premi e consenso della critica, per un film importante, apprezzato anche da chi ama il cinema poliziesco, perché in definitiva è una storia di genere, pur calata in una realistica cornice di malavita mafiosa. La scorta è recitato in dialetto siciliano, non stretto, ma i sottotitoli avrebbero aiutato la comprensione dei dialoghi, ambientato molto bene in una Trapani grigia e plumbea, persino piovosa, fotografata con lirismo nero dal bravo Torresi, montato con tempi da noir da Simoncelli, dotato di un’ottima colonna sonora di Morricone. Tognazzi ci regala movimenti di macchina insoliti, riprese di spiagge assolate, carrellate sui lungomari cittadini, notturni piovosi, piani sequenza per le stanze di un palazzo di giustizia dei dolori, mirabolanti scene d’azione come da tempo non si vedevano. Un piccolo capolavoro è la sequenza dell’autobomba con la tragica morte di un componente della scorta che difende la figlia del giudice dall’attentato. Sceneggiatura (Diana e Izzo) che non fa una grinza, oliata come un buon thriller nordamericano, ma del tutto italiana, anzi siciliana, per una certosina ambientazione nei meandri dei misteri mafiosi e nelle connessioni tra politica e malaffare. Un vero peccato che Ricky Tognazzi non abbia proseguito su questa strada cinematografica, tra impegno e genere, perché le doti tecniche e artistiche non facevano difetto. Due parole sugli attori, soprattutto su gente come Amendola e Memphis, in questo film (e in altri del periodo) davvero bravi, che poi si sono seduti sugli allori. Carlo Cecchi è credibile nei panni del procuratore che indaga ma viene osteggiato dalla politica e dalla magistratura collusa, mentre Leo Gullotta si ritaglia una piccola parte da talpa nei meandri del palazzo di giustizia. Volti e ruoli molto azzeccati con attori ormai storici per ogni tipo di mafia movie, come Sperandeo e Burruano, ma anche brevi camei di Simona Izzo (sceneggiatrice e moglie del regista) nei panni della consorte del giudice e Angelo Infanti come giudice. Da riscoprire.
Regia: Ricky Tognazzi. Soggetto e Sceneggiatura: Graziano Diana, Simona Izzo. Fotografia: Alessio Gelsini Torresi. Montaggio: Carla Simoncelli. Musiche: Ennio Morricone. Scenografia: Mariangela Capuano. Produttore: Claudio Bonivento. Paese di Produzione: Italia, 1993. Durata: 92’. Genere: Poliziesco, Drammatico. Interpreti: Claudio Amendola (Angelo Mandolesi), Enricolo Lo Verso (Andrea Corsale), Carlo Cecchi (Sostituto Procuratore Michele De Francesco), Ricky Memphis (Fabio Muzzi), Leo Gullotta (Polizzi), Santo Bellina (Salvatore Genna), Benedetto Raneli (Presidente Caruso), Tony Sperandeo (Raffaele Frasca), Ugo Conti (Nicola Torre), Francesco D’Ajola (Anna Spano), Michele Volpentesta (Marco Corini), Lorenzo Indovina (Lia Corsale), Angelo Infanti (Giudice Luigi Barresi), Luigi Maria Burruano (informatore), Giovanni Alamia (Nino Carabba), Guia Jelo (Rosalia Carabba), Mimmo Mignemi (Maresciallo), Claudio Spadaro (Farina), Rita Savagnone (La madre di Angelo), Simona Izzo (La moglie del giudice), Nunzia Greco (Signora Bonura), Francesco Siciliano (Agente Marchetti), Elda Alvigini (Milena), Giacino Ferro (on. Nestore Bonura), Nanni Picone.