Fin dalla fondazione dell’ILO nel 1919, il lavoro minorile è stato uno dei temi centrali di quella che poi sarebbe diventata l’Agenzia Onu per la tutela del lavoro. Il primo direttore dell’ILO, Albert Thomas, descrisse il lavoro minorile (a quei tempi molto diffuso anche nei paesi sviluppati) come “Lo sfruttamento dell’infanzia che costituisce il male… il più insopportabile per il cuore dell’uomo”.
Ancora oggi questa piaga non è mai stata curata: secondo i dati dell’ILO, sono ben 152 milioni i bambini vittime di sfruttamento minorile (68 milioni le bambine e 88 milioni i bambini). Metà di loro, 73 milioni, sono impegnati in lavori pericolosi che mettono a rischio la loro salute, la loro sicurezza e il loro sviluppo morale. A volte vivono in contesti colpiti da guerre e da disastri naturali nei quali lottano per sopravvivere, rovistando nelle macerie o lavorando per strada.
Per porre fine al lavoro minorile sono state scritte otto convenzioni fondamentali dell’ILO che riguardano l’abolizione del lavoro minorile, l’eliminazione del lavoro forzato, l’abolizione della discriminazione legata al lavoro, i diritti alla libertà sindacale e alla negoziazione collettiva. Tutti principi compresi anche nella ILO Declaration on Fundamental Principles and Rights at Work. Convenzioni, strumenti giuridici a tutela dei minori che chiedono ai governi interventi mirati per l’eliminazione dello sfruttamento del lavoro minorile e la proibizione, attraverso procedure d’urgenza, delle sue forme peggiori. Ma nessuno di queste è mai stata ratificata da tutti i firmatari.
Pochi giorni fa, finalmente, con la ratifica del Regno di Tonga, è stata ratificata da tutti i 187 Stati membri dell’International Labour Organization la più importante di queste convenzioni: la n. 182, l’ILO Convention on the Worst Forms of Child Labour che risale al 1999, che prevede la proibizione e l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, compresa la schiavitù, il lavoro forzato e la tratta degli esseri umani. Vieta l’utilizzo dei bambini nei conflitti armati, nella prostituzione, nella pornografia e nelle attività illecite quali il traffico di droga e i lavori pericolosi”.
Il 4 agosto, alla presenza del direttore generale dell’ILO, Guy Ryder, l’ambasciatrice all’Onu di Tonga, Titilupe Fanetupouvava’u Tuivakano, ha formalmente depositato gli strumenti di ratifica. “Si tratta della convenzione più rapidamente ratificata nella storia dell’Organizzazione, dopo la sua adozione da parte dell’International Labour Conference 21 anni fa”, ha commentato Ryder che ha sottolineato come “La ratifica universale della convenzione n, 182 è una prima volta storica e significa che ormai tutti i bambini godono ormai di una protezione giuridica contro le peggiori forme di lavoro minorile.
Si tratta di un momento storico (ma ovviamente nessuno ne ha parlato, distratti da una partita di calcio, un ingresso in discoteca e una discussione sui furbetti per il sussidio per il corona virus): con la ratifica da parte del governo della Repubblica di Tonga è iniziato un nuovo cammino verso la concretizzazione delle aspirazioni del premio Nobel per la pace Kailash Satyarti: “Sogno un mondo dove i bambini sono in sicurezza, dove l’infanzia è sicura … sogno un mondo dove ogni bambino goda della libertà di essere un bambino”.
“La ratifica universale della convenzione n, 182 è una riaffermazione potente e opportuna dell’importanza delle norme dell’ILO e della necessità di apportare soluzioni multilaterali ai problemi mondiali. Il lavoro minorile è una grave violazione dei diritti fondamentali e incombe ai costituenti dell’ILO e alla comunità internazionale vigilare affinché questa convenzione sia pienamente applicata, in particolare dando prova della dovuta diligenza nelle catene di approvvigionamento mondiali”, ha dichiarato la segretaria generale dell’International Trade Union Confederation (Ituc).
A farle eco Roberto Suárez Santos, segretario generale dell’International Organization of Employers (Ioe): “La ratifica universale della convenzione n. 182 sulle peggiori forme di lavoro minorile è un momento storico. Durante tutti questi anni, l’Ioe e le sue organizzazioni hanno sostenuto l’attuazione di questa convenzione. Oggi la business community è cosciente della necessità di fare affari nel rispetto dei diritti dei minori e agisce di conseguenza. E’ ancora più urgente in questo periodo di pandemia di Covid-19. Non possiamo lasciare che la lotta contro le peggiori forme di lavoro minorile retroceda. Insieme, possiamo operare per l’eliminazione del lavoro minorile sotto ogni forma”.
La lotta al lavoro minorile è al centro dell’ International Programme on the Elimination of Child Labour and Forced Labour (IPEC+), uno dei più grandi programmi di cooperazione dell’ILO che sostiene le iniziative di un centinaio di Paesi sparsi in tutti i continenti.
Tra il 2000 e il 2016, le peggiori forme di lavoro minorile sono diminuite del 40% grazie all’applicazione della Convenzione 182 e della Convenzione 138 sull’età minima, con l’aumentare dei Paesi che hanno adottato leggi e politiche efficaci.
Ma come ha fatto notare la stessa ILO, “I progressi hanno segnato il passo in questi ultimi anni, in particolare nella fascia di età più giovane (da 5 a 11 anni) e in alcune aree geografiche. Con la pandemia di Covid-19, c’è il rischio reale che questi anni di progresso siano annullati, il che, se non verranno prese misure appropriate, potrebbe portare a un aumento del lavoro minorile per la prima volta in 20 anni”.
L’ILO conclude: “La ratifica universale della convenzione n. 182 dimostra la volontà di tutti gi Stati membri dell’ILO di vigilare affinché ogni bambino, ovunque, sia al riparo dal lavoro minorile e dalle sue peggiori forme. Questo risultato storico arriva solo qualche mese prima dell’inizio dell’International Year for the Elimination of Child Labour nel 2021, che sarà organizzato dall’ILO in collaborazione con i suoi partner. Il suo obiettivo è quello di sensibilizzare su questo problema e di accelerare il ritmo dei progressi”.