Le compagnie petrolifere sapevano i danni che causavano?

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Alle ultime Conferenze delle Parti sulle emissioni di CO2, uno dei temi cruciali è stata la responsabilità per i cambiamenti climatici in atto. In altre parole, capire se l’azione dell’uomo è o meno responsabile dei cambiamenti e in che misura. Un tema importante: prima di tutto perché serve a capire la “responsabilità” dei paesi più sviluppati sull’aumento delle temperature globali e sui cambiamenti climatici; ma anche, se non esiste un rapporto causa-effetto tra emissioni di CO2 e i cambiamenti climatici, le pesanti misure imposte ai consumatori dai governi sarebbero inutili. Sarebbe inutile, ad esempio, imporre ai consumatori di rinunciare al consumo dei combustibili fossili.

Ecco quindi che, negli ultimi anni, le multinazionali del petrolio hanno fatto di tutto per fomentare ogni possibile forma di negazionismo. Massiccia la loro presenza ai tavoli delle ultime due COP, la 26esima a Glasgow e la 27esima in Egitto, per sostenere ogni possibile teoria che mettesse in dubbio il rapporto diretto che esiste tra emissioni di anidride carbonica e cambiamenti climatici.

Il punto è che alcune di queste compagnie (tutte?) sapevano benissimo quali sarebbero state le conseguenze dell’utilizzo di combustibili fossili per tutto il pianeta. I danni che avrebbe causato e i cambiamenti climatici che avrebbe prodotto. A dimostrarlo è un recente studio pubblicato sull’autorevole rivista Science. In questo lavoro i ricercatori affermano che gli scienziati di una delle più grandi compagnie petrolifere al mondo, la Exxon, aveva fatto previsioni incredibilmente accurate circa le conseguenze dell’uso dei combustibili fossili. Non ora, ma addirittura negli anni Settanta del secolo scorso. I loro studi prevedevano una curva con un innalzamento delle temperature globali e delle emissioni di anidride carbonica incredibilmente precisa e realistica. Una previsione maledettamente corrispondente a ciò che è avvenuto nei decenni successivi fino ai giorni nostri.

I ricercatori della Exxon avevano pronosticato l’aumento delle temperature globali e che la causa erano le emissioni di gas, petrolio, carbone e altri combustibili fossili. L’analisi pubblicata su Science, parla di “proiezioni erano anche coerenti con, e almeno altrettanto abili, di quelle di modelli accademici e governativi indipendenti”. I ricercatori dell’azienda petrolifera avrebbero anche scoperto che il riscaldamento globale sarebbe stato rilevato intorno all’anno 2000 e hanno previsto il “bilancio del carbonio” per mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2°C rispetto ai tempi preindustriali.

Basandosi su questi studi, Exxon avrebbe quindi deciso di intraprendere una campagna per convincere la gente (e i politici) del contrario e per screditare qualsiasi studio che affermasse quello che i suoi ricercatori sapevano essere corretto. Una decina d’anni fa, nel 2013, Rex Tillerson, amministratore delegato della compagnia petrolifera, affermò che i modelli climatici “non erano competenti” e che “c’erano incertezze” sull’impatto della combustione di combustibili fossili sull’ambiente.

“Quello che hanno fatto è stato essenzialmente rimanere in silenzio mentre facevano questo lavoro e solo quando è diventato strategicamente necessario gestire la minaccia esistenziale alla loro attività si sono alzati e hanno parlato contro la scienza”, ha detto Geoffrey Supran uno dei ricercatori che hanno lavorato allo studio pubblicato su Science. “È molto spiacevole che la società non solo non abbia prestato attenzione ai rischi impliciti di queste informazioni, ma piuttosto abbia scelto di sostenere idee non scientifiche invece di ritardare l’azione, probabilmente nel tentativo di fare più soldi”, ha detto Natalie Mahowald, ricercatrice presso la Cornell University. Secondo la Mahowald, i ritardi nell’azione avrebbero avuto “profonde implicazioni”: se si fossero destinati i giusti capitali per promuovere l’eolico e il solare forse non saremmo allo stato attuale. E sarebbe stato possibile evitare disastri climatici attuali e futuri. “Se includiamo gli impatti dell’inquinamento atmosferico e dei cambiamenti climatici, le loro azioni probabilmente hanno avuto un impatto negativo su migliaia o milioni di persone”, ha aggiunto.

Il nuovo studio pubblicato su Scienze fornisce una “ulteriore amplificazione” della disinformazione di Exxon, ha detto Robert Brulle, un esperto di politica ambientale presso la Brown University che da anni studia la disinformazione climatica diffusa dall’industria dei combustibili fossili. “Sono sicuro che gli sforzi in corso per ritenere Exxon responsabile prenderanno atto di questo studio”, ha detto Brille, riferendosi alle varie cause legali volte a far pagare alle compagnie petrolifere i danni climatici. Anche questo è stato uno dei tempi più discussi alle ultime COP: disporre delle prove della responsabilità dei cambiamenti climatici potrebbe portare a richiedere forme di risarcimento o di compensazione.

Un portavoce di Exxon ha risposto a queste accuse dicendo che non sono nuove e che questa teoria sarebbe “emersa più volte negli ultimi anni”. E come in passato “la risposta è la stessa: coloro che parlano di come “Exxon sapeva” hanno torto nelle loro conclusioni”. Exxon ha ricordato che nel 2019, il giudice Barry Ostrager della Corte Suprema dello Stato di New York ha dichiarato che “le prove al processo hanno rivelato che i dirigenti e i dipendenti Exxon Mobil erano uniformemente impegnati a svolgere rigorosamente i loro doveri nel modo più completo e meticoloso possibile”.

Se le pesanti accuse mosse dai ricercatori che hanno pubblicato il loro lavoro su Scienze venissero confermate, si aprirebbe un nuovo capitolo nel campo della responsabilità ambientale: non solo non sarebbe più possibile negare la propria responsabilità, ma sarebbe necessario stimare a quanto ammontano i danni causati dalla mancata diffusione dei risultati noti circa i danni causati dall’uso (e dall’abuso) dei combustibili fossili.

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