L’11 maggio 1889 è la data di fondazione della Società Dante Alighieri, l’istituzione italiana per la diffusione della nostra lingua e cultura nel mondo. La nascita della Società Dante Alighieri si deve al pensiero e all’azione del poeta Giosue Carducci (il nostro primo poeta insignito del Nobel per la letteratura nel 1906) che con altre 159 personalità ne scrisse il Manifesto. Una Società che ha dato e dà prestigio al nostro Paese proiettandolo, fin dalla fine dell’Ottocento, in una dimensione europea. Nel nome del Sommo Poeta si è compiuta l’unità linguistica e conseguentemente politica dell’Italia. Tutti i Presidenti della Repubblica ed in particolare gli ultimi (da Pertini a Mattarella) hanno indicato e indicano nella Società Dante Alighieri una coscienza e un progetto costitutivo della nostra nazione.
La Società Dante Alighieri fondata alla fine del XIX secolo porta con sé tutte le speranze, gli aneliti, gli obiettivi dell’epoca ottocentesca – iniziata con la grande “ubriacatura romantica” del mito di Napoleone e continuata con i grandi entusiasmi per le rinascite nazionali; il secolo degli ingegneri e delle nuove tecnologie che incidono sull’architettura, sull’urbanistica che cambia il profilo della città, del potere dell’industria ma anche il periodo che esprime e riflette la miseria delle masse operaie, il lamento degli operai, degli sfruttati e l’emergere del genio femminile – e le speranze di una visione significativa del futuro come “spazio aperto” di lingue e di popoli.
«La Società Dante Alighieri e l’insegnamento dell’italiano L2 – LS in contesto migratorio» di Armando Giardinetto, docente di Lettere e docente di italiano L2 nella scuola secondaria di II grado, è un volume – frutto di studio e passione per la lingua italiana – che affonda le radici nella nostra Storia. Il motto dei padri fondatori della Società Dante Alighieri, il “mondo in italiano”, esprime chiaramente i sentimenti della promozione della lingua e cultura italiana.
D.: Professore Armando Giardinetto ci racconta come è nata la sua passione per lo studio della lingua italiana e come questo volume ne raccoglie e esprime i temi e gli obiettivi?
R.: La mia passione per la lingua italiana cammina di pari passo con il mio amore per la letteratura. Ricordo perfettamente il mio primo vero incontro con essa che avvenne durante l’adolescenza mentre leggevo “Il fu Mattia Pascal”: uno di quei testi che ti vengono assegnati per le vacanze a scuola. Fu amore a prima vista! A Pirandello seguirono diversi autori: Verga; D’Annunzio; Morante; Leopardi e tanti altri che, più avanti, ebbi modo di approfondire durante il mio percorso universitario, da lì la voglia di scrivere. Il mio saggio – edito dalla Fondazione Mario Luzi – parla della storia e dell’operato della Società Dante Alighieri che si sviluppa in un periodo molto delicato per gli italiani. Intorno alla storia della Società gira un altro argomento portante del testo che è l’insegnamento della lingua italiana ad opera proprio della Dante Alighieri ai nostri connazionali durante il fenomeno migratorio di fine ‘800 inizi del ‘900, prima, e poi agli stranieri di tutto il mondo, dentro e fuori i confini nazionali. È importante ricordare che la Dante Alighieri ha aperto moltissime scuole di italiano sparse nel mondo dove gli stranieri possono, non solo imparare la nostra meravigliosa lingua e ottenere il certificato PLIDA, ma anche avere una visione a 360° sulla storia e sulla cultura italiana. I temi trattati, quindi, sono tre, di cui il principale è la storia della Dante Alighieri. Parlo, infatti, della fondazione, dei primi soci e dei loro discorsi; dei primi congressi; dei fattori politici ed economici che caratterizzarono i primi decenni della Dante; della partecipazione attiva delle donne per la propaganda; dei compiti svolti. Il secondo tema riguarda lo sfondo storico, sul quale si muovono i fatti, cioè il periodo della grande emigrazione e, secondariamente, del fenomeno migratorio che vede l’Italia non più come paese dal quale emigrare, ma come uno ospitante. Il terzo tema mira alla spiegazione delle fasi evolutive dell’insegnamento dell’italiano ai nostri connazionali emigrati alla fine dell’800 e nel periodo fascista. Mi soffermo, poi, sull’insegnamento dell’italiano L2-LS. Pertanto, l’obiettivo è quello di dare l’opportunità al lettore di soffermarsi sui fatti che hanno portato alla nascita della Società Dante Alighieri e sulla sua missione: l’insegnamento della nostra lingua e la promozione della letteratura e della cultura italiana in tutto il pianeta.
D.: Qual è oggi lo status in Europa e nel mondo della nostra lingua italiana? Se in passato essa fu amata da Goethe, considerata la “lingua degli angeli” da un personaggio di Thomas Mann, la più “dadaista delle lingue europee” secondo il poeta russo Osip Mandel’stam oggi, invece?
R.: Certamente l’italiano è una lingua molto apprezzata dagli stranieri, questo lo vedo sempre nelle mie classi di italiano L2, perché la nostra lingua è sicuramente aggraziata, delicata, dotata di musicalità. Non a caso è stata per secoli scelta per scrivere parodie; per le canzoni che parlano d’amore; per le poesie. Pensiamo alle rime; alla grande varietà di figure retoriche; all’accentuazione vocalica; alla libertà lessicale. Non a caso il Sommo Poeta la definisce la lingua del Sì che suona. Il tedesco Thomas Mann, d’altro canto, fa dire a uno dei suoi personaggi che l’italiano è la lingua parlata dagli angeli del cielo, quindi la mette in bocca a creature celestiali e, perciò, in Paradiso si parla in italiano. Goethe ha amato moltissimo l’italiano così come tanti altri scrittori e scrittrici come, per esempio, Madame de Staël la quale sosteneva fortemente che era una gioia ascoltare gli italiani e che solo sentendo cantare in italiano si può realmente capire la musica. Pensavano alla stessa maniera Rousseau e Diderot e se il poeta russo Osip Mandel’stam portava sempre con sé una Commedia tascabile, non possiamo non farlo anche noi, quando andiamo in giro per il mondo, perché lingua e letteratura non si potranno mai dividere. Nel mio saggio alcuni paragrafi spiegano, in linea di massima, la situazione dell’insegnamento della nostra lingua nei cinque continenti con lo sguardo proiettato verso il futuro. Ebbene, oggi l’insegnamento dell’italiano LS, cioè impartito fuori dai confini nazionali, gode sicuramente di momenti felici anche se a volte, in alcune parti del mondo, non ci sono abbastanza fondi per realizzare tutti i progetti poiché alcuni di essi restano solo su carta. Altre volte, invece, la scelta degli studenti cade su altre lingue da studiare a danno dell’italiano. Tuttavia, grazie all’operato di varie università – come quella per stranieri di Siena e di Perugia – i corsi vengono attivati in tutto mondo: Brasile, Argentina, Australia, per fare un esempio. La Società Dante Alighieri, dal canto suo, porta l’insegnamento della lingua in ogni angolo del pianeta, aprendo scuole anche in Africa e in Asia. Qualche tempo fa il linguista Pietro Trifone ha diretto una ricerca sulla diffusione dell’italiano nel mondo, dalla quale è emerso che l’italiano è tra le prime cinque lingue studiate, essa viene scelta dagli studenti appassionati della cultura italiana, quindi nel mondo ci sono fortunatamente moltissimi “italsimpatici” come direbbe Andrea Riccardi, presidente della Dante Alighieri. Secondo la ricerca di Trifone l’italiano appare al secondo posto delle lingue più studiate in Austria, Malta, Romania, Argentina e in Australia; tuttavia, non figura mai al primo posto e, pertanto, bisognerebbe sensibilizzare gli studenti di tutto il mondo sull’utilità professionale e i vantaggi economici nella scelta dell’italiano come lingua da studiare. In una sua intervista rilasciata nel 2019, Andrea Riccardi dice che c’è sicuramente una crescente domanda di insegnamento-apprendimento dell’italiano poiché esso è alla moda – pensiamo solo al made in Italy – però bisogna che le scuole, le università, gli enti, le associazioni lavorino su una linea comune perché possano promuovere ed instituire numerosi corsi di italiano L2-LS nel mondo.
D.: Nel tuo volume un’attenzione particolare è dedicata al fenomeno dell’immigrazione e dell’emigrazione. Come la Società Dante Alighieri si impegna nella lotta contro l’analfabetismo non solo nel nostro Paese ma anche nelle terre di emigrazione? Quale politica culturale si potrebbe proporre per la cosiddetta “fuga dei cervelli”?
R.: Sì è vero, nel libro parlo ampliamente del fenomeno migratorio e di tutto ciò che lo ha caratterizzato. Questo mi sembrava inevitabile dal momento che la nascita della Dante Alighieri avvenne proprio in quegli anni difficili per gli italiani che dovettero abbandonare l’Italia per andare
in cerca di fortuna fino ad arrivare in America, dove nacque la Little Italy. Sappiamo che gli emigranti italiani appartenevano a quella fetta di popolazione totalmente analfabeta o semi-alfabeta, cioè di gente che parlava l’italiano popolare, con cui venivano scritte le lettere che viaggiavano oltreoceano fino ad arrivare nelle mani dei parenti rimasti nei piccoli paesi rurali. Di queste lettere, nel libro, ho voluto inserire degli estratti dove si evidenziano errori di ortografia, morfologia, sintassi e lessico, palesemente influenzate dal dialetto di provenienza di chi scriveva. Fu in quelle terre lontane che la Dante Alighieri cominciò la sua missione di insegnamento della nostra lingua ai nostri connazionale per cercare di risolvere il problema dell’analfabetismo. Oggi come ieri la Società continua ad investire sull’insegnamento dell’italiano attraverso le sue numerosissime scuole. Andrea Riccardi dice che l’italiano va divulgato, cioè deve essere concepito come un fatto popolare, accessibile a tutti. In merito alla fuga dei cervelli – ne parlo nel libro – va detto che il problema non è tanto andare via dall’Italia per fare nuove esperienze, bensì ritornare nel proprio Paese. Questi ragazzi, dopo un tempo di formazione e di lavoro trascorso all’estero, hanno la garanzia di poter lavorare nel settore per il quale hanno studiato se rientrano in Italia? Questa è la domanda da porci e, se la risposta è no, allora bisognerebbe lavorare per assicurare ai giovani un futuro migliore anche a casa loro.
D.: La lingua è alla base dell’integrazione degli immigrati ma anche di ciascuno di noi. Essa costituisce un ponte, contribuisce all’edificazione e alla formazione (Bildung) della persona. Qual è la tua esperienza al tal riguardo dapprima come studente di Lettere presso l’università degli studi di Napoli “L’Orientale” e poi da docente in una scuola secondaria?
R.: All’università ho studiato due lingue straniere adottando un approccio di studio di comparazione con l’italiano e fu grazie a questo che mi innamoravo sempre di più dei meccanismi linguistici nascosti dietro ad ogni frase che scrivevo o leggevo. Dopo la laurea triennale in lingue e letterature straniere, che scelsi perché comunque sono sempre stato attratto dallo studio delle lingue in generale, mi iscrissi alla magistrale in didattica di italiano L2 perché ebbi la fortuna, durante un viaggio di studio in Spagna, di incontrare delle persone che insegnavano l’italiano ai migranti e immediatamente mi si aprì un universo sconosciuto. Qualcosa dentro di me mi diceva di dover percorrere quella strada a prova del fatto che, sin da bambino, ho sempre pensato di fare l’insegnante. Passato del tempo, un giorno, quasi inaspettatamente, mi ritrovai nelle vesti di insegnante volontario in una scuola di italiano L2 a Napoli chiamata Scuola di Pace, che è un’oasi di pace, per l’appunto, dove avviene il meraviglioso incontro di numerosissime culture diverse tra loro tutte alle prese con l’apprendimento dell’italiano. Il mio primo giorno di lavoro fu molto emozionante e fu proprio in quella occasione che promisi a me stesso che avrei sempre, quanto meno, cercato di fare arrivare dall’altra parte della cattedra il mio amore per le Lettere. La lingua è uno strumento necessario per l’integrazione dei migranti. Essa, in una società democratica, rappresenta il mezzo perché i migranti possano costruirsi una posizione di rilievo sociale nel Paese ospitante. L’ultima parte del mio saggio è costituita da un’appendice che racchiude quattro interviste che ho voluto fare ad alcuni dei miei studenti e studentesse di italiano L2. Ebbene, da queste interviste emerge la difficoltà che vivono giornalmente i migranti che arrivano in Italia spinti da varie motivazioni, ma la cosa che li accumuna è certamente lo studio della nostra lingua. Alcuni di questi hanno frequentato il corso e superato, con grande soddisfazione, l’esame di livello B2. Un’altra questione importante, che non andrebbe sottovalutata, riguarda gli studenti di seconda generazione che, nelle nostre scuole, sono numerosissimi e che partecipano volentieri ai corsi di italiano L2 attivati durante l’anno scolastico. Questi studenti vivono confusi come se fossero divisi tra due mondi e, di fatto, essi si dividono sicuramente tra due culture: quella di origine e quella italiana. Pertanto, la scuola deve essere in grado di instaurare con loro e le famiglie un efficace dialogo che è certamente alla base, come direbbe Andrea Riccardi, della “globalizzazione umana e umanista”, che purtroppo manca.