“L’albero”, un racconto intimo e soggettivo, che coinvolge un’intera generazione senza voler sconvolgere

Articolo di Gordiano Lupi

Bianca (Insolia) e Angelica (Gamba) sono due ventenni che hanno affittato una casa nel quartiere romano del Pigneto. Bianca è un’universitaria sfaccendata in crisi amorosa, che sta scrivendo tre romanzi senza portarne a compimento neppure uno. Angelica viene da Morlupo ed è una ragazza problematica in preda a dipendenze, proprio come Bianca, della quale finisce per innamorarsi. La storia è ambientata in una casa che si affaccia su un quartiere popolare, definita dalla presenza rassicurante di un albero, un pino marittimo solido e forte, mentre le esistenze delle ragazze sono appese a un filo. Un film che racconta la crescita, un romanzo di formazione, che passa attraverso la lotta per vincere una dipendenza vissuta come presa di coscienza esistenziale, la morte di un’amica per un tumore al cervello, la scoperta dell’amore, una città tentacolare che affascina e spesso diventa una trappola. Sara Petraglia – figlia di un grande sceneggiatore – scrive un film molto personale, a tratti autobiografico, che può servire come cartina di tornasole per comporre una biografia generazionale. La regista è autrice completa, si lascia guidare solo per il montaggio, perché in un film che la rappresenta fino in fondo ogni taglio è doloroso; per il resto scrive soggetto e sceneggiatura, persino i dialoghi, secchi e asciutti, inseriti in un tono poetico di fondo. La storia viene metabolizzata dalla regista per dieci anni, quindi tenta di scriverla in forma di romanzo, poi opta per una sceneggiatura risolta e struggente. La poesia delle immagini prende corpo fin dal singolare attacco che si ricongiunge a un finale circolare e proustiano, con Bianca in bicicletta e i suoi pensieri scanditi da un’accorata voce fuori campo. Il ruolo della protagonista, interpretato da una superba Tecla Insolia (mai così brava), è complesso perché dà vita a un carattere forte e fragile di una ragazza che sfida la vita e al tempo stesso la teme. Tecla è la scelta naturale per una regista che vuol fare un film sincero, sin dai provini si rende conto che la sua Bianca può essere soltanto la giovane attrice piombinese. L’albero è una storia d’amore indissolubile pure se tutto intorno alle due protagonista non c’è che distruzione; un’opera prima scritta e girata con il cuore, con pochi mezzi e tanta passione, un piccolo gioiello capace di brillare in mezzo a tanto inutile cinema italiano. La sceneggiatura molto letteraria – ci sono citazioni da Leopardi, amore poetico della regista – è resa viva da due ottime attrici, perché Carlotta Gamba (la Beatrice dantesca di Pupi Avati) non è meno brava di Tecla Insolia, entrambe sono capaci di costruire uno spaccato di vita che scorre accanto a un metaforico albero, tra dipendenza e amore. Nel film vediamo Napoli (il quadro di Caravaggio, il mare e gli scogli) e Roma (il Pigneto, le zone popolari), ma regista e direttrice della fotografia (Varani) non riprendono facili immagini da cartolina delle due città, mostrano solo quel che vede Bianca, una ragazza di vent’anni alle prese con un’esistenza disperata. Tutto è girato per sottrazione, senza eccedere, il mondo è filtrato dallo sguardo della protagonista che tenta di affrontare un’esistenza nella quale, giorno dopo giorno, sprofonda. Tecnica di regia compiuta, dal primo piano (che spesso diventa primissimo con taglio degli occhi e particolari), alla soggettiva inquieta, fino al simbolico piano sequenza. A differenza di altri film sul mondo della droga, in questo lavoro non esiste la parte degli adulti, perché Sara Petraglia vuol raccontare una storia dal punto di vista giovanile, in soggettiva, secondo il dramma esistenziale delle protagoniste. Stupenda la colonna sonora di Francesco Rita che fa convivere brani anni Settanta e Ottanta con sonorità contemporanee; tra le scene più rilevanti ricordiamo le due ragazze innamorate che danzano in casa, con il fono tra le mani, intonando Lontano dagli occhi di Sergio Endrigo. L’albero è un lavoro realizzato con pazienza certosina, costruendo personaggi veri (interpretati alla perfezione) e dotati di caratteri realistici; persino la dottoressa del centro anti droga (Pellegrino) è una persona vera, una donna capace di ascoltare. Premio Carlo Delle Pane per la miglior sceneggiatura. Mai premio fu meglio assegnato, perché siamo di fronte a un lavoro ispirato e a un racconto originale. Ritengo del tutto fuori luogo un accostamento ad Amore tossico, che può essere fatto solo da critici che hanno letto solo titolo del grande film di Caligari. L’albero è una storia piccola (non è un difetto), un racconto intimo e soggettivo, che coinvolge un’intera generazione senza voler sconvolgere, la regista è interessata a raccontare un’esistenza che passa da un incontro d’amore e da una serie di sconfitte per raggiungere una presa di coscienza individuale. Non vi perdete quest’opera prima intensa e appassionata. Ecco il vero nuovo cinema italiano. Visto grazie al Piccolo Cinema Tirreno di Follonica.

Regia: Sara Petraglia. Soggetto e Sceneggiatura: Sara Petraglia. Fotografia: Sabrina Varani. Montaggio: Desideria Rayner. Musiche: Francesco Rita. Scenografia: Claudia Tozzi, Giaia San Martino. Costumi: Martina Merlino. Produttori: Angelo Barbagallo, Matilde Barbagallo. Produttore Esecutivo: Maria Panicucci. Casa di Produzione: BiBi Film con il contributo del Ministero della Cultura. Distribuzione (Italia): Fandango Distribuzione. Durata: 94’. Paese di Produzione: Italia, 2024. Interpreti: Tecla Insolia (Bianca), Carlotta Gamba (Angelica), Cistina Pellegrino (dottoressa), Yamina Brirmi (Nina).

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