Ho letto quasi tutto quel che Simone Manservisi ha scritto, ma devo dire che quando parla di calcio ha una marcia in più, pare di sentire la voce di certi telecronisti del passato – gente come Carosio e Martellini – che suo padre conoscerà molto bene, capaci di farti vivere una partita anche se non la vedevi. L’alba dello scudetto segue di alcuni anni il bel libro intervista Far West Lazio (ancora disponibile) e approfondisce i temi della Lazio leggendaria, oltre a narrare la biografia calcistica di Pier Paolo Manservisi, attaccante dai piedi buoni di Fiorentina, Napoli, Pisa e Lazio.
Simone ha il vantaggio di essere figlio di cotanto padre, quindi ci racconta gli anni Settanta come se li avesse vissuti, per interposta persona, e lo fa parecchio bene. Leggo le pagine del libro e mi rivedo con mio padre nella curva dello Stadio Olimpico, ai tempi in cui una famiglia poteva vedere una partita in curva, tifare Inter contro la Lazio e contro la Roma, senza rischiare niente. Erano i tempi lontani d’un calcio romantico, arbitravano Lo Bello e Gonella, giocavano Mazzola, Rivera e Chinaglia, scrivevano giornalisti come Gianni Brera, parlavano in tv conduttori come Barenson e Valenti.
Simone Manservisi approfondisce il mito d’una Lazio battagliera e trasgressiva, guidata da un allenatore paterno come Tommaso Maestrelli, spiega come è stato possibile vincere uno scudetto, indaga sui fatti accaduti come se fosse un film noir, spiega i retroscena e le incomprensioni, narra le scorribande fuori dal rettangolo di gioco. Pier Paolo Manservisi rappresenta l’eccezione in quella Lazio folle e irripetibile, giocatore disciplinato e determinato, soprattutto rispettoso delle regole. Tutti gli altri lo erano molto meno: Chinaglia, Wilson, Re Cecconi, D’Amico … alcuni giocatori dormivano con la pistola sotto il cuscino e destavano i colleghi (per giocare!) a colpi di fucile.
Il libro racconta le vicissitudini della Lazio negli anni Settanta e Ottanta, corredato da foto d’epoca, da un intervista al padre e da testimonianze dirette. Si legge come un romanzo, anzi è proprio un romanzo, un bel romanzo calcistico, stile Azzurro tenebra di Arpino o Ultimo minuto di Pupi Avati (che è un film, ma fa lo stesso). Leggetelo, per un salutare tuffo nel passato, per (ri)scoprire un tempo che – ai giovani sembrerà impossibile – è esistito, non fa parte dei racconti dei vecchi, non è una storia uscita dal mondo delle fiabe.