L’allenatore nel pallone esce in un periodo storico di decadenza della commedia sexy e rappresenta uno degli ultimi colpi di coda di un genere sulla via del tramonto. La pellicola diverte, perché punta sul calcio e su una comicità per famiglie. Il dvd vende moltissimo (sessantamila copie), di sicuro più visto rispetto alla versione uscita in sala. Lino Banfi è in gran forma e contribuisce con intelligenza e abilità a scrivere il personaggio di un allenatore sfigato e simpatico come Oronzo Canà. Per chi mastica di calcio si può notare la somiglianza con il mitico Oronzo Pugliese, il cosiddetto mago dei poveri. Il film non è uniforme, perché parti comiche esilaranti e battute memorabili sono seguite da freddure patetiche e da un evitabile passerella di calciatori e commentatori sportivi. La presenza sul grande schermo degli idoli dei campi di calcio, in quel periodo storico, però contribuisce al successo della pellicola. Certo, esistono film sul calcio migliori di questo, basti pensare a L’arbitro di Luigi Filippo D’Amico (1974), interpretato da un travolgente Lando Buzzanca, I due maghi del pallone(1970) di Mariano Laurenti, con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, persino Paulo Roberto Cotechiño… (1983) di Nando Cicero. Per non parlare del recentissimo L’arbitro (2013) di Paolo Zucca, di cui abbiamo parlato in termini entusiastici su queste colonne. L’allenatore nel pallone si difende onestamente, non si piazza male in un’ipotetica classifica di pellicole legate al mondo del calcio, soprattutto perchè non punta su sesso e volgarità. L’allenatore nel pallone è un film per tutti che può passare in televisione a qualsiasi ora e che riunisce una famiglia intera per due ore di sano divertimento. Oronzo Canà è un mediocre allenatore, chiamato in serie A per allenare la Longobarda da uno scaltro presidente che vuole retrocedere al più presto in serie B. Canà viene prescelto per la sua manifesta incapacità, perché la serie A costa troppo e il presidente non se la può permettere. Memorabile il viaggio in Brasile di Oronzo Canà accompagnato dai mediatori trafficoni Gigi e Andrea, così come resta nell’immaginario la battutaccia: “Mira Canà!” che i due comici pronunciano davanti a un esterrefatto Banfi sugli spalti del Maracanà. La parte girata in Brasile è ben fotografata per il lungomare di Rio De Janeiro, lo stadio della capitale e i campetti polverosi delle favelas. Vediamo passare un tram coloratissimo con i passeggeri che ondeggiano a tempo di samba e conosciamo un ragazzino brasiliano che chiede soldi per ogni favore. Alla fine Banfi lo apostrofa in pugliese: “Tu non sei figlio di migrante, sei figlio di puttena!”. Da citare anche il divertente qui pro quo tra Banfi e una centralinista del Maracanà, quando vuole telefonare in Italia alla moglie Mara. Banfi: “Mi chiami Mara Canà” Centralinista: “Non comprendo. Qui siamo al Maracanà”. Gigi e Andrea ci deliziano con una comicità di grana grossa che al tempo andava per la maggiore e dispensano sguardi arrapati quando passano belle mulatte. Andrea si lascia andare alla “poesia dei culi” e ci prova con le ragazze ma si becca una partaccia da un’italiana in vacanza. Forse una delle migliori battute è quella di Gigi che definisce Socrates, Zico e altri calciatori brasiliani come suoi fratelli di leche (in portoghese significa latte e si pronuncia lecce), mentre Banfi equivoca con la città delle Puglie. “Ma qui sono tutti di Lecce! Non siamo in Brasile?” chiede disperato. Alla fine il povero allenatore compra Aristoteles, un negro che soffre di saudade, che fa patire non poco sua squadra prima di scatenarsi a suon di goal. Aristoteles soffre perché i compagni non lo accettano, Canà lo consola, lo porta a vivere a casa sua e infine il calciatore s’innamora della figlia. Molto divertente il personaggio della eterna riserva Crisantemo, bianco come un cadavere, che Banfi tiene a bada con un corno, convinto com’è che porti iella. L’allenatore Canà viene contestato dai tifosi, la sua casa è sotto assedio e un paio di forzuti energumeni lo prendono sempre a pomodorate in faccia. Tutti vorrebbero cacciare Canà ma il presidente lo conferma proprio perché vuole retrocedere. Alla vigilia della partita decisiva lo chiama e gli ordina di perdere in cambio del rinnovo del contratto. Canà ha un sussulto d’orgoglio e, spalleggiato dalla figlia, mette in campo Aristoteles e vince la partita. Resta nell’immaginario collettivo la battuta di Banfi portato in trionfo dai tifosi: “Mi avete preso per un coglione!”. E i tifosi: “No, per un eroe!”. Banfi: “No, mi avete preso proprio per un coglione!” E grida dal dolore perché i tifosi gli stanno stringendo i testicoli. Il presidente della Longobarda si avvicina: “Lei è disoccupato. Lo sa?”. Banfi non può fare a meno di vendicarsi: “E lei è un cornuto. Lo sa?”. La pochade finisce in bagarre. Un sequel nel 2008: L’allenatore nel pallone 2, sempre di Sergio Martino, lontano mille miglia come risultati comici.
Regia: Sergio Martino. Soggetto: Romolo Guerrieri, Franco Verucci, Luciano Martino, Sergio Martino e Lino Banfi. Fotografia: Federico Zanni. Montaggio: Eugenio Alabiso. Musiche: Guido e Maurizio De Angelis. Scenografie: Massimo Corevi. Produce Luciano Martino per Filmes, Nuova Dania e National Cinematografica. Interpreti principali: Lino Banfi, Andrea Roncato, Gigi Sammarchi, Camillo Milli, Giuliana Calandra, Licinia Lentini, Gino Pagnani, Antonio e Luigi Soldati, Franco Caracciolo, Viviana Larice, Stefania Davanzati… Molti interpreti sono calciatori, allenatori, commentatori sportivi e telecronisti che si limitano a recitare la parte di loro stessi.