La TAV, il Ponte sullo Stretto di Messina e le Olimpiadi

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Cos’hanno in comune la TAV, il ponte sullo Stretto di Messina e le Olimpiadi? Per quanto possa sembrare strano sono diversi gli aspetti che accomunano queste grandi opere (e molte altre). Il primo sono i costi. Esorbitanti e, cosa non meno importante, lievitati in modo impressionante anno dopo anno.

Secondo l’Allegato infrastrutture al DEF varato dal governo, i costi del Ponte di Messina, dovrebbero ammontare almeno a 13,5 miliardi di euro. A questi si dovrebbero aggiungere le opere complementari al collegamento ferroviario “lato Sicilia e lato Calabria, che dovranno essere oggetto del contratto di programma con Rfi” e per le quali serviranno almeno altri 1,1 miliardi. E poi ci sarebbe il costo delle opere “di ottimizzazione e complementari alle connessioni stradali”, che considerate “di minor impatto economico, verranno meglio definite e dettagliate nell’ambito dei prossimi contratti di programma con ANAS”. Ma queste sono ancora da stimare. Eppure le ultime cifre ufficiali, quelle risalenti al progetto approvato nel 2011 prevedevano un costo di 8,5 miliardi. Costo anche questo più che raddoppiato rispetto alla gara del 2004 aggiudicata al consorzio Eurolink guidato da Webuild che parlava di un progetto da per 3,9 miliardi.

Lo stesso vale per le Olimpiadi. Cinque delle ultime sei Olimpiadi (sia estive che invernali) hanno registrato sforamenti dei costi corretti per l’inflazione di ben oltre il 100%. A confermarlo uno studio dell’Università di Oxford pubblicato a maggio scorso: “Tutti i giochi, senza eccezioni, hanno superato i costi”, hanno scritto i ricercatori. “Per nessun altro tipo di mega progetto è così, nemmeno per la costruzione di centrali nucleari o lo stoccaggio di scorie nucleari”. Ancora una volta senza considerare i costi indiretti come miglioramenti a strade, ferrovie, aeroporti, hotel e altre infrastrutture non direttamente associate alle operazioni dei giochi.

Secondo le stime di Zimbalist (che includono i costi operativi e i costi diretti e indiretti delle infrastrutture), i Giochi sono diventati sempre più costosi: Pechino ha speso più di 40 miliardi di dollari per i Giochi estivi del 2008, Sochi ha speso più di 50 miliardi di dollari per i Giochi invernali del 2014 e i costi di Rio si sono avvicinati ai 20 miliardi di dollari per le Olimpiadi estive del 2016. Molto più bassi i costi di Parigi, ma pur sempre ben oltre quanto preventivato.

Quanto alla TAV, proprio nei giorni scorsi Telt, l’ente responsabile dei lavori e partecipato da Italia e Francia, ha appena aggiornato le previsioni di spesa per la realizzazione e l’equipaggiamento della linea ferroviaria. Il rapporto, convalidato dalla società di consulenza Grant Thornton Financial Advisory Services, prevede un “aggiornamento” per rispondere agli impegni verso i governi italiano e francese, da 8,6 a 11,1 miliardi di euro, con un incremento di quasi il 30%.

Un problema non da poco. Non solo per la disponibilità dei fondi ma anche per la credibilità e la convenienza di questi progetti. Possibile che non si riesca a realizzare un progetto facendo una stima corretta dei costi? Decine di miliardi di euro per opere delle quali si visto poco o nulla di concreto. E che non si sa se verranno mai completate. Un problema che è sia politico che economico. Politico perché se si conoscessero i costi reali legati alla loro realizzazione forse potrebbe valere la pena pensare ad altri modi per soddisfare questi “bisogni”. Ad esempio, una stima fatta dal CIO e da soggetti esterni aveva previsto che le Olimpiadi di Parigi sarebbero state proficue viste le entrate e l’immagine che avrebbero dato della Francia e della sua capitale. I numeri dicono che non è andata così. Molte aziende si sono lamentate della mancanza di affluenza derivante dal rendere Parigi blindata per le Olimpiadi. Molti, invece che di ricavi hanno parlato di danni derivanti dall’aver reso Parigi “blindata” per settimane. Quanto alla capitale, ancora si cerca di calcolare il danno d’immagine causato dalle polemiche sulle presentazioni (specie quella iniziale), dalle condizioni della Senna che hanno fatto ammalare di escherichia coli numerosi atleti (cosa accadrebbe se chiedessero i danni’) dopo che per purificare il fiume che attraversa Parigi erano stati spesi più di 1,5 miliardi di euro e dalle discussioni sulle strutture per ospitare gli atleti (hanno fatto il giro del mondo le foto del plurimedagliato nuotatore italiano che dormiva sul prato per il caldo degli alloggi).

L’altro aspetto che accomuna questi mega progetti è il ritorno meramente economico. Davvero queste opere comportano il ritorno economico stimato? Per opere come il Ponte sullo Stretto le previsioni sono negative. Anche per la TAV i dati parlano di una perdita netta. Specie considerando i disagi (per non parlare dei danni) e i costi di gestione che avranno queste opere. Visto come sono lievitati i costi di realizzazione, anche la loro gestione potrebbe costare più del previsto. Questo significherebbe che i ricavi netti potrebbero (siamo sempre nel mondo delle stime, dei calcoli, delle previsioni, mai delle certezze) non essere quelli sbandierati in fase di presentazione dei progetti.

Anche il danno d’immagine non è da poco. Che figura ha fatto la sindaca di Parigi dopo che si è tuffata in un fiume pieno di batteri e aver promesso ai propri concittadini che avrebbero potuto fare il bagno nella Senna? Che figuraccia aver costretto gli atleti di tutto il pianeta a gareggiare in acque poco sicure. Che figura hanno fatto i leader di Italia e Francia con il progetto della TAV: se ne parla da oltre 12 anni ma ancora non c’è molto di concreto? E che figura ha fatto il governo sul Ponte sullo Stretto? Qualcuno aveva promesso che i lavori per il Ponte sullo Stretto sarebbero iniziati il 30 luglio 2024. Ad aprile 2024 Salvini dichiarò: “Conto che entro i 30 giorni la società Stretto di Messina dia le risposte a tutte le osservazioni fatte dagli altri ministeri: l’obiettivo, lo ribadisco, è arrivare all’avvio dei lavori entro l’estate 2024”. I lavori partiranno “comunque nei prossimi mesi, dopo l’approvazione del Cipess” aveva detto il ministero. Peccato che proprio il Comitato interministeriale per la programmazione economica che approva i singoli progetti del Programma delle Infrastrutture Strategiche per il Paese abbia “ritenuto opportuno di richiedere al Mase una sospensione di 120 giorni dei termini per la presentazione della documentazione integrativa richiesta che, con i nuovi termini temporali, sarà consegnata entro metà settembre 2024”. Una decisione “motivata dalla eccezionale rilevanza dell’opera e riflette la volontà e il massimo impegno della società nel fornire puntuali ed esaurienti risposte alle richieste di integrazioni e chiarimenti sugli elaborati tecnici del progetto definitivo” presentate dalla Commissione Via e Vas del Mase, ha detto l’amministratore delegato, Pietro Ciucci, spiegando che “alcuni approfondimenti prevedono indagini di campo, come ulteriori rilievi faunistici terrestri, batometrici e subacquei, ai quali la società intende dedicare la massima attenzione utilizzando pienamente i tempi consentiti dalla normativa”. Come mai finora nessuno aveva pensato a questi “approfondimenti”? Specie considerando i costi astronomici di progettazione.

C’è un altro aspetto che accomuna tutti questi “grandi progetti”. Davvero sono così utili per la comunità? Davvero è così positivo tempestare gli spettatori televisivi per due settimane di gare e polemiche? Si pensi a quelle sulla pugile ipergender o transgender o ultragender o chi sa cosa. O alle polemiche sulla pallavolista di colore (non è ancora chiaro perché si sia parlato solo di una di loro e non di entrambe) presentata da grandi anchorman strapagati incompetenti come “immigrata”. Senza sapere che è nata in Italia da genitori italiani. Gli stessi anchorman strapagati che non hanno detto una parola della sua compagna di squadra, figlia di genitori russi e appena nazionalizzata italiana proveniente dall’Islanda. Invece di buttare i soldi dei contribuenti in inutilità e incompetenze pacchiane, non sarebbe meglio spendere queste cifre faraoniche per risolvere problemi ben più gravi? Di quelli che toccano più da vicino la popolazione? Si pensi al problema dell’acqua. Troppa in Piemonte, troppo poca in Sicilia. Forse sarebbe meglio spendere almeno parte delle decine di miliardi di euro della TAV per mettere in sicurezza gli argini ed evitare esondazioni e allagamenti. E parte dei miliardi di euro del Ponte sullo Stretto per riparare le condotte-colabrodo che causano la perdita di quasi la metà dell’acqua che esce dai bacini di raccolta in Sicilia. Oppure, in entrambi i casi, utilizzare i fondi disponibili per mettere in sicurezza le scuole? Secondo i dati ministeriali, solo il 3% delle scuole italiane dispone di un certificato che attesta la loro rispondenza ai criteri antisismici! Scuole che per circa la metà non disporrebbero nemmeno di un certificato di agibilità. Eppure ogni anno (non per due settimane ogni quattro anni come per i Giochi Olimpici) da settembre a giugno in queste scuole vivono nove milioni di bambini, ragazzi e ragazze, oltre al personale docente e non.

Invece di pensare a spendere miliardi per realizzare grandi opere che non si realizzeranno mai (del Ponte sullo Stretto si parla da duemila anni!). O che, una volta realizzate, potrebbero rivelarsi un fallimento dal punto di vista economico: un nuovo pozzo senza fondo che si aggiungerà agli altri che gravano sulle tasche degli italiani. Invece di buttare miliardi in iniziative che spesso di sportivo hanno molto poco (si pensi alle tante medaglie contestate) e che servono solo ai grandi canali televisivi per “fare spettacolo”, forse molti politici dovrebbero fare un’analisi. Non in termini di costi benefici, ma di coscienza.

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