La notizia è di quelle che avrebbe dovuto scatenare un finimondo non solo negli USA ma in tutto il pianeta. Invece, i grandi media non ne hanno parlato. Al massimo un trafiletto dove sanno che non lo leggera nessuno. Ma quale sarebbe questa notizia?
L’amministrazione Biden ha detto a un tribunale degli Stati Uniti d’America che a Mohammed bin Salman non può essere processato come mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi perché godrebbe dell’immunità.
Per comprendere l’importanza di questa azione (e il peso sotto il profilo istituzionale e geopolitico) è necessario fare un passo indietro. Fino al 2018. Quell’anno, Jamal Khashoggi, giornalista di fama internazionale, considerato dissidente politico nel proprio paese, venne adescato in una trappola nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul, in Turchia. Qui fu ucciso, fatto a pezzi, portato fuori in delle valigie e bruciato in un forno. Esecutori sarebbero stati agenti di Riad ma le inchieste portarono sin da subito a ritenere che mandante dell’omicidio fosse Mohammed bin Salman, da anni leader di fatto della monarchia saudita (sebbene non ancora re). In un primo momento, le autorità saudite negarono ogni coinvolgimento. Dissero che il giornalista era semplicemente una “persona scomparsa”. Poi, dopo che alcuni funzionari turchi avevano rivelato che Khashoggi era stato ucciso all’interno del consolato, ammisero dissero che aveva lasciato l’edificio attraverso un ingresso posteriore. In un secondo momento, anche a causa della pressione internazionale, l’Arabia Saudita fu costretta ad ammettere che lo scrittore dissidente era morto all’interno del consolato, ma ancora una volta negarono ogni responsabilità: dissero che era rimasto ucciso nel corso di “una colluttazione” con dei funzionari che volevano convincerlo a rientrare nel Paese. In un primo momento, il principe Mohammed bin Salman negò ogni coinvolgimento nell’uccisione del giornalista. Poi, dovette ammettere che l’omicidio era avvenuto “sotto la sua responsabilità”. Per questo motivo, la compagna di Khashoggi, Hatice Cengiz, intentò una causa per trascinarlo in un tribunale americano con i suoi complici.
Con ogni probabilità Mohammed bin Salman, non sarà mai processato per il delitto che ha praticamente confessato. A impedirlo è stata la Casa Bianca: in un documento pubblicato nella tarda serata di giovedì, ha affermato che la recente promozione del principe ereditario al ruolo di primo ministro (avvenuta a settembre 2022) lo rende “capo del governo in carica e, di conseguenza, immune”.
Una dichiarazione discutibile per diversi motivi. Innanzitutto pare che gli USA sapessero che era lui il responsabile di questo efferato omicidio (la Cia lo avrebbe scritto in un rapporto, come risulta da un documento recentemente desecretato e reso pubblico). Ciò nonostante, non disse o fecero nulla. Ma l’aspetto più importante è che, all’epoca dei fatti, Mohammed bin Salman, non era ancora primo ministro. Quindi non avrebbe goduto di nessuna immunità. Ma questo avrebbe potuto incrinare i floridi rapporti commerciali con l’Arabia Saudita. Per questo motivo, a Ottobre, l’amministrazione Biden ha chiesto al tribunale un rinvio di 45 giorni per capire se poteva essere concessa l’immunità sovrana grazie ad una “estensione”, visto che l’Arabia Saudita aveva annunciato in un comunicato stampa che il principe Mohammed sarebbe stato nominato primo ministro. Uno stratagemma per cercare di fornire una qualche protezione legale al principe accusato dell’omicidio di Khashoggi ben sapendo che, ai tempi dell’omicidio, il principe non godeva nessuna immunità. Scaduti i termini del rinvio, l’amministrazione Biden ha comunicato al tribunale che “Il governo degli Stati Uniti esprime gravi preoccupazioni per l’orribile uccisione di Jamal Khashoggi e solleva queste preoccupazioni pubblicamente e con i più alti livelli del governo saudita”, ma che “la dottrina dell’immunità del capo dello stato è ben consolidata nel diritto internazionale consuetudinario ed è stata costantemente riconosciuta nella pratica di lunga data del ramo esecutivo come una determinazione basata sullo status che non riflette un giudizio sulla condotta sottostante in questione nel contenzioso”.
Una affermazione che lascia di sasso. Come mai gli USA non hanno applicato la stessa fermezza ad altri casi? E perché rimandare questa decisione ad oggi? L’impatto che una simile dichiarazione avrebbe potuto avere sulle votazioni di medio termine che si sono svolte pochi giorni fa sarebbe stato imprevedibile. E poi, fino a che punto gli USA possono spingersi per proteggere chi fa affari con loro? Tornano in mente certi permessi di lasciare gli USA concessi ad alcuni aerei carichi di personalità dopo l’attentato alle torri gemelle nonostante gli spazi aerei fossero chiusi per tutti.
Pur disponendo delle prove di colpevolezza fornite dalla sua stessa intelligence, la Cia, la Casa Bianca ha preferito forzare le norme del diritto internazionale e inviare una lettera a firma Richard Visek, consigliere legale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, con la quale “suggeriva” al Dipartimento di Giustizia di presentare un “suggerimento di immunità” alla corte. In altre parole, di concedere l’immunità per il mandante di un efferato omicidio. Ben sapendo che nel 2018 Mohammed bin Salman non era primo ministro e non godeva di nessuna immunità (in Arabia Saudita la carica di primo ministro è tradizionalmente detenuta dal re, che Re Salman bin Abdulaziz). questo per il paese che si presenta come paladino dei diritti umani sembra non contare nulla. Così come sembra non contare molto il diritto della vedova di vedere consegnati alla giustizia i responsabili dell’assassinio di Khashoggi: esperti legali dicono che la posizione del governo degli Stati Uniti d’America molto probabilmente porterà il giudice John Bates a respingere la causa civile intentata contro il principe Mohammed e i suoi presunti complici.
Intanto, il “nuovo” primo ministro dell’Arabia Saudita, il principe Mohammed, ha dichiarato di aver sempre sostenuto di non essere coinvolto personalmente nell’omicidio Khashoggi.
La decisione di Biden mostra un aspetto davvero inquietante dell’inquilino della Casa Bianca. Tra le sue promesse elettorali c’era quella di ritenere Mohammed responsabile dell’omicidio di Khashoggi. Per questo, appena insediato alla Casa Bianca, Biden aveva rifiutato di impegnarsi direttamente con il principe Mohammed. All’epoca l’addetto stampa di Biden aveva ripetutamente sostenuto che il principe – sebbene visto come il leader de facto saudita – non era la controparte del presidente degli USA. Ora, al termine di un “grande dibattito” ai massimi livelli, funzionari statunitensi hanno ribadito che sarà difficile difendere l’affermazione dell’amministrazione Biden secondo cui i diritti umani sono al centro della sua politica estera e allo stesso tempo consentire al principe ereditario di evitare la responsabilità per il suo presunto ruolo nell’omicidio.
Sarah Leah Whitson, direttrice esecutiva di Dawn, ha emesso un giudizio pesantissimo sulla decisione di Biden, definendola una “azione non necessaria ed elettiva che servirà solo a minare l’azione più importante per la responsabilità per l’efferato omicidio di Khashoggi”.
Ma, per la Casa Bianca, sarebbe imbarazzante dal punto di vista diplomatico rischiare la (quasi certa) condanna del principe ereditario, anche se solo in una causa civile. “Significherebbe che ogni volta che viene negli Stati Uniti – se dovesse essere giudicato colpevole – sarebbero in grado di notificare ed emettere una multa. Sarebbe umiliante e significherebbe effettivamente che non potrebbe viaggiare di nuovo negli Stati Uniti “, ha detto Bruce Riedel, ex analista della CIA. “Il paria è ora al di sopra della legge”, ha detto Riedel.
Specie se il “paria” è uno dei finanziatori di uno dei settori più redditizi per l’economia USA: la vendita di armi.