Il cinema comico italiano una volta era caratterizzato dalla commedia e dalla farsa, due generi ben definiti con opposte ambizioni, a volte incontravamo prodotti grotteschi, persino trash, demenziali, ma erano piccole produzioni, folli quanto geniali. Penso ai film di Ciro Ippolito, cose come Arrapaho, ma anche Attila di Castellano e Pipolo con Abatantuono, che non ricevevano certo contributi istituzionali. La solita commedia – Inferno (la speranza è che si fermi al primo canto e non vada oltre) è un film indefinibile, trash quanto irritante, per niente comico, zeppo di trovate assurde e di travestimenti para televisivi desunti dal programma I soliti idioti. Biggio e Mandelli ci riprovano visto il successo dei due film sul filone de I soliti idioti, trovano una produzione ricca e il sostegno della Film Commission Torino Piemonte, ma spendono ben 3 milioni di euro per incassarne 800.000 scarsi. Una tantum anche il pubblico punisce l’arroganza e l’ignoranza fatta pellicola decretando un flop epocale a una pletora di assurdi personaggi messi in scena da Biggio, Mandelli, De Plano, Falco, Foschi, Leonardi, Pierobon, Tognazzi, Virgilio, Ripoldi e Loizzi. La trama si racconta in poche battute. L’Inferno non sa come fare per accogliere i nuovi peccatori. Minosse trova che le suddivisioni tradizionali non siano più adatte ai tempi. Lucifero e Dio concordano che Dante Alighieri deve tornare sulla Terra (in Italia, a Torino, location del film) per informarsi sui nuovi peccati e sulle diverse tipologie di peccatori. Dante è Mandelli – manco a chiederlo – vestito con un buffo costume d’epoca, il tradizionale abito con cui i pittori raffigurano Dante. Biggio è un moderno Virgilio, convinto niente meno che da Gesù (Falco) a dare una mano al sommo poeta. Sono sei i gironi danteschi che si snodano nel corso di una giornata, durante lo svolgersi della pellicola: Il bar alle otto del mattino, Il traffico nell’ora di punta, Il supermercato, La pubblicità invasiva, Il condominio e La movida, come rappresentazione dei moderni vizi e difetti della società. Qualche trovata interessante ne Il supermercato, dove regista e sceneggiatori citano gli zombi di Romero e identificano i consumatori come morti viventi mossi dall’esigenza di accaparrarsi prodotti inutili ma pubblicizzati. Non male anche la stigmatizzazione della schiavitù da cellulare che finisce per colpire un individuo alieno da tali congegni infernali, lettore di Kafka in metropolitana, che finisce per convertirsi alla follia collettiva da connessione globale. Ributtante la parte in cui si getta a capofitto nella tazza di un cesso ricolmo di escrementi per recuperate il prezioso cellulare. Tutto il resto è il trionfo del trash, persino Gianmarco Tognazzi sprofonda nel niente della sceneggiatura, interpretando Padre Pio e il Ministro della bruttezza. Biggio ci regala le caratterizzazioni più assurde: Virgilio, Lucifero, lo psicopatico Rodolfo, il tipo che urla, un ciclista… Mandelli imperversa come Dante di rosso vestito, ma è anche Minosse, Pietro, Armando, il tenente Cicci… Uno dei punti più bassi del cinema italiano contemporaneo.
Regia: Fabrizio Biggio, Francesco Mandelli, Martino Ferro. Soggetto: Enrico Lando, Martino Ferro. Sceneggiatura: Fabrizio Biggio, Francesco Mandelli, Martino Ferro. Fotografia: Marco Bassano. Montaggio: Valentina Mariani. Musiche: Pasquale Filastò. Scenografia: Francesca Bocca, Valentina Ferroni. Costumi: Paola Ronco. Trucco: Paola Breda. Durata: 95?. Genere: Commedia (?). Produttore: Lorenzo Mieli, Mario Gianani. Casa di Produzione: Wildside. Distribuzione: Warner Bros Italia. Interpreti: Fabrizio Biggio, Francesco Mandelli, Giordano De Plano, Tea Falco, Marco Foschi, Walter Leonardi, Paolo Pierobon, Gianmarco Tognazzi, Daniele Virgilio, Marco Ripoldi, Massimiliano Loizzi.