Pan Nalin è un regista noto per Samsara (2001), ma che con Last Film Show si pone di nuovo all’attenzione internazionale perché gira la pellicola indiana che concorrerà agli Oscar come miglior film internazionale. Cinema sul cinema che parte da un assunto autobiografico – il padre di Pan possedeva una bancarella di tè alla stazione e viveva in un paesino dell’entroterra indiano – per ripercorrere la magia del cinema, l’incanto che la luce e le immagini producono in un bambino estasiato dal movimento e dalle storie narrate su grande schermo. Pan Nalin racconta le vicissitudini di Samay (Bhavin Rabari), un bambino di nove anni che vive in un villaggio della campagna indiana, frequenta la scuola e aiuta il padre a vendere tè in stazione. La madre è cuoca provetta, ogni giorno prepara con pochi ingredienti tradizionali dei gustosi pranzi per il ragazzino che li divide con l’operatore cinematografico della sala cittadina, in cambio della visione dei film in programmazione. La pellicola racconta una storia di solidarietà tra ragazzi, mettendo in evidenza la grande passione di Samay per la regia cinematografica, la sua inventiva nel realizzare una sala proiezioni di paese in una casa diroccata, con vecchie pellicole rubate e un proiettore costruito con scarti di magazzino. Last Film Show cita a piene mani I vitelloni di Fellini nelle sequenze di addio al paese natale, quando il piccolo protagonista saluta gli amici a bordo di un treno che lo porterà lontano. Non dimentichiamo Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore (la complicità tra bambino e proiezionista), The Fabelmans di Kubrick (si noti anche la musica di 2001 Odissea nello spazio), i Fratelli Lumiere e il loro arrivo del treno in stazione, Muybridge e il movimento cinematografico, Lawrence d’Arabia (la contemplazione della fiamma), Tarkvosky (Stalker e i tre viaggiatori sul carrello ferroviario). Sono serviti provini per oltre tremila bambini prima di trovare il bravissimo ed espressivo protagonista che sostiene su gracili (ma promettenti) spalle tutto il film. Samay è l’alter ego del regista, che parla di autobiografia non totale, dice che il gruppo di bambini che aiutano il protagonista nella costruzione del proiettore e che lo accompagnano nelle peripezie sono i suoi amici da piccolo; inoltre il padre gestiva un banco del tè in una stazione ferroviaria in mezzo alla campagna dove passavano pochi treni e quasi nessuno si fermava. Una pellicola leggera e poetica, fotografata mirabilmente, montata con rapidità, scorre come un film per ragazzi che rende omaggio al cinema, rappresenta metaforicamente lo sbocciare d’una passione, con una colonna sonora suadente, oltre a una fotografia coloratissima di un’India campestre e periferica. Last Film Show ha l’andamento di una fiaba universale nella quale non è difficile un coinvolgimento emotivo. Lo spettatore entra in sintonia con un mondo visto dagli occhi di un bambino, fotogramma dopo fotogramma. Pan Nalin fa la storia del cinema, racconta il passaggio dalla proiezione su pellicola al digitale di ultima generazione, con la celluloide riciclata per collane e bracciali, raccontando il progresso della società indiana ormai divisa in due classi: chi conosce l’inglese e chi non lo conosce. Un film che fa bene al cinema. Passato nel ciclo Cinema d’autore del Metropolitan di Piombino (Fice).
Regia: Pan Nalin. Soggetto e Sceneggiatura: Pan Nalin, Slightly Sane. Fotografia: Swapnil S. Sonawane. Montaggio: Pavan Bhat. Sheryas Beltangdy. Musiche: Cyril Morin. Produzione: Siddarth Roy Kapur, Pan Nalin, Eric Dupont, Virginie Lacombe. Paesi di Produzione: India, Francia, USA. Interpreti: Bhavin Rabari (Samay), Bhavesh Shrimali (Fazal, Proiezionista del Galaxy Cinema), Richa Meena (Baa, la mamma di Samay), Dipen Raval (Bapuji, il papà di Samay), Paresh Mehta (Direttore del Galaxy Cinema), Vikas Bata (Nano), Rahul Koli (Manu), Shoban Makwa (Badshah), Kishan Parmar (S.T.), Vijay Mer (Tiku), Alpesh Tank (Insegnante Mr. Dave) e Tia Sebastien (Leela Mila).