Il rilancio del paese non può non partire dalla Sicilia. Può sembrare un’affermazione smentita dai fatti, ma è solo (ri)partendo dal Sud che tutta l’Italia può fare il tanto agognato salto di qualità. Tutti gli indicatori economici del Sud ci raccontano una situazione drammatica. Parliamo quindi di un disagio sociale che ha colpito altrettante famiglie, milioni di persone. Ma il popolo meridionale non è rassegnato, tutt’altro.
Mortificato da una classe politica spesso inadeguata, se non corrotta, punito con infrastrutture degne di un Paese di “serie B”, incapace di godere i benefici delle ingenti risorse messe a disposizione dalla programmazione europea, che i politici non sono stati in grado di spendere, di utilizzare al meglio, le donne e gli uomini del Sud continuano a lottare, a sperare, a rimboccarsi le maniche. A questo punto, però, è davvero necessario uno scossone, un impeto d’orgoglio. Il rischio di finire ai margini dell’Europa è serio, non è campato in aria.
La riscossa del Sud può e deve partire da una classe dirigente preparata, umile, onesta, pragmatica. È solo da questo momento che sarà possibile mettere in moto la macchina dello sviluppo.La classe dirigente siciliana non ha mai creduto nel cambiamento, salvo, quando costretta, concorre a cambiare tutto, solo formalmente, perchè nulla cambi sostanzialmente, come faceva dire Tomasi di Lampedusa al suo personaggio del Gattopardo. Non è classe dirigente visionaria, che scommette, che rischia. “L’ Italia, senza la Sicilia, non lascia alcuna immagine nell’anima: qui è la chiave di tutto“. Goethe. È da qui che bisogna partire, per costruire una classe dirigente all’altezza del compito che abbiamo davanti a noi.