Se cercate un buon cappuccino a Montevideo, lo potete trovare in un Caffè che si chiama Oro del Rhin, all’angolo tra calle Convención e Colonia, un locale di estrema eleganza, con decorazioni di legno pregiato e personale impeccabile che veste sempre di nero. Questo posto fu fondato nel 1927 da Hermann Stahl, un giovane appassionato di pasticceria finissima, emigrato in Uruguay dopo essere fuggito da una Germania quasi nazista, volenteroso, per nulla impaurito dagli anni di dura fatica occorsi per realizzare il suo sogno, che, dopo la sua morte, è diventato il sogno della sua prosperosa famiglia, ormai stabilita in un Paese che tanto amabilmente le diede ospitalità. Questo è ciò che troverete scritto sul retro del menù; quello che non troverete scritto sul menù è che nell’Oro del Rhin, fino a dieci anni fa, potevano entrare soltanto i bianchi.
Le ragioni sono da ricercare nei lontani anni Trenta, quando i nazisti arrivati in Uruguay scelsero la piccola pasticceria-bar del signor Stahl – che da allora sarebbe diventata la grande pasticceria-bar del signor Stahl – come loro luogo di incontro segreto, all’oscuro della stampa; si tenevano discorsi contro Roosvelt, considerato nemico di Hitler “campione della pace”, si distribuivano illustrazioni di divertenti caricature contro i comunisti, e articoli tradotti in spagnolo da simpatizzanti del partito nazional socialista come un certo Adolfo Agorio.
Me lo hanno raccontato il signor Manuel e il signor Alfredo, due anziani pensionati del Barrio Sud che ne sanno di cotte e di crude su questo Paese. Appena ho trovato un computer, ho verificato l’attendibilità del loro racconto su Wikipedia e, dopo aver letto con i miei occhi la vera storia dell’Oro del Rhin, ci sono andato di persona per parlare con il proprietario…
Purtroppo il proprietario non c’è, viene soltanto una volta al giorno, verso l’una. E non posso parlare con qualcuno che lavori qui da molti anni? Perché? Perché vorrei sapere se è vero quello che si racconta su Wikipedia e nei bar del Barrio Sud. Sarebbe a dire? Ho letto che qui fino agli anni ’90 non si facevano entrare i neri, soprattutto gli uomini. Ma che ti viene in mente! Non si arrabbi, io dico sempre tutto quello che mi viene in mente, qualche volta le facevate entrare le donne, perché una donna poteva sempre essere una serva o una prostituta. Ora la smetta, se ne vada!
Ecco, questa è stata pressappoco la mia breve conversazione con una amabile signora di razza ariana, capelli biondi e occhialini da intellettuale; sotto le lenti c’erano due occhietti lucidi di chi conosceva tante storie e non voleva raccontarmele: forse era la nipote del signor Stahl! Non so se credere a lei o a Wikipedia, comunque, dopo essere stato cacciato dal locale nazista, sono tornato nel bar del signor Manuel e ci siamo fatti due risate davanti a una malta di un litro e quattro chorizos caserecci.